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giovedì 22 marzo 2012

Esempi di schiavitù salariata.

Episodio Uno.
Un sabato d'estate di qualche tempo fa.
Ero disteso sul letto, faceva caldo e stentavo a prender sonno. Mi accorgo che è l'una del mattino, dallo squillo improvviso del campanello di casa.
Mi scappa un "che cazzo succede?" a voce alta e, dato che la finestra è aperta, chi ha suonato sente e mi risponde: "Gianluca sono io, Angelica. Scusa. Ho dimenticato le chiavi di casa, potresti aprirmi?".
Rispondo con un forzato semi-cortese "Arrivo" e mi alzo, maledicendo il mondo e ogni santo a memoria, mi vesto e vado ad aprirle.

Episodio Due.
Piena notte, alcuni anni fa.
Mi sveglio di soprassalto col telefono che squilla.
"Pronto?!". Intanto il cuore mi sale in gola, perché rispettivamente mamma e nonna vivono da sole separatamente e il primo pensiero è "E' successo qualcosa di grave".
"Ciao Gianluca, sono Antonietta. Volevo avvisarti che da me sono passati i ladri. Ti consiglio di dare un'occhiata, perché mentre uscivano li ho visti dirigersi dalla tua parte e armeggiare al tuo portone".
Con uno sforzo sovrumano riesco a trattenere un solenne "Vaffanculo" e le rispondo: "...ok, ma scusa...e a me cosa interessa? Mi hai chiamato alle tre del mattino per dirmi questo?"
E lei: "Certo!". E io: "Va bene, grazie. Buonanotte.".
Mi alzo per scrupolo, guardo fuori dalla finestra. Non vedo nessuno e me ne torno a dormire, incazzatissimo.
Qualche ora più tardi, appena possibile, vado dalla collega e le dico, cercando di mantenere la calma: "Hanno fatto danni? Mi auguro di no. E comunque, la prossima volta, per piacere, evita di telefonarmi. Perché a quell'ora, dato che non sono pagato ventiquattr'ore al giorno, possono pure portarsi l'intero palazzo che non me ne può fottere di meno. Chiaro?".
E lei: "Eh, ma non puoi fare così. Il tuo dovere è custodire, perciò devi essere disponibile anche fuori orario. E poi, guarda che se rifiuti disponibilità te la faranno pagare."
"Si, si ho capito. Ma esiste un contratto e nel testo non si parla di questo. Ciao", le ho risposto tagliando corto per via del sangue che mi affluiva copiosamente al cervello e mi invitava a gran voce a dirle "ma svegliati, scema!".

Episodio Tre.
Ottobre 2010.
Incontro la collega di cui sopra, al rientro dalle ferie.
Col solito sorriso metà ironico e metà stronzo, mi dice: "Era ora! Ma quanto ti sei fatto di ferie?"
"Un mese, settembre. Perché, ti crea problemi?", le rispondo lievemente scazzato.
"No, no per carità. E' solo che sai....tutto il mese...settembre...rientrano tutti e tu vai via...eh, bella la vita eh?", mi dice.
"Bella la vita, un par di palle!", la smorzo. "Mi spetta da contratto, la proprietà non mi fa questioni e io me lo faccio. Punto."
"Ah, certo. Ma dovresti anche pensare che il nostro è un lavoro di servizio, e se qualcuno avesse avuto bisogno?", insiste.
"Si arrangiava! Sono un lavoratore dipendente, non lo schiavo del palazzo. E poi scusa, ma ad agosto, quando tutti sono andati via, io mica ho fatto questioni sul fatto che lavoravo mentre gli altri erano in ferie. Te lo ripeto, dai un'occhiata al contratto. Se poi tu hai accordi diversi, non sono affari miei.".

Episodio Quattro.
Lo scorso dicembre, inizio mese.
Sempre lei, la collega. La incontro, come spesso accade, al mattino mentre si spazzano i marciapiedi.
"Ciao, come va?", le chiedo.
"Ah guarda, sono incazzata nera!", mi risponde.
"...azz...che t'è successo?", le chiedo incuriosito.
"M'è successo che sono una cretina! Avevi ragione tu. Sono tutti stronzi.", si sfoga.
"Racconta, fammi capire.", chiedo.
"La settimana scorsa, dopo il ricovero in ospedale, è morto il padre di mio marito."; "Cazzo! Mi dispiace."
"Enrico, ovviamente, è partito subito. Mi chiama il giorno dopo e mi dice che lo seppelliscono in due giorni, di chiedere un permesso e raggiungerlo per il funerale. Chiamo in amministrazione e chiedo il permesso. Sai cosa mi hanno risposto? Che capiscono la situazione, ma purtroppo dicembre è un mese particolare per via delle frequenti consegne di pacchi con corriere....che non possono concedere permessi nè ferie....eccetera. Guarda, sono veramente incazzata!
Uno si priva di tutto per il lavoro, per accontentare tutti e quando, per una volta, ho bisogno io, ecco il risultato. Ma ora basta!
Mi sono rotta le palle. Ho rinunciato alle ferie per cinque anni perché non me le facevano mai coincidere con quelle di mio marito, ma ora basta. Quest'anno non mi fregano.", un fiume in piena!
"Ma scusa, cosa hai fatto? Hai rinunciato alle ferie per cinque anni? Ma sei matta? Ma non ce l'hai il contratto?", la incalzo.
"Si, certo. Ma sai, una volta un piacere a uno...una volta un favore a un altro...", sconsolata.
"Bhè, scusa se te lo dico. Ma svegliarsi?", concludo amaramente.

Epilogo.
Il lavoro che svolgo è un lavoro tutto sommato semplice. Non necessita di alcun titolo di studio, solo una laurea in pazienza avanzata.
E' un lavoro da schiavi.
Nel senso che, per consuetudine, il "Portiere di stabile" o "Custode" o, come piace dire a me ironicamente, "Concierge" o "Front Desk Concierge" (...quando lo dico, mi si guarda stupiti perché nessuno sa cosa sia e io me la rido...), è sempre stato considerato un impiego da straccioni, da morti di fame con le pezze al culo; nell'immaginario collettivo, la o il "portinaio" veste abiti quasi cenciosi o con livrea di serie C, sa fare male di conto, non usa linguaggio forbito e deve (DEVE!) essere sempre disponibile e salameccoso verso i condomini.
Fortunatamente, la realtà è lievemente cambiata.
Ora esiste un C.C.N. e le mansioni sono regolate a norma di legge.
Tuttavia, le abitudini sono dure a morire.
E, dato che sul posto di lavoro non esiste controllo sindacale e per tutta una serie di motivi viscidi (l'alloggio, o meglio la topaia, in comodato d'uso, per esempio) che non ho voglia di elencare, ci si trova spesso a subire vessazioni.

domenica 23 ottobre 2011

No esperienza = No lavoro; No lavoro = No esperienza (per la serie: prendiamoci per il culo!)


Letto su LaStampa, Specchio dei Tempi, il 22 ottobre 2011.
La firma la metto, non per violare la privacy ma perché è ora di finirla con gli anonimi e gli invisibili che, proprio in quanto tali, nessuno degna di attenzione.
Probabilmente, sarebbe il caso di riflettere su questi casi. Ma da quando "questi" casi sono diventati la "normalità", è un po' scemata la voglia di riflettere e di ridurre il tutto a sociologia da strapazzo.
Lasciamo da parte demagogia e inutilità politico-amministrative, quello di cui abbiamo bisogno, giovani e vecchi, è lavoro e dignità. Cazzo!

«Buongiorno, anzi, solo "...giorno", perché qualcuno si è portato via il "buon".
Ho 27 anni, laurea in Economia Aziendale, curriculum di tutto rispetto...ah, dimenticavo...sono disoccupata.
Già, perché non basta avere un curriculum di tutto rispetto, ora bisogna aggiungervi e sottolineare la frase: "Ho esperienza".
in cosa, chiederete...in niente, la frase finisce lì, perché è la prima cosa che chiede o cerca sul curriculum un datore di lavoro.
"Lei non ha esperienza, mmm...le faremo sapere".
- "Cosa? Cosa mi farà sapere?" - .
Probabilmente, dall'alto della sua di esperienza, non avrà preso in considerazione che l'esperienza si fa lavorando! Insomma da qualche parte si deve pur cominciare...e allora date spazio ai giovani che a forza di lasciare curriculum, hanno speso un patrimonio in cartucce per stamparli...abbiate fiducia nei giovani, perché i "vecchi" hanno combinato un disastro e non hanno la più pallida idea di come uscirne...il futuro è nelle nostre mani, scommettiamo che siamo in grado di far meglio? Peggio non si può...».
Valentina Gallo

martedì 15 giugno 2010

Finché c'è vaselina, c'è speranza?

La questione in ballo in questi giorni che riguarda, nel particolare, i lavoratori della Fiat di Pomigliano, riguarda in generale tutti i lavoratori di tutte le categorie.
Non esistono "se" e "ma" che tengano, bisogna muoversi in fretta e in maniera massiccia perché i diritti messi in dubbio sono i diritti di tutti!
Certo che dopo parecchi mesi di cassa integrazione e di cattivi segnali di inesistente futuro, in una certa maniera, non si possono biasimare quelli che sono disposti a rimetterci il culo (per usare un eufemismo...neanche troppo eufemico), perché quando arriva sera e non c'è molto da mettere sotto i denti la paura prende il sopravvento. E', tuttavua, proprio in questi momenti che bisogna stringere i denti e non mollare la presa.
Non dimentichiamo che è merito di chi non ha mollato il colpo se oggi possiamo godere di determinati diritti.
Ma è qui che sorgono ulteriori difficoltà.
Perché chi dovrebbe dare l'esempio, latita. Chi dovrebbe presentarsi "armato" agli incontri col padrone è invece senpre pronto a porgere l'altra guancia, che però non è la sua.
Mi si obietterà, giustamente, che in questo caso Fiom e Cgil hanno puntato i piedi, ma si può nutrire anche un solo briciolo di soddisfazione nello scoprire (...) che la protesta legittima si svolgerà il 25 giugno, ossia tra 10 (!) giorni? Tra 10 giorni, tolti quelli che la vivono quotidianamente, quanti si ricorderanno di tutto ciò?
E ancora (non mi stancherò mai di sottolineare questo! che per alcuni è un dettaglio), che livello di utilità (e fastidio) può avere uno sciopero di venerdì, oltretutto quando precede un fine settimana di tardo giugno in cui, presumibilmente, molti lo trascorreranno in spiaggia?
Ma tutto questo finirà per risultare un discorso al vento. Parole inutili e soprattutto inascoltate.
Perché si ha il culo al caldo, perché si crede che quello acquisito finora sia intoccabile. O forse perché si pensa che, dato che ci dicono che la crisi è passeggera, anche tirare la cinghia sarà temporaneo.
Ebbene, chi crede a queste favole si sbaglia di grosso.
Da che mi ricordo, da quando cioè ho memoria da adulto, la cosiddetta "crisi" c'è sempre stata, per un motivo o per un altro. ma so anche che per "crisi" si intende un determinato periodo che culmina con un tempo di benessere o guarigione oppure, in alcuni casi di particolare gravità, addirittura con la morte.
Solo per i lavoratori c'è sempre crisi!
Chi perde oggi, perde per sempre e perde per tutti.
Ed è perciò che mai come ora è il caso di pensare seriamente alla formazione di un sindacato di classe!
E mai come ora è il caso di ripensare di modificare i vecchi e ammuffiti (ahinoi!) schemi di lotta, ad esempio manifestando contemporaneamente in diverse città. Quello che pensano padroni e governi ci deve interessare relativamente. Il segnale deve arrivare anzitutto agli occhi e agli orecchi dei lavoratori.
Cinquemila lavoratori che marciano (e sottolineo, marciano, non passeggiano!) a Milano, Torino, Genova, Firenze, Bari, Bologna, Palermo, Napoli, magari numericamente non equivalgono i duecentomila in piazza nella sola Roma, ma trasmettono un segnale ben più allarmante, ai padroni, e ben più "concreto" alle migliaia di lavoratori di tutto il Paese.
Queste devono essere le nostre, nel senso di comunisti, priorità.
Poi possiamo anche accompagnare, annuire, condividere le passeggiate viola, verdi o turchesi, ma dobbiamo scatenarci per il diritto al lavoro che è il diritto alla vita!
E mi fermo qui senza entrare nel particolare, eviterò di dire, per esempio, che personalmente non me ne può fottere di meno delle scaramucce tra padroni ammantate dal nobile proposito della libertà di stampa.
Chiaro il concetto?

venerdì 17 luglio 2009

UNA LEGGERA CRITICA.

Ho letto un'intervista di Mattia Feltri, su La Stampa, al ministro Gelmini, dal titolo: "Gelmini: i cinque in condotta? E' l'addio al '68".
Su questo punto mi trovo in parte d'accordo, nel senso "del lassismo e del buonismo" e di quella "cultura che ha prodotto il sei politico, il diciotto politico, che considera la valutazione un atto d'imperio e livella verso il basso". Perchè la questione non è solo culturale ma anche e, forse, soprattutto, politica.
Considerando il contributo fondamentale che il Sessantotto ha dato nel senso di "uccisione simbolica della figura del padre", non si può negare che la scuola abbia subito un processo di trasformazione che la rende oggi non più un luogo di educazione bensì un diplomificio.
Ed è proprio su questo punto che la ministro inciampa, contraddicendo il portato ideologico della fazione politica di cui fa parte. Infatti, nel momento in cui l'autorevolezza della figura dell'insegnante viene costantemente delegittimata da chi sostiene una certa "cultura" della libertà. I genitori, ad esempio, che invece di assecondare il compito dell'istitutore, si pongono come i soli portatori del diritto all'educazione; e quando la necessità economica prevale con amministratori e o presidi, ad esempio, che, costretti dal ministero a "produrre risultati" perchè viceversa verrebbe meno il presunto prestigio della scuola da offrire sul mercato come una primizia ortofrutticola, assecondano in tutto le volontà dei genitori che "investono".
E' così che il senso dell'esistenza di strutture educative non ha più ragione d'essere.
Ma correggerla significa limitare quelle "libertà" di cui essa, la ministro, più o meno direttamente, si fa portatrice in quanto sostenitrice di una determinata ideologia politica.
E' ovvio che la scuola non debba essere intesa come "sala d'aspetto" dell'età adulta, ma nemmeno come catena di montaggio con tanto di premio produzione.
Signora ministro, decida da che parte stare!
Questo tipo di atteggiamento culturale, sostenuto, bisogna dirlo, da una certa destra e da una certa sinistra, ha prodotto i risultati, tutt'altro che eccellenti, che ora ci troviamo innanzi.
Vuole che la scuola italiana torni ad essere di altissimo livello, come da tradizione?
Allora incominci a rivedere il trattamento riservato alla classe degli insegnanti, perchè quando lo stipendio è da fame e la tranquillità (anche mentale) è continuamente messa in dubbio mediante politiche sociali che "istigano" alla precarietà professionale (e perciò di vita!), lo stimolo a fare bene, a dare il massimo, viene meno.

venerdì 10 luglio 2009

L'ARNESE SUBUMANO

Oggi alla radio.
Tema della trasmissione: "Quella volta che vi hanno rotto l'oggetto a cui tenevate tanto".
Sms di un ascoltatore: "La donna delle pulizie mi ha rotto la puntina del giradischi, che io considero un figlio.
Licenziata la sera stessa!".
Sembra incredibile, sembra un'esagerazione, sembra una sciocchezza.
Sembra.
Si legge e subito la si dimentica, probabilmente perchè è così grave che non ci si bada più. O, probabilmente, perchè sono così tanti quelli che la pensano in modo simile da rendere l'episodio normale.
Chissà quante volte si è sentito dire di gente disposta addirittura ad uccidere chi danneggiasse un vetro o la vernice sulla carrozzeria dell'automobile.
O che si vantano di amare e rispettare più il proprio cane piuttosto che il collega di lavoro o il vicino di casa.
Massì dai, cosa vuoi che sia. Sono cose che si dicono, ma non si pensano realmente.
Siamo proprio sicuri?
Chi vuole pensarla in questo modo è, purtroppo, padrone di farlo. Ed è questo il motivo per cui divido gli esseri umani in "persone" e "mostri".
Una delle citazioni che preferisco è di Karl Marx, e recita: "Il risultato di tutte le nostre scoperte e del nostro progresso sembra essere che le forze materiali vengono dotate di vita spirituale e l'esistenza umana avvilita a forza materiale".
In poche parole, ecco il concetto di reificazione ossia la soggettivizzazione dell'oggetto.
La reificazione ha un legame imprenscindibile dal capitalismo, al quale interno i rapporti tra esseri umani vengono ridotti a rapporti tra le merci da essi prodotti.
Nel caso in questione, "la donna delle pulizie" non è un essere umano ma è un utensile di lavoro di cui si può disporre a proprio piacere. Come un chiodo, che quando si piega si getta via e se ne prende un altro.

venerdì 3 luglio 2009

CATEGORIE PROFESSIONALI: 2. IL PROFESSIONISTA

Con la definizione "professionista" si intende appunto chi esercita una professione, un mestiere, e, nel nostro caso specifico, chi, dopo il diploma o la laurea o un corso di studi specialistico, esercita un'attività in proprio: avvocato, commercialista, medico dentista, architetto, giornalista, ingegnere, geometra, sono alcuni esempi.
Quel che contraddistingue la maggior parte di coloro che rientrano in questa categoria sono l'alterigia e l'arroganza. Essi hanno la convinzione che tutto gli sia dovuto; le porte, al loro passaggio, devono aprirsi senza esitazioni; guardano e squadrano dall'alto chiunque non appartenga al loro rango.
Il professionista è membro (consapevole) di una élite, egli non è un individuo "normale" ma è, anzitutto, un professionista. Infatti non è mai "Mario Rossi", bensì "Rossi, ingegner Mario". La sua appartenenza ad una élite è confermata dal suo fare parte di un albo di categoria.
Il professionista è, tendenzialmente, un corporativista perciò antepone i propri interessi di categoria a tutto il resto.
La sua filosofia di vita non differisce moltissimo da quella del "bottegaio", ma esso si considera di un livello superiore. Ad esempio, se il bottegaio è "fissato" col profitto e maneggia piacevolmente denaro, il professionista, invece, pur perseguendo il medesimo obiettivo possiede un tipo di moralità ipocrita e preferisce quindi evitare di parlare o di sporcarsi le mani con lo "sterco del demonio".
Generalmente quando si tocca l'argomento, il professionista dichiara che "il denaro è un mezzo, non un fine", però trascorre due terzi della giornata (e sette giorni su sette!) in ufficio.
Come dicevo, il professionista è un corporativista, nel senso stretto del termine, nel senso che ritiene utile, e valida, solo la propria corporazione. Quindi, ad esempio, il geometra considera l'architetto un imbecille che non sa fare niente e l'architetto considera il geometra un manovale diplomato.
Ha un rapporto, diciamo così, particolare con il fisco. E, di conseguenza, ha un rapporto particolare con i colori: ama in assoluto il nero.
Differentemente dal bottegaio, il professionista non considera lo Stato ladro. Più semplicemente, egli fa questo ragionamento: sono disposto a pagare, a patto che il servizio in cambio sia visibile e tangibile. Perciò, non batte ciglio per le marche da bollo ma non sopporta il ticket sanitario, perchè "io non vado all'ospedale, semmai in clinica privata!".
Ed anche riguardo alle "collaborazioni" ha lo stesso atteggiamento. Se ne è usufruttore, pensa che gli spettino di diritto e quindi sfrutta tutti i mezzi in suo possesso per ritardarne la solvenza, viceversa pretende celerità e puntualità.
Il professionista considera i propri dipendenti esseri inferiori fino a quando non raggiungono il grado di "dottore" e, stranamente, i diretti interessati ritengono questo tipo di vessazione un "normale" transito della propria carriera. Sottopagati e maltrattati, ma lo chiamano "apprendistato".
Tuttavia, il professionista, è un frustrato. Già, perchè pur considerandosi un eletto, un semidio, non gli viene riconosciuto questo status. E non si raccapezza di questo. Del resto egli sa che il mondo è governato da chi ha il potere e avere i soldi è un potere. Ma non capisce per quale oscuro motivo non gli venga riconosciuto.
Il professionista va sempre di corsa, egli non ha tempo da perdere. Il tempo è denaro, si sa.
Anche fuori dal lavoro, infatti, un buon professionista è sempre al lavoro!
Se ha un incidente d'auto non grave, tira fuori il libretto degli assegni e risolve; al ristorante non c'è posto e bisogna aspettare? lauta mancia al cameriere e risolve; i figli hanno bisogno di maggiori attenzioni? videogioco nuovo e risolve.
Il professionista è un fervente seguace della Partita Iva e se fosse un politico il suo motto sarebbe: più ritenuta d'acconto per tutti!
Infine la vita privata.
L'uomo considera le donne, tutte tranne la mamma (e solo in alcuni casi, la sorella), bipedi disposte a vendere o affittare il proprio corpo; la famiglia è una palla al piede; la casa un boudoir; l'automobile, la carta di credito e il palmare prolunghe rispettivamente: del pene, del pene, del cervello. Se potesse si sposerebbe con una ventenne formosa, colf, muta e orfana.
La donna, invece, considera tutti gli uomini (compresi papà e fratelli!) dei coglioni incapaci; la famiglia è una palla al piede; la casa un museo; l'automobile, la carta di credito e le scarpe: strumenti di potere. Se potesse si sposerebbe con un suo simile, professionista e, preferibilmente, gonfiabile.

(prossimamente: 3. Il Padroncino)

mercoledì 1 luglio 2009

CATEGORIE PROFESSIONALI: 1. IL BOTTEGAIO

Io i bottegai non li ho mai potuti sopportare!
Senza dubbio posso dire di conoscerli, dato che per molti anni ho fatto il barman e più imparavo a conoscerli più odiavo il loro modo di fare e pensare.
Il bottegaio non ha una vita privata, per esso il lavoro è tutto. Ma non il lavoro inteso come attività umana, bensì il lavoro legato al profitto.
Quella del bottegaio è una delle categorie fondamentali della società capitalistica. Nasce, produce, consuma, muore.
Nella maggior parte dei casi: possiede una casa medio grande che arreda con gusto e riempie di elettrodomestici all'ultima moda, ma ne riduce l'utilizzo a dormitorio; ha l'automobile (e in alcuni casi, anche un furgoncino) ma che usa principalmente per scopi legati all'attività professionale; ha una famiglia che non conosce e con cui interagisce solo all'interno del negozio.
Si considera il vero motore dell'economia nazionale e lavora in media tra le 10 e le 14 ore al giorno, minimo per 6 giorni la settimana.
Non perchè ne abbia realmente bisogno ma perchè "lo Stato gli ruba i guadagni con le tasse".
Sarebbe, tutto sommato, ammissibile sacrificarsi per una ventina d'anni in funzione di una "vecchiaia" agiata, ma per il bottegaio non è concepibile.
Egli si considera "persona" solo se crea profitto.
La sua nascita risale non alla sua nascita fisica, ma all'apertura della prima attività oppure, nel caso sia "figlio d'arte", a quando intorno ai sette-otto anni già lavorava nella bottega di papà, e cessa di essere una "persona" quando non è più in grado di tirare su la serranda. secondo lui chi va in pensione, e chi si riposa in generale, è un debosciato.
Per il bottegaio i "veri" lavoratori sono solo i suoi simili.
I lavoratori dipendenti sono dei mangia-pane-a-tradimento che nella vita non si sono dati abbastanza da fare, approfittatori che "appena ti giri ti accoltellano o, peggio, mettono le mani in cassa".
"Comodi loro, i dipendenti, non hanno problemi. Il sindacato li protegge e col minimo sforzo si comprano all la casa e tutto quello di cui abbisognano!". Conseguentemente a tutto ciò, è quindi un dovere spremerli facendoglielo anche pesare.
Il bottegaio è cittadino del mondo, nel senso che indifferentemente dalla nazione a cui appartiene, mantiene caratteristiche simili. Con un punto fermo, però. Ad esempio, in Italia: se è torinese lavora più del ligure, se è veneto lavora più del napoletani, e così via.
Dal punto di vista politico è eclettico e viene attratto di volta in volta dal partito che promette meno tasse, sia questo di destro o di sinistra. La lega Nord va a nozze con elementi simili!
Un ultimo appunto.
Le caratteristiche negative che contraddistinguono il bottegaio, aumentano esponenzialmente nel caso di bottegaio-artigiano.
Ovviamente sono consapevole di essere soggetto a critiche per la generalizzazione, ma del resto va di moda in questi tempi.....

(prossimamente: 2. Il Professionista)

mercoledì 24 giugno 2009

NESSUNA PIETA' PER CHI UCCIDE UN LAVORATORE!

Mentre governo e opposizione si smanacciano gli organi sessuali per festeggiare le "vittorie" elettorali, il processo contro la Eternit continua.
Di particolare interesse le ultime scoperte.
Pare infatti che i manager fossero addestrati a dire il falso o comunque a negare ogni addebito sui pericoli derivanti dall'amianto.
Interessante scoprire che, secondo i vertici dell'azienda, il cancro ai polmoni che ha causato tremila tra morti e malati in Italia, e altrettanti in Francia, sarebbe causato esclusivamente dal fumo di sigaretta negando così l'esistenza di una malattia direttamente correlata: l'asbestosi.
Altrettanto interessante scoprire che il rapporto (risalente al 1976!) del signor Robock, responsabile del Servizio di Sicurezza sul Lavoro dell'Associazione Commerciale Cemento Amianto tedesca (Wirtschaftsverband Asbestzement), in cui si consiglia di investire "su misure di prevenzione e sicurezza, sulla pulizia" e di acquistare mascherine "più adatte e confortevoli da usare", venne completamente ignorato.
Mi dispiace per chi la pensa diversamente, ma, per me, chi agisce in questo modo altro non è che un assassino!
E sarò sazio solo quando saprò che, dopo essere stati rinchiusi in una camera di tre metri per tre con le sbarre alla finestra, butteranno le chiavi!

venerdì 12 giugno 2009

DISTRIBUTORI DI ETERNIT....à

Mi auguro vivamente che le richieste degli avvocati difensori della Eternit non vengano ascoltate!
La giustizia che questi criminali vorrebbero è ben lontana dal concetto di giustizia che uno Stato civile dovrebbe avere, ma non mi stupirei a "scoprire" il contrario viste le ultime evoluzioni.
I lavoratori della Eternit che hanno perso la vita per aver respirato l'amianto, non lavoravano a Genova, infatti gli stabilimenti erano in Piemonte a Casale Monferrato. Ma gli uffici direzionali avevano sede a Genova, si giustificano gli avvocati, e perciò, secondo loro, il processo va spostato in quella sede.
Guarda caso però, a Genova non c'è Raffaele Guariniello, il pubblico ministero torinese che si occupa della vicenda.
Ora, si possono anche vedere le cose politicizzate in un certo senso ma su un fatto, destra e sinistra dovrebbero essere d'accordo: chi uccide deve pagare, chiunque esso sia e qualunque cosa rappresenti. E questi assassini devono pagare!

giovedì 28 maggio 2009

QUANDO L'ESEMPIO ARRIVA DAL BASSO.

I centosessanta dipendenti della Fondalmec (azienda che opera nel settore automotive) di Lombardore in provincia di Torino, ieri hanno dato un mirabile esempio di solidarietà.
La storia inizia martedì pomeriggio quando, a seguito di "una quarantina di pezzi prodotti in maniera non conforme", i tre dipendenti responsabili dei rispettivi turni sono stati licenziati.
La reazione dei colleghi è stata pressochè immediata, infatti ieri mattina nessuno è entrato in fabbrica e sono stati occupati gli accessi per protesta impedendo così la partenza dei camion coi prodotti finiti.
Risultato: i tre lavoratori sono stati reintegrati.
"Sbagliare per carità è grave, ma visto e considerato che da parte dei colleghi licenziati non c'è stata malafede, ma solo disattenzione, il licenziamento ci è sembrato eccessivo. Perdere il posto di lavoro è quasi una condanna alla disoccupazione. Abbiamo pensato ai colleghi che per decenni hanno lavorato in questa fabbrica e al ragazzo che sabato deve sposarsi. Una scelta del genere era troppo grave per passare inosservata e sotto silenzio", commenta Giorgio Giorcelli Rsu della Fiom Cisl.
Fonte: "La Stampa"

mercoledì 27 maggio 2009

LE LACRIME DI PLASTICA

"Cordoglio".....
"Siamo vicini alle famiglie delle vittime".....
"Grande tragedia".....
"Doveroso commemorarli".....
Parole.
Parole inutili.
Intanto la strage continua e non frega a nessuno.
E' una guerra, e chi muore sono sempre i soliti.
E si continua a definirle "morti bianche".
La legge, se c'è, è uguale per tutti?

martedì 26 maggio 2009

QUESTA E' LA VERA "INFLUENZA SUINA"!

E' praticamente passata sotto silenzio l'inizio della discussione in Senato sulla cosiddetta "Bozza Ichino" prevista per il 19 maggio scorso.
L'obiettivo della proposta di legge (ideata dal senatore della maggioranza Nicastro e confluita poi nella bozza Ichino, che quindi la "trasforma" in bipartisan) prevede la diffusione della "Mitbestimmung" ossia la cogestione dell'azienda ("rilanciata alla grande dall'ingresso del sindacato Uaw nel nuovo assetto societario Fiat-Chrysler" recita il Corsera del 20 maggio).
La bozza prevederebbe una "esenzione fiscale fino alla soglia di 2600 euro (ma con un periodo minimo di possesso delle azioni di 4 anni) e una detrazione dall'imponibile del 19% fino a 5200 euro. Inoltre la redistribuzione derivante dalla distribuzione di utili a titolo della partecipazione dei lavoratori nel capitale non concorre a contribuzione previdenziale".
Ovviamente tutti d'accordo, dal ministro del Welfare Sacconi alla Cisl, a maggioranza e opposizione e anche la Cgil pare che stia prendendo in esame una discussione a proposito.
C'è altro da aggiungere?

lunedì 11 maggio 2009

ALLA FACCIA DEL "MODELLO PARTECIPATIVO"

Differentemente da quello che alcuni vorrebbero far intendere, il sindacato americano Uaw e i lavoratori della Chrysler non fanno salti di gioia. Piuttosto fanno buon viso a cattivo gioco, dato che non avevano scelta.
Questo si deduce dall'intervista di Francesco Semprini a Harley Shaiken, docente a Berkeley ed esperto di diritto sindacale, su "La Stampa" del 9 maggio.
Vediamo cosa fa pensare a questo.
Domanda: "Quale sarà il ruolo di Uaw nella nuova Chrysler?"
Risposta: "Anzitutto occorre precisare che la quota del 55% non è di Uaw ma è controllata da Verba, il fondo fiduciario che gestisce i piani di assicurazione sanitaria. Il sindacato svolge attività di sorveglianza e nominerà un consigliere sui nove del Board di Chrysler ma non potrà in alcun modo interferire nella gestione ordinaria".
Beh, direi che questo basta e avanza!
Riassumiamo:
1. la quota di maggioranza (ben il 55%!) non è controllata dal sindacato;
2. la suddetta quota dà "diritto" ad un posto da consigliere sui nove previsti (1 su 9!) ma non dà possibilità di intervenire (curioso che Shaiken usi invece il termine "interferire"...) nella gestione, ovvero la minoranza decide!
Personalmente, definisco tutto ciò una buffonata. Ma, magari, il mio è un giudizio avventato. Nel caso, qualcuno vorrebbe spiegarmi da che parte stà la convenienza?

domenica 25 gennaio 2009

IL MANIFESTO DEL PARTITO ICHINISTA.

Basta con questi metodi brutali della classe operaia, che vuole impedirci di mettere allegramente mano allo Statuto dei lavoratori!
Noi giuslavoristi ci battiamo per la salvaguardia dell'unico lavoratore degno di questo nome: l'imprenditore! 
Prefazione.
Uno spettro si aggira per l'Europa: il riformismo giuslavorista! Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una santa battuta di caccia contro questo spettro: Partiti Comunisti e movimenti democratici, operai e impiegati, precari piangenti e servizi d'ordine sindacali! 
Quale "comunità accademica" non è stata tacciata di ichinismo dai suoi avversari sociali; qual movimento sindacale non ha rilanciato l'infamante accusa di ichinismo tanto sugli studiosi più riformisti del sindacato stesso, quanto sui propri avversari dell'assistenzialismo conservatore?
Da questo fatto scaturiscono due specie di conclusioni.
L'ichinismo è di già riconosciuto come potenza da tutte le potenze europee.
E' ormai tempo che gli ichinisti espongano apertamente in faccia a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro fini, le loro tendenze, e che contrappongano alla favola dello spettro dell'ichinismo un manifesto del partito stesso.
A questo scopo si sono riuniti a San Babila ichinisti delle nazionalità più diverse e hanno redatto il seguente manifesto che viene pubblicato in inglese, milanese, klingoniano, olandese, veneto e yiddish.

I. Straccioni nullafacenti e buoni riformisti 

II. Meravigliosi borghesi e illuminati Ichinisti 

SFRUTTATORI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI!

sabato 10 gennaio 2009

LEGGI RAZZIALI

Con qualche mese di ritardo rispetto al triste e vergognoso Settantesimo anniversario, la Lega tenta di far approvare una versione "moderna" di Leggi Razziali.
Si, perchè di razzismo si deve parlare in questo caso!
Proporre per gli immigrati extracomunitari una tassa di 50 euro per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno o l'obbligo ad una fidejussione di 10000 euro per aprire una partita Iva non mi sembra un passo positivo al fine dell'integrazione e, sinceramente, non lo trovo molto diverso dal divieto di matrimonio con sudditi delle colonie che le Leggi del 1938 imponevano.
Chissà cosa ne pensano gli immigrati nord americani, del resto sono anch'essi extracomunitari.
Oppure questa proposta è riservata a chi arriva da Paesi africani o di religione islamica?
E chissà cosa ne pensano quegli imprenditori Settentrione che magari votano Lega Nord e, magari, sfruttano la mano d'opera, a bassissimo costo, degli immigrati.

giovedì 25 dicembre 2008

NOVITA' 2009: LA SOLUZIONE ALLA CRISI E' L'EUTANASIA PER I LAVORATORI.

Non voglio fare il guastafeste. ma la proposta del ministro del welfare Sacconi mi pare l'ennesima presa in giro e il fatto che i sindacati siano d'accordo mi preoccupa ancora di più.
Se devo scegliere, sono indubbiamente favorevole all'intervento dello Stato, ma attenzione perchè quelle fatte finora e quelle che si faranno non sono operazioni stataliste ma semplicemente manovre per salvare le chiappe agli imprenditori. Insomma sempre la solita storia, e, se capita, di traverso, un'amara pillola che con lo zucchero va giù.
Quel che deve essere riformato è l'intero sistema, mettere continuamente pezze sui buchi non è (e non può essere!) la soluzione in quanto il buco rimarrà.
L'idea di ridurre l'orario di lavoro permettendo nuove assunzioni non è una cattiva pensata, tuttavia nasconde insidie tremende, prima tra tutte l'ovvia diminuzione delle retribuzioni che comporterà inevitabilmente non solo un aggravarsi della crisi ma una spinta ulteriore verso la riduzione del costo del lavoro a livelli assolutamente inaccettabili.
Sorge una domandina semplice semplice: se chi oggi percepisce uno stipendio compreso tra 850 e 1000 euro e non riesce a finire il mese, oppure ci arriva con gravissime difficoltà, cosa farà con 200 euro in meno?
O forse si pensa che le spese di casa, alimentari, eccetera, non si affrontano nei giorni non lavorativi?
I soliti genialoidi dotati di profumatissimi occhiali di salame penseranno che io voglia fare la solita tirata al governo o ai buoni padroni, ma urge dire a questi signori di non affaticarsi perchè se non capiscono la gravità di determinate proposte che continuino pure ad abitare l'emisfero buio della Luna.
Quando si parla di crisi, inevitabilmente, si parla anche di sacrifici, ma (guarda caso...) i sacrifici si chiedono sempre e solo ai lavoratori. Questa crisi a detta dei cosiddetti esperti è più grave delle precedenti, ma ciò non impedisce il continuo avanzare dell'avidità del capitalista.
Piccoli, ma importanti, correttivi sono davanti agli occhi di tutti e nessuno li vuole vedere. Uno su tutti la diminuzione delle tasse sui salari!
Solo che il cane capitalista non vuole mollare l'osso!
E poi, cresce un'altra preoccupazione.
Intervenire sull'orario di lavoro, sul salario e (non dimentichiamolo!) con detassazioni degli straordinari, non vuol dire altro che permettere lo sfruttamento ancora più feroce delle masse di lavoratori extracomunitari oggi e dei lavoratori italiani disperati domani.
La tecnica è una scoperta umana meravigliosa, ma nelle mani sbagliate diventa un terribile strumento di morte.
Oggi i mezzi tecnologici permetterebbero la produzione di oggetti e servizi con l'impiego minimo di tempo e fatica, ma il sistema produttivo capitalistico ha un solo obiettivo: il profitto economico, e questo deve essere ottenuto con qualsiasi mezzo (sia esso lecito o illecito non importa!).
Allora, ce lo vogliamo mettere in testa una volta per tutte che il sistema capitalistico è una dichiarazione di guerra all'umanità? E che tutte quelle che vengono considerate vittoriose battaglie non sono nient'altro che concessioni per tenere buone le classi lavoratrici, se conseguite all'interno di questo sistema e non verso l'emancipazione dallo stesso?
Se vogliamo continuare a vivere non dobbiamo smettere di lottare. Perciò dobbiamo svegliarci!

lunedì 8 dicembre 2008

RACCOLTA FIRME

Dopo aver scritto un post "provocatorio" sulla questione delle cosiddette (maledettamente cosiddette!) "morti bianche", con l'intenzione di far risaltare il fatto che esse non sono cessate da quel tragico 6 dicembre di un anno fa ma anzi sono diventate una quotidiana realtà, ho pensato che un modo per "ricordare per non dimenticare" potrebbe essere quello di raccogliere firme da porre all'attenzione del sindaco di Torino affinchè venga intitolata una via o una piazza ai 7 martiri della ThyssenKrupp.
Chi volesse, può aderire cliccando sul banner a lato.
La presente iniziativa, benchè nasca da un'idea mia (Gianlucaot), non persegue alcuna forma di ricerca di popolarità. L'intenzione è esclusivamente quella di riconoscere l'eroicità di chi muore sul luogo di lavoro e perciò DEVE rimanere di "proprietà" di una collettività di persone e non di un singolo individuo.

venerdì 5 dicembre 2008

CARNE DA MACELLO

So che qualcuno storcerà il naso, ma, nonostante il rispetto che ho e che meritano, sono dell'idea che la commemorazione del tragico episodio in cui i sette lavoratori della ThyssenKrupp hanno perso la vita sia una presa per il culo!
Mi sembra l'ennesima occasione per farci dimenticare che la "guerra" è ancora in corso, infatti non manca giorno in cui non si contino caduti.
Vorrei parlare di un altro aspetto di questa guerra ossia delle vittime "indirette".
Eh sì, perchè tra le vittime del capitalismo rientrano anche i disoccupati e i licenziati!
Mercoledì sera in uno dei quartieri storicamente popolari di Torino, San Paolo, un ragazzo di trentasette anni, disoccupato, ha fatto un nodo ad una corda e si è impiccato allo stipite della porta della camera da letto.
Siamo vaccinati a questo genere di notizie, infatti rileggendola non ho la stessa sensazione di quando l'ho letta stamattina.
Riconosco in questo una certa forma di depravata abitudine al terribile, ci hanno educato bene e quasi non distinguiamo più il sapore schifoso di questa merda.
Inizialmente mi sono commosso, non me ne vergogno, poi la rabbia ha preso il sopravvento. Rabbia per come viene nascosta la verità.
Il cronista de "La Stampa" la mette giù come se si trattasse dell'ennesimo suicidio dovuto a chissà quali turbe esistenziali: " (...) Un destino da suicida. Questo si sentiva sulla pelle e in fondo ad ogni pensiero. (...) Come suo fratello, come sua sorella. Suicida. Un destino che ha perseguito l'altra notte, alla fine, in solitudine assoluta. L'ultimo messaggio alla fidanzata è rimasto nella cartella bozze del telefonino, mai spedito come molti altri sms pieni di frasi dolci, perchè senza soldi non si può nemmeno comunicare: «Goditi la tua vita, io me ne vado. Ti amo»".
La verità è un'altra.
La verità è che Alessandro S. era già morto, è morto nel momento in cui gli è stata tolta la dignità di Essere Umano, è morto nel momento in cui gli è stata affibbiata l'etichetta di :disoccupato= non utile!

domenica 30 novembre 2008

CRIMINI LEGALI

19 Novembre 2008
Solitamente, quando si pensa ad un criminale ci si immagina un brutto ceffo, un individuo che si lava di rado, con barba incolta, che non si pone scrupoli nemmeno nei propri confronti, un elemento praticamente disumano pronto a qualsiasi gesto pur di assolvere il suo scopo delittuoso, un mostro insomma.
La realtà è diversa.
Esistono criminali belli, puliti, profumati, che hanno belle mogli, bei figli, belle famiglie, che vivono in case dotate dei massimi comfort, che, se non guidano belle auto, sono dotati di autista, che indossano abiti alla moda, sono istruiti, riveriti e rispettati e svolgono lavori normali.
E poi ci sono quelli che giustificano il loro essere criminali.
Questi tipi di feccia sono il prodotto dirigente della società capitalistica.
Individui senza scrupoli e senza coscienza che prima maltrattano il prossimo e poi baciano affettuosamente i propri figli.
Il loro motto è: mors tua, vita mea.
E adempiono pienamente questo dovere.
Ma non voglio fare l'apologia delle morali e nemmno discorsi demagogici sul bene o sul male.
La parentesi della "buona Sinistra" deve essere chiusa.
E' giunto il momento di tornare ad essere cinici, cattivi, irrispettosi.
E' tornato il tempo di dire chiaramente come stanno le cose.
Non esiste un "capitalismo buono" e non esiste un "capitalismo cattivo", esiste solo il capitalismo!
La sciagura capitata alla Thyssen Krupp di Torino e la conseguente richiesta di rinvio a giudizio per omicidio volontario a carico dei vertici dirigenziali, devono farci riflettere su due punti: il primo, sul fatto che le cosiddette "morti bianche" non sono frutto di casi eccezionali e circoscritti; il secondo, sul fatto che le cosiddette "morti bianche" in realtà non esistono perchè si tratta di omicidi e non di fatalità.
Tuttavia, nonostante il dolore che ogni volta si prova, a questo genere di fatti ci siamo abituati.
Ci siamo abituati perchè non siamo più persone, ci hanno trasformati in oggetti coscienti che quando non sono utili vengono riposti in cassetti o gettati nella spazzatura.
Ma oggi si va oltre, se possibile.
Alla speranza di ottenere giustizia (vana in quanto non può esistere alcun tipo di risarcimento in cambio di una vita) e all'ambizione che la legge sia realmente uguale per tutti, si contrappone la posizione della Confindustria italiana che ritiene esagerata la richiesta di condanna.
La lobby dei padroni ci riporta sulla terra e invita a non farsi illusioni.
Non solo in Italia, naturalmente, ma nel mondo dove regna la logica del profitto, lo schiavo salariato possiede molti diritti: il diritto di decidere da chi farsi sfruttare, il diritto di decidere se vivere da schiavo o morire da essere umano, persino il diritto di decidere con quale testa (che non sia la sua) pensare.
Non ha però il diritto alla giustizia.
In Italia, sui muri dei tribunali, una scritta recita: La legge è uguale per tutti!
Negli Stati Uniti, perlomeno, hanno avuto la "delicatezza" di voler apparire più coerenti, infatti laggiù si legge: In God, we trust.

sabato 29 novembre 2008

USO IMPROPRIO DEL MEZZO

15 Novembre 2008
Non so se è un bene o un male ma non mi stupisco più.
Mi ha fatto un po' incazzare ma non mi ha stupito nemmeno quello che ho visto giovedì sera.
Dal Santoro più famoso che c'è si discuteva dei privilegi dei politici e tra gli ospiti anche un impiegato del tribunale di Milano, il quale ha tentato (ma ovviamente senza successo) di avere risposta ad uno dei più citati quesiti che il popolo italiano si pone: le norme sulla mutua che sono imposte ai lavoratori valgono anche in parlamento? ossia, anche agli onorevoli vengono decurtati euro dallo stipendio quando sono costretti a stare a casa per malattia, ed in alcuni casi sempre meno rari anche per un solo giorno?
Naturalmente nessuno ha risposto e, addirittura, il conduttore ha zittito il tutto onde evitare ulteriori polemiche.
Massì...continuiamo pure così...
Teniamo ben separate le agevolazioni di chi comanda dai soprusi dedicati ai lavoratori (tutti!).
Guai a rompere le scatole con queste inutili domande...
Io comunque so solo una cosa: se si tira troppo, la corda prima o poi si spezza....
E già si vedono i primi sfilacciamenti...