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sabato 1 ottobre 2011

Il "mio" cane è migliore del mio vicino.

Moltissime persone oggi "posseggono" uno (o più) animali domestici.
Perché? Perché è questa un'era di animalisti?
Non credo.
A mio parere, questo fatto è un ulteriore segno della depravazione della società in cui viviamo.
I cosiddetti "amanti degli animali" già storcono il naso e borbottano, ma nonostante sia quasi costretto ad utilizzare la forma dell'opinione personale, quello che affermo è un fatto. E, in attesa che qualcuno lo confuti seriamente, ve lo beccate come (una) verità.
Anzitutto specifichiamo che criticare gli "amanti degli animali" (anzi i loro corrotti comportamenti) non equivale a non amare gli animali, una scoperta sensazionale che molti ignorano è quella dell'esistenza di varie tonalità di grigio.
Le giustificazioni più frequenti che adduce chi ospita in casa un gatto, un cane, un uccellino, eccetera, sono: il bisogno di compagnia, quello d'affetto, la propria bontà nei loro confronti (o del mondo in generale) e simili. Insomma, tutti sentimenti che traspaiono egoismo.
Certo mi si obietterà che però "è un impegno", vero. Chi può essere così fesso da prendere un impegno non contraccambiato in un mondo che esalta l'utilitarismo? Meno vero. Infatti, in cambio si ottiene qualcosa eccome.
Andiamo avanti.
Poniamo una domanda di un certo peso a queste "anime buone": perché non occuparsi di una persona che potrebbe aver bisogno d'attenzione e cure? Esistono moltissimi esseri umani che necessitano di un pasto al giorno, di un posto dove dormire e che in cambio offrirebbero compagnia e, perché no, affetto. Allora perché si preferisce un cane ad una persona?
In genere, i soggetti in questione non nutrono la medesima passione per le persone. Le giustificazioni sono varie, vanno da "l'uomo si comporta male" a "l'uomo è cattivo di natura".
A questo punto si potrebbero già tirare delle somme, ma aggiungiamo ancora un tassello.
Chi ospita un animale si rivolge a questo come fosse una sua proprietà privata, parla del "mio" gatto, non del "gatto che ospito e accudisco". Una semplificazione? Niente affatto!
Il punto è proprio questo, e diversi psicologi lo confermano. L' "amante degli animali" considera il "proprio" cane (...gatto, eccetera) una "sua" proprietà. Ovviamente non una cosa da cui trarre profitto in senso monetario, ma un elemento vivente da sottomettere alla propria volontà.
L'animale non possiede una mente umana, ovvero possiede memoria ma non coscienza; perciò ricorda chi gli ha provocato dolore o chi piacere, ma vive una condizione che si potrebbe definire di "eterno presente" e ignora il concetto di vita e quello di morte. E' come se vivesse nello stato descritto in un paio di noti film (ad esempio, "Ricomincio da capo" con Bill Murray, ma anche un altro con Antonio Albanese protagonista di cui non ricordo il titolo), ma non ne è cosciente a differenza del protagonista.
Accudire un animale è indubbiamente più gratificante rispetto a badare ad un essere umano, per diversi motivi tra cui la necessità antropologica di emancipazione dell'Uomo, di non vivere quindi in una condizione di eterna sottomissione.
E la società incivilmente civile l'ha capito bene. Infatti in molte città fioccano continuamente luoghi adibiti alla cura degli animali, ma quelli dedicati alle persone mancano clamorosamente. E ancora, ci si indigna (giustamente) per i maltrattamenti agli animali, ma si giustificano quelli a scapito delle persone. Un cane abbandonato per strada (pratica che ovviamente considero schifosa), nel caso sopravviva, verrà "salvato" da qualche soggetto di buon cuore; una persona che viene licenziata o sfrattata, viceversa, verrà invitata a "darsi da fare" e se schiatta....bhé pazienza...una bocca in meno da sfamare.
Troppo cinico?
Si, forse. Ma provate a verificare sul campo!
Chiaramente, lo scopo della mia critica non è un utopico invito a liberare gli animali dai loro guinzagli domestici o ad accogliere nelle proprie case i milioni di disperati che popolano il mondo. Non confondiamo i fischi coi fiaschi.
L'invito è, più semplicemente, a farsi un esamino di coscienza. Ad assumere un atteggiamento meno individualistico e più "sociale" nei confronti dei propri simili. A cercare di liberarsi da quei pregiudizi che ci hanno trasformato in umani privi di umanità. E, aldilà delle regole cosiddette "civili" che favoriscono l'atteggiamento del forte e del prepotente (innegabile, basta guardarsi intorno per scoprire che l'atteggiamento dominante richiama all'Übermensch nietzscheano), a pensare al nostro vicino non come un nemico da distruggere perché mette in discussione il nostro fottutissimo ego, ma ad un nostro simili che possiede e tenta di rivendicare i nostri stessi diritti di esistere come persona ed essere umano.

martedì 27 settembre 2011

Svegliatevi, dormienti.

«[...] Nel matrimonio ebraico all'epoca di Cristo lo sposo si recava in casa della sposa, accompagnato da ancelle rigorosamente vergini. Nella parabola raccontata da Cristo (Matteo 25:1-13) le ancelle sono dieci, di cui cinque savie e cinque stolte. Quelle savie sanno che non sempre gli sposi sono puntuali; e siccome devono far luce con le loro lampade, si sono portate una scorta d'olio. Quelle stolte no, e male gliene incoglierà.
Quando, dopo lungo ritardo, nel cuore della notte, arriverà lo sposo, svegliando le ancelle che nel frattempo avevano ceduto tutte al sonno, quelle savie avranno olio a sufficienza per far luce; le altre l'avranno finito e dovranno correre a comprarne. A questo punto accade uno dei tanti piccoli eventi crudeli di cui sono costellati i Vangeli: le vergini savie seguiranno lo sposo e verranno ammesse al matrimonio; quelle stolte giungeranno in ritardo e troveranno la porta sprangata. Quando chiederanno al Signore di aprire loro, quello risponderà seccamente "Non vi conosco".
Cosa c'entra Dick in tutto questo?Molto. Quando aveva scelto di intitolare il suo romanzo Cantata 140 era evidentemente a Matteo che pensava, per il tramite di Nicolai e Bach. Wachet auf, proclama il coro all'esordio della cantata. Quell'esortazione è evidentemente rivolta ai dormienti del romanzo, gli sleepers. C'è una possibilità: non dovranno restare ibernati per sempre a spese dello stato; potranno tornare alla vita e salvarsi dal nulla cui li ha condannati un'economia per la quale sono inutili.
Il discorso, indubbiamente, è piuttosto moderno per un romanzo concepito tra il 1963 e il 1964, nel bel mezzo del boom economico del dopoguerra: verte sull'inutilità degli esseri umani, di alcuni esseri umani. Prima che il problema della disoccupazione, del surplus di braccia si manifestasse, Dick aveva già ipotizzato una soluzione grottesca e sarcastica: la gente in più che non serve al sistema economico mettiamola in ghiacciaia. Teniamola da parte. Forse ci serviranno un giorno, forse no, però se li mettiamo in cantina non andranno in giro a prostituirsi, drogarsi, rubare, spacciare e chissà quante altre attività illegali. Teniamo desti solo quelli che servono, che lavorano e consumano. Quelli che fanno girare la macchina del capitale. Gli altri, a dormire. Così non dovremo ricorrere a misure estreme e impopolari (eutanasia? Pena di morte?), e ce li saremo comunque tolti dai piedi.
La questione del romanzo a ben vedere è tutta lì: cosa farne di questi uomini e donne in più, che guarda caso sono di colore (non necessariamente neri, anche nelle varie tonalità del marrone fino al caffelatte più sbiadito)? C'è un sistema che si fonda sui dormienti e su altre misure per tenere bassa la sovrappopolazione. I potenti di quel sistema (i George Walt con il loro bordello orbitale, dove si può godere della vera crack in space, oppure il dottor Lurton Sands che ha trasformato i dormienti in miniera d'organi, e d'oro) ovviamente preferiscono, com'è sempre stato, che il sistema sia preservato, così restano potenti. Altri cercano un'alternativa, e tutti li deridono, e forse non sbagliano, perché quando Bruno Mini compare alla fine del romanzo bisogna riconoscere che è un personaggio ridicolo, un inventore da strapazzo ai limiti della ciarlataneria. Ma l'apertura della breccia nello spazio, del passaggio da una Terra sovrappopolata ed esaurita a un'altra-Terra che all'inizio pare vergine e accogliente, ribalta improvvisamente la situazione.
Come nella parabola di Matteo, arriva lo sposo, cioè il regno dei cieli, e i dormienti si sveglieranno; e la voce che annuncia la venuta è quella di uno dei più strambi candidati alla presidenza degli Stati Uniti che mai la letteratura americana abbia concepito: Jim Briskin, un negro baffuto che va in giro con una parrucca rossa, ex-newsclown, quindi un personaggio da Striscia la notizia più che da Casa Bianca. Un uomo semplice e, lo si capisce da tanti episodi del romanzo, sostanzialmente buono.
»

(Brano tratto dalla postfazione, a cura di Umberto Rossi, di "The Crack in the Space", di Philip K. Dick, 1966; pgg. 200-201, Fanucci Editore, Roma 2002)

Sottofondo consigliato: No time, no space; F.Battiato


giovedì 7 ottobre 2010

The show sucks...go further, please!

Da diverso tempo sostengo la mia avversione per la post-modernità, tanto da definirla "braccio armato del nichilismo". Eppure non disdegno di affrontarla, e perché prima di criticare è bene conoscere l'oggetto della critica, e perché, paradossalmente, vi trovo elementi capaci da indurre in me una certa curiosità oltreché un certo interesse.
Ma a tutto deve essere posto un limite.
Pur storcendo il naso riguardo a determinate "eresie" di foggia nietzscheana, riconosco indubbiamente lo sforzo intellettuale del pensatore tedesco. Per esempio.
Al giorno d'oggi, purtroppo, scopriamo che uno dei più utilizzati veicoli di divulgazione culturale è un elettrodomestico parlante (insieme con un altro che offre anche la visione delle figure), ma il vero abominio è che le voci che lo popolano sono quelle di soggetti che stanno alla cultura come il pollo sta alla coltivazione della canna da zucchero nei paesi caraibici: "che c'azzecca?", direbbe un esimio Ministro dell'Incultura.
L'oggetto di quella che, in altri tempi e senza rischiare di passare per bigotti, mi sento di definire "la mia indignazione", è una coppia di bipedi apparentemente umani ("apparentemente", perché al confronto con un semi-analfabeta del XVIII Secolo, probabilmente sfigurerebbero) molto noti nell'ambiente più ambito dall'italiano medio (cre): Simona Ventura e Emanuele Filiberto di Savoia.
L'articolo che segue, firmato da Bruno Gambarotta e uscito su "La Stampa" del 4 ottobre, è una, nello stile tipico dell'autore, divertente cronaca di quello che (probabilmente) centinaia di migliaia di orecchi hanno potuto ascoltare dal canale 1 di Radio Rai, nel primo pomeriggio del sabato precedente ("Emanuele Filiberto, storico all'amatriciana").
Radio Rai trasmette in tutto il territorio nazionale e i personaggi in questione non sono comici per professione. Perciò il demerito di tale scempio è imputabile esclusivamente al direttore del canale, Antonio Preziosi, e ai suoi collaboratori.
Certo è che ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori, da un trentennio a questa parte, ma non è questa un'attenuante.
Certo è, anche, direbbe qualcuno, che si può sempre "cambiare canale".
Ma allora, perché indignarsi e disgustarsi nei confronti, per esempio, dei "reality show" e, in generale, di tutto quello che in qualche maniera, volenti o nolenti, tocca sorbirci da tivù e radio?
Tanto vale evitare di denunciare l'assenza di cultura di cui sono affette le nuove generazioni: che crescano pure pensando che Berlusconi è il Presidente della Repubblica o che la gestazione è un insieme di movimenti delle mani.
Tanto tutto è relativo, no?

venerdì 27 agosto 2010

Un "virus" moderno.

Quando, oramai tre anni fa, ho iniziato a scrivere (su) questo blog, era soprattutto la curiosità che mi spingeva. Avevo sentito vagamente parlare di tale realtà e, nel pieno rispetto delle moderne regole di omologazione, mi sono detto: voglio farlo anch'io.
Qualcuno mi aveva detto che scrivevo bene (mi pare evidente che fosse una presa in giro...) e dentro di me è partita la scintilla.
Da un punto di vista creativo, i primi tempi sono stati eccezionali.
Sentivo di avere qualcosa da dire tutti i giorni. Ma sentivo anche che mancava una delle parti fondamentali: il dialogo.
Le visite, e soprattutto i commenti, erano così rare da farmi pensare di avere sopravvalutato le mie capacità. Così ho deciso di traslocare su una piattaforma meno ampia e sono approdato su Libero che, a mio parere allora, rispetto ad altri offriva una buona scelta di template e, soprattutto, una community di utenti ben avviata.
Ho parcheggiato i miei pensieri e i miei disgusti lì per un annetto e devo ammettere che mi ha dato qualche soddisfazione, il flusso di visitatori è aumentato esponenzialmente fino ad assestarsi sulle cinquanta fisse giornaliere (...che per molti è un numero da ridere, ma per il sottoscritto era un risultato fenomenale) e anche i commenti, quindi l'opportunità di dialogo, non mancavano.
Ho conosciuto (diciamo virtualmente) molte persone, alcune molto gradevoli, altre molto meno, ma comunque nell'insieme ho ricordi piacevoli di quel periodo.
Poi la "scoperta", il grande fastidio.
Non ho mai avuto la pretesa di possedere conoscenze particolari, ma ci sono momenti nella vita di ognuno di noi in cui ci si pone determinati quesiti di ordine fondamentale. Sono, queste, le classiche domande filosofiche che, volenti o nolenti, assillano il genere umano: chi e cosa siamo? qual'è il nostro scopo? In breve, la domanda delle domande: perchè?
Quindi, con tutti i limiti personali che possiedo, ho tentato di toccare argomenti di un certo tipo.
La delusione è stata tale da farmi pensare di avere a che fare con individui disinteressati e ignoranti.
Appena dedicavo un post a questioni filosofiche o politiche di un certo livello, ma pur sempre con il mio stile, che non definisco elementare ma nemmeno accademico, tutto taceva.
Pochi commenti, nessuna riflessione degna di nota, tranne qualche saluto o complimento (che , nel caso specifico, risultava a dir poco fastidioso).
Mi chiedevo: è possibile che quando si parla di cazzate tutti hanno qualcosa da dire e quando invece si parla del senso della vita o di importanti questioni politiche (...non nel senso di gossip parlamentare) nessuno si degni di, quanto meno, prestare attenzione?
Tutto ciò mi ha convinto a ritornare da dove ero partito e, armi e bagagli, ho fatto dietro-front qui su Blogger.
"Va bene. Ok, hai raccontato la tua storia. Ma qual'è il punto?"
Il punto è che mi ero sbagliato.
Mi sono reso conto che il problema non era causato da ignoranza o disattenzione.
Il problema è lo stesso che affligge l'umanità occidentale tutta: l'iper-individualismo.
Non interessa a nessuno costruire rapporti con altre persone, l'unico scopo è dire la "nostra". Ma ci importa poco o nulla se dall'altra parte c'è una persona o un tronco d'albero o una macchina che risponde in automatico.
E tutto ciò, evidentemente, è contrario alla natura umana.

martedì 27 luglio 2010

Car-e/i/u/w/f/x/y compagn-e/i/u/w/f/x/y, "lonzianamente" sputiamo sull'uguaglianza!



Sottotitolo: cachiamo su Marxe!



Leggendo la bozza per il Documento Congressuale della Federazione della Sinistra siamo giunti alle seguenti conclusioni: è giusto preservare e lottare per la differenza!
Viva la differenza!
Basta con il patriarcato!
Viva la differenza di genere!
Inoltre, non esiste solo l'eteroessualità: pensiamo ai LGBQT!
Secondo una sessuologa ingese, i sessi sarebbero milioni!
E perchè non miliardi?
Dovremmo, giustamente, adeguare anche la grammatica!
Pertanto, compagna/b/c/d/e/f/g/h/i/j/k/l/m/n/o/p/q/r/s/t/u/v/x/w/y/z/@/#/§, lottiamo per la differenza, per ogni differenza!
Per i LGBQT e per i miliardi (infiniti) di sessi esistenti, per i borghesi, differenti dai proletari e per ogni soggettività economicamente differente!
Viva il comunismo! Viva l'Arcobaleno... e Goldrake dove lo mettiamo... Allora, viva Goldrake!

lunedì 17 agosto 2009

CONTRADDIZIONI

Il mondo è veramente uno strano luogo dove possono accadere cose particolari.
Negli Usa, ad esempio, può capitare che un agente di polizia fermi un anziano signore, si presume, malvestito e senza documenti e lo classifichi come "barbone". Salvo poi scoprire che si tratta di un certo Robert Zimmerman, alias Bob Dylan.
Qui da noi, in Italia, invece, non esiste, purtroppo, una "Sezione malattie mentali gravi" che impedisca ad un anziano signore padano di dire cazzate riguardo all'inno e all'Unità d'Italia durante un barbecue in riva al Po.
Ecco, queste, io le chiamo contraddizioni.
Nel Paese dove, dicono, regni la libertà tutto è sotto controllo e un rocker in "pensione" non può farsi una passeggiata liberamente sotto la pioggia.
Nel nostro Paese, invece, dove il Presidente del Consiglio dei Ministri si lamenta continuamente della mancanza di libertà, i suoi "scagnozzi" possono fare quel che gli pare senza problemi.


sabato 25 luglio 2009

UNA SOCIETA' DI PAURE.

I protagonisti della seguente storia sembrano scelti apposta per confermare alcune paure e determinati pregiudizi, in realtà non è altro che la conferma che nella nostra società oramai non è il fatto a determinare la cronaca giornalistica ma viceversa.
Prima vediamo il resoconto giornalistico.
Qualche sera fa, in un condominio di case popolaro della prima cintura torinese, Venaria Reale per la precisione, Claudiu, un rumeno di 33 anni, completamente ubriaco con una scusa si è introdotto nell'appartamento di Deborah, una ragazza di 22 anni, e ha tentato di violentarla. A questo punto, il cane della donna, un pastore tedesco, ha assalito l'aggressore per difendere la padrona sventando così la violenza. La storia si è conclusa con l'arresto e l'incarcerazione del malvivente e con la celebrazione del cane-eroe con tanto di servizio nei tg regionale e nazionale.
Fin qui, tutto da manuale.
Abbiamo uno straniero ubriaco ad avvalorare le tesi leghiste-razziste sulla "bestialità" di questi "semiumani" che invadono la nostra terra di persone perbene; la tentata violenza carnale su una donna per dare corda ai sostenitori della castrazione chimica e per far gioire quelle femministe che lottano contro "quei porci degli uomini"; infine, il cane-eroe, pastore tedesco perchè "è la razza più fedele", e che scaccia momentaneamente il pensiero dei randagi killer.
Tutto secondo copione.
Se non fosse che un paio di giorni dopo, i vicini di casa della vittima (presunta) raccontino una storia diversa. Completamente diversa.
"Quel tizio era ubriaco, ha suonato a tutti e quando siamo usciti sul pianerottolo abbiamo visto lei che lo insultava e minacciava di aizzargli contro il cane.....lui non è nemmeno entrato in casa", raccontano.
Poi vengono fuori altri particolari.
Pare, infatti, che alcuni anni prima il (presunto) malvivente vivesse nello stesso palazzo e che, insieme ad altri inquilini avesse partecipato ad una raccolta firme contro la ragazza che, a loro dire, disturbava la tranquillità comune.
Poi, ancora, sul corpo della ragazza sono stati trovati segni di bruciatura di sigaretta, provocati, secondo lei, dall'aggressore. Ma, anche qui, spuntano fuori grossi dubbi. Infatti sono in molti a testimoniare il passato difficile della ragazza, costituito da qualche episodio di microcriminalità e diversi di autolesionismo.
Quanti colpi di scena. Pari solo agli altrettanti luoghi comuni.
Intanto, il "mostro" rumeno si è fatto un paio di giorni rinchiuso alla Vallette con l'unica colpa di essersi presi una sbronza che, a meno non compaia tra i nuovi comma del codice penale, non è reato.
Questa storia, banalizzata, quasi, dai media che sguazzano nel dilagare di fenomeni violenti simili, è tremenda. Non per la cronaca in sè, quanto per il fatto che fa riflettere su quale tipo di società è oggi quella italiana: un meta-luogo popolato di paure, pregiudizi e realtà costruite ma non reali.
Viviamo in un film dove il cattivo è: straniero; uomo.
Non è che stiamo esagerando?
Vogliamo cambiare registro o aspettiamo di arrivare ad un punto in cui si organizzano vere e proprie battute di caccia?
Personalmente, in quanto uomo, incomincio anch'io a soffrire alcuni pregiudizi. Infatti ho il timore di guardare i bambini per non passare da pedofilo e di guardare le donne per non passare da maniaco.
Esagero?
Può darsi, ma provate a guardarvi intorno.

lunedì 20 luglio 2009

PENTITI.....UNA BRUTTA RAZZA.

Da qualche tempo, tra Il Giornale e La Repubblica è in corso un duello all'ultima penna e si sa che in guerra (e in amore) tutto è permesso.
Non ho preferenze nè per gli uni nè, tantomeno, per gli altri perciò non giudico. Mi limito a ossevare.
Trovo, però, curioso oltrechè esilarante la posizione che il direttore del berlusquotidiano ha assunto in un recente editoriale dal titolo: "Giornali morbosi. Ci mancava solo la scrittrice hard".
Il buon Giordano, questa volta, mi trova assolutamente d'accordo!
Sarebbe infatti ora di smetterla col voyerismo da osteria e tentare di occuparsi seriamente dei problemi politici e sociali che affliggono il nostro Paese. "(...) L'Istruzione varava la riforma dell'Università? «E va bé, ma hai sentito i capezzoli?». Il governo presentava il Dpef? «E va bé, ma hai sentito i capezzoli?». La Camera approva la legge sulla violenza sessuale? «Si, però, i capezzoli.....». (...)" scrive il megadirettore.
Ma.
Tralasciando che egli stesso ha trasformato Il Giornale nell'organo ufficiale di palazzo Grazioli, la sua protesta ricorda quella dell'ex tabagista che prima è così assuefatto da usare persino abiti in tinta con la sigaretta (tipo panta bianchi e camicia giallognola stile filtro...) e poi è così incazzato da appostarsi armato di ascia bipenne da dare in testa a quegli zozzoni che avvelenano il prossimo.
Sciur Giordano, orsù!
Ha già dimenticato il suo passato da direttore del TC di ItaliaUno?
Ah....."TC" non è un errore di battitura, è l'acronimo di TetteCuli!

sabato 18 luglio 2009

ANCHE LORO ASPETTANO TELEGRAMMI.....

Giovanni Garetrinz di Tarvisio si è svegliato con un lieve giramento di testa e, dopo essersi misurato la temperatura, ha ingerito una compressa di Aspirina insieme con mezzo bicchiere di acqua minerale San Pellegrino.
Ora le sue condizioni sono stabili.

Teresa Granziert di Pieve di Cadore uscendo dalla doccia è scivolata e ha urtato il mobiletto posto sotto la finestra ammaccandosi lievemente l'anca sinistra.
E' stata dichiarata guaribile in poche ore dal marito Hubert.

Claudio Zarrignet di Trescore Balneario a seguito della ricca colazione a base di fette biscottate imburrate, marmellata di pesche, succo di frutta e caffè, mentre dosava il dentifricio sullo spazzolino ha emesso un rumoroso rutto. In quel mentre la mamma, che percorreva il corridoio verso il secondo bagno, gli ha espresso il proprio biasimo.

Mariangela Tergnariz di Sondrio, ma attualmente in vacanza a casa della zia Iside a Caorle, terrorizzata dal pensiero di dover giustificare la presenza nel proprio letto di Calogero, il siciliano conosciuto ieri sera sul lungomare, ha deciso di farlo uscire dal balconcino che dà sul cortile.
Fortunatamente la zia abita al primo piano di una villetta bifamiliare.

.....No perchè.....è ancora valida la "regola" che gli ultimi saranno i primi, vero?

venerdì 17 luglio 2009

UNA LEGGERA CRITICA.

Ho letto un'intervista di Mattia Feltri, su La Stampa, al ministro Gelmini, dal titolo: "Gelmini: i cinque in condotta? E' l'addio al '68".
Su questo punto mi trovo in parte d'accordo, nel senso "del lassismo e del buonismo" e di quella "cultura che ha prodotto il sei politico, il diciotto politico, che considera la valutazione un atto d'imperio e livella verso il basso". Perchè la questione non è solo culturale ma anche e, forse, soprattutto, politica.
Considerando il contributo fondamentale che il Sessantotto ha dato nel senso di "uccisione simbolica della figura del padre", non si può negare che la scuola abbia subito un processo di trasformazione che la rende oggi non più un luogo di educazione bensì un diplomificio.
Ed è proprio su questo punto che la ministro inciampa, contraddicendo il portato ideologico della fazione politica di cui fa parte. Infatti, nel momento in cui l'autorevolezza della figura dell'insegnante viene costantemente delegittimata da chi sostiene una certa "cultura" della libertà. I genitori, ad esempio, che invece di assecondare il compito dell'istitutore, si pongono come i soli portatori del diritto all'educazione; e quando la necessità economica prevale con amministratori e o presidi, ad esempio, che, costretti dal ministero a "produrre risultati" perchè viceversa verrebbe meno il presunto prestigio della scuola da offrire sul mercato come una primizia ortofrutticola, assecondano in tutto le volontà dei genitori che "investono".
E' così che il senso dell'esistenza di strutture educative non ha più ragione d'essere.
Ma correggerla significa limitare quelle "libertà" di cui essa, la ministro, più o meno direttamente, si fa portatrice in quanto sostenitrice di una determinata ideologia politica.
E' ovvio che la scuola non debba essere intesa come "sala d'aspetto" dell'età adulta, ma nemmeno come catena di montaggio con tanto di premio produzione.
Signora ministro, decida da che parte stare!
Questo tipo di atteggiamento culturale, sostenuto, bisogna dirlo, da una certa destra e da una certa sinistra, ha prodotto i risultati, tutt'altro che eccellenti, che ora ci troviamo innanzi.
Vuole che la scuola italiana torni ad essere di altissimo livello, come da tradizione?
Allora incominci a rivedere il trattamento riservato alla classe degli insegnanti, perchè quando lo stipendio è da fame e la tranquillità (anche mentale) è continuamente messa in dubbio mediante politiche sociali che "istigano" alla precarietà professionale (e perciò di vita!), lo stimolo a fare bene, a dare il massimo, viene meno.

venerdì 10 luglio 2009

L'ARNESE SUBUMANO

Oggi alla radio.
Tema della trasmissione: "Quella volta che vi hanno rotto l'oggetto a cui tenevate tanto".
Sms di un ascoltatore: "La donna delle pulizie mi ha rotto la puntina del giradischi, che io considero un figlio.
Licenziata la sera stessa!".
Sembra incredibile, sembra un'esagerazione, sembra una sciocchezza.
Sembra.
Si legge e subito la si dimentica, probabilmente perchè è così grave che non ci si bada più. O, probabilmente, perchè sono così tanti quelli che la pensano in modo simile da rendere l'episodio normale.
Chissà quante volte si è sentito dire di gente disposta addirittura ad uccidere chi danneggiasse un vetro o la vernice sulla carrozzeria dell'automobile.
O che si vantano di amare e rispettare più il proprio cane piuttosto che il collega di lavoro o il vicino di casa.
Massì dai, cosa vuoi che sia. Sono cose che si dicono, ma non si pensano realmente.
Siamo proprio sicuri?
Chi vuole pensarla in questo modo è, purtroppo, padrone di farlo. Ed è questo il motivo per cui divido gli esseri umani in "persone" e "mostri".
Una delle citazioni che preferisco è di Karl Marx, e recita: "Il risultato di tutte le nostre scoperte e del nostro progresso sembra essere che le forze materiali vengono dotate di vita spirituale e l'esistenza umana avvilita a forza materiale".
In poche parole, ecco il concetto di reificazione ossia la soggettivizzazione dell'oggetto.
La reificazione ha un legame imprenscindibile dal capitalismo, al quale interno i rapporti tra esseri umani vengono ridotti a rapporti tra le merci da essi prodotti.
Nel caso in questione, "la donna delle pulizie" non è un essere umano ma è un utensile di lavoro di cui si può disporre a proprio piacere. Come un chiodo, che quando si piega si getta via e se ne prende un altro.

martedì 7 luglio 2009

DEDICATO ALL'ARTE CONTEMPORANEA.

Fondato a Torino nel 2006 da due amici appassionati d'arte, il "Gran Premio Pimice&Pomice" si propone la segnalazione al grande pubblico della miglior performance artistica del panorama contemporaneo.
In occasione della Biennale di Venezia, una nota particolare è stata riservata all'esibizione di Pistoletto.
La descrizione dell'avvenimento, assolutamente imperdibile per la ricchezza emotiva, è tratta da un reportage a cura di Maria Giulia Minetti dal titolo "Biennale come non la vedrete" ("Specchio, il mensile de la Stampa", nr.584 luglio 2009, pgg 66-67):
"Tornato alle proprie origini con una sala all'Arsenale tappezzata di enormi specchi in cornici dorate, di esatta proporzione ed esattissima collocazione, infinitamente luminosi e labirinticamente scortertanti, Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), con un gesto di grande vigore artistico e metaforico, ne ha frantumato il giorno dell'inaugurazione un'intera parete. Si replica in chiusura."
La cerimonia di premiazione avrà luogo il giorno 4 agosto presso l'Antani's Hotel di Piossasco (To).

mercoledì 1 luglio 2009

CATEGORIE PROFESSIONALI: 1. IL BOTTEGAIO

Io i bottegai non li ho mai potuti sopportare!
Senza dubbio posso dire di conoscerli, dato che per molti anni ho fatto il barman e più imparavo a conoscerli più odiavo il loro modo di fare e pensare.
Il bottegaio non ha una vita privata, per esso il lavoro è tutto. Ma non il lavoro inteso come attività umana, bensì il lavoro legato al profitto.
Quella del bottegaio è una delle categorie fondamentali della società capitalistica. Nasce, produce, consuma, muore.
Nella maggior parte dei casi: possiede una casa medio grande che arreda con gusto e riempie di elettrodomestici all'ultima moda, ma ne riduce l'utilizzo a dormitorio; ha l'automobile (e in alcuni casi, anche un furgoncino) ma che usa principalmente per scopi legati all'attività professionale; ha una famiglia che non conosce e con cui interagisce solo all'interno del negozio.
Si considera il vero motore dell'economia nazionale e lavora in media tra le 10 e le 14 ore al giorno, minimo per 6 giorni la settimana.
Non perchè ne abbia realmente bisogno ma perchè "lo Stato gli ruba i guadagni con le tasse".
Sarebbe, tutto sommato, ammissibile sacrificarsi per una ventina d'anni in funzione di una "vecchiaia" agiata, ma per il bottegaio non è concepibile.
Egli si considera "persona" solo se crea profitto.
La sua nascita risale non alla sua nascita fisica, ma all'apertura della prima attività oppure, nel caso sia "figlio d'arte", a quando intorno ai sette-otto anni già lavorava nella bottega di papà, e cessa di essere una "persona" quando non è più in grado di tirare su la serranda. secondo lui chi va in pensione, e chi si riposa in generale, è un debosciato.
Per il bottegaio i "veri" lavoratori sono solo i suoi simili.
I lavoratori dipendenti sono dei mangia-pane-a-tradimento che nella vita non si sono dati abbastanza da fare, approfittatori che "appena ti giri ti accoltellano o, peggio, mettono le mani in cassa".
"Comodi loro, i dipendenti, non hanno problemi. Il sindacato li protegge e col minimo sforzo si comprano all la casa e tutto quello di cui abbisognano!". Conseguentemente a tutto ciò, è quindi un dovere spremerli facendoglielo anche pesare.
Il bottegaio è cittadino del mondo, nel senso che indifferentemente dalla nazione a cui appartiene, mantiene caratteristiche simili. Con un punto fermo, però. Ad esempio, in Italia: se è torinese lavora più del ligure, se è veneto lavora più del napoletani, e così via.
Dal punto di vista politico è eclettico e viene attratto di volta in volta dal partito che promette meno tasse, sia questo di destro o di sinistra. La lega Nord va a nozze con elementi simili!
Un ultimo appunto.
Le caratteristiche negative che contraddistinguono il bottegaio, aumentano esponenzialmente nel caso di bottegaio-artigiano.
Ovviamente sono consapevole di essere soggetto a critiche per la generalizzazione, ma del resto va di moda in questi tempi.....

(prossimamente: 2. Il Professionista)

sabato 20 giugno 2009

IO NON VOGLIO LASCIARMI MORIRE!

Ho letto un articolo di Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per "La Stampa", dal titolo "Da samurai a bamboccioni", e il mio umore è passato da curioso a triste a terrorizzato.
La curiosità è soddisfatta nello scoprire che la società giapponese stà subendo cambiamenti drastici; nella terra che fu dei samurai, oggi due terzi della popolazione maschile nella fascia d'età tra i venti e i trentacinque anni hanno scelto di essere "soshouku-kei" (erbivori), vivono con la mamma, non ambisce a carriere professionali e non pensa a farsi una famiglia nè ad avere rapporti di tipo sentimentale con l'altro sesso.
Cresce la tristezza quando scopro che il 40% dei maschi minge in posizione seduta per evitare rimproveri dalle donne o che indossa reggiseni perchè si sentono più tranquilli e sereni.
Passo, infine, al terrore nel realizzare tutto ciò e leggendo la conclusione dell'articolista:" Dopo la fine di queste idee di grandezza, il destino del Giappone e dei giapponesi, sembra incerto. Perchè bisogna lavorare e divorare? Meglio prendersela calma, meglio pascolare tra l'erba, perchè forse, chissà, è proprio l'anima del samurai che si sta estinguendo. E alla fine, forse, potrebbe anche non essere un male".
Ora, aldilà delle inutili considerazioni di carattere folkloristico del signor Sisci e aldilà delle mie preferenze di natura romantica, quel che terrorizza è il telone di nichilismo che avvolge oramai il mondo. E che fa sì che si consideri solamente da un punto di vista statistico il fatto che in Giappone il deficit sul Pil è del 180% o che quello del Sol Levante sia, dopo gli Usa, il secondo paese al mondo con il tasso più alto di povertà tra quelli più sviluppati.
Sicuramente farà piacere a molti sapere che la società nipponica stà cambiando anche dal punto di vista del sesso dominante, senza però rendersi conto dei pericoli che ciò comporta.
La mia critica potrebbe sembrare una difesa della società maschilista, ma in realtà vado oltre.
Si legge continuamente, negli ultimi tempi, che sempre più donne rinunciano (o sarebbero disposte a farlo, tranquillamente...) ad avere figli perchè lo considerano un ostacolo alla carriera professionale. Questo è, per me, terribile!
E' terribile è anche vedere che la società si sposta verso il dominio da parte delle donne, così come terribile è una società in cui dominano gli uomini sottomettendo le donne.
Il nichilismo è così tanto dentro noi che oramai non è così strano sentire affermare che "il genere umano è destinato all'estinzione", ed alcuni, addirittura, auspicano che ciò avvenga in anticipo rispetto alle previsioni.
Bisogna ribellarsi a questo modo di vedere, bisogna agire per la vita non per la morte.

martedì 9 giugno 2009

martedì 2 giugno 2009

UN'ALTRA FAVOLOSA RICETTA (POSTMODERNA)

Stasera avevo parecchio appetito.
Ho ronfato stile cinghiale tutto il pomeriggio e mi sono svegliato affamato, ho fatto mente locale su cosa rosicchiare e il dilemma si è ridotto alla sfida tra spaghetti alla Carbonara o fusilli al tonno (meravigliosi, soprattutto col tonno in scatola!!!!!).
Allora ho messo sù l'acqua, l'ho salata, poi ho preso un paio di uova dal frigo le ho poggiate sul piano di lavoro e ho preso la scatoletta del tonno.
Si sono guardate, mi hanno guardato, le ho guardate e...ho telefonato alla pizzeria a domicilio!
Buonissima! E buon appetito!

domenica 31 maggio 2009

DIRE E POI SMENTIRE (FASCICOLO "B")

Rapporto nr.3
29 Gennaio 2008

"[...] Anche noi siamo raggiunti da tutta una serie di richieste, dalla nostra base...eh..eh..dagli amministratori locali, dai circoli per una manifestazione, ma...abbiamo assolutamente rinunciato a questo e siamo andati...siamo nella direzione opposta. Anche perchè ci sono le consultazioni presso il Capo dello Stato e la responsabilità della decisione è sua. Quindi, una disinformazione piena, totale e non ho nessuna paura a dire vergognosa...da parte di molti organi di stampa [...]"



Rapporto nr.4
22 Maggio 2009

"[...] La Finocchiaro e D'Alema si sono comportati in modo indegno, ignobile e spudorato attribuendomi parole che non ho mai pronunciato e cioè che il Parlamento sarebbe inutile e dannoso [...]"

sabato 30 maggio 2009

DIRE E POI SMENTIRE! (FASCICOLO "A")

Rapporto nr.1
21 Maggio 2008

"[...] Non parlo con la stampa e con i giornalisti, se non attraverso conferenze stampa [...]".




Rapporto nr.2
22 Ottobre 2008

"[...] Non ho detto mai...polizia nelle scuole...non l'ho nemmeno pensato [...]".

domenica 24 maggio 2009

PARLER DE LA PLUIE ET DU BEAU TEMPS

Tra le innumerevoli inutilità del nostro tempo, merita una citazione particolare il "meteo".
Si badi, non la "metereologia" (che è quella "parte della geofisica che studia i processi che hanno luogo nell'atmosfera e le loro influenze sul clima") ma la sua versione radio-televisiva in stile show.
Ora, senza naturalmente esagerare, riconosco che in particolari periodi sia utile sapere se "domani pioverà" o sarà "nuvoloso", ma non è pasquetta tutti i giorni.
Pur nonostante, per molte più persone di quel che crediamo, il "meteo" ha importanza fondamentale, al pari del suo "cugino" oroscopo.
Ricordo, ad esempio, due film in cui risulta questa importanza: in "Seven" c'è la scena in cui Pitt e Freeman individuano il nascondiglio del serial killer e, leggendone i quaderni, scoprono che vomita addosso ad un passeggero del metrò che gli parla del tempo;

in " The Weather Man" Nicholas Cage, ogni volta che incrocia un telespettatore, diventa bersaglio del lancio di dolci o bevande perchè sbaglia le previsioni.

Il meteo, come appunto il cugino oroscopo, è una necessità nella nostra società, o meglio la nostra società è strutturata in maniera tale che il meteo occupi un posto di rilievo. Perchè permette un'azione fondamentale all'essere umano, la comunicazione.
Basta guardarsi attorno per capirlo.
A nessuno interessa un fico secco della vita altrui, e questo è un portato dell'eccessivo individualismo d'accordo, ma possediamo un istinto naturale a cui dobbiamo rendere conto: la socialità. Per cui socializziamo sulla base di assolute inutilità: "hai visto che pioggia? Speriamo che smetta", "il mio oroscopo diceva che ieri dovevo morire, ma sono fortunato!", "ha fatto bene Anna Piccioni a mollare Stefano Strappetti..." e via dicendo.
Tutto ciò non è il sintomo di una specie di idiozia dilagante ma è il risultato della schiacciante vittoria del nichilismo e del postmodernismo.
Il meteo, l'oroscopo, il gossip e le innumerevoli altre "vaccate" (pardon!) esistenti restituiscono (in parte) quel che è stato scippato: la speranza.
Qualcuno tenta di resistere, infatti scientisti e teologi si schiaffeggiano a vicenda, pur perseguendo un fine simile.
Insomma, l'essere umano ha bisogno di uno scopo, un sogno, un'utopia. E se gli viene a mancare, se la inventa.
Concludendo, la necessità non è dunque "eliminare" meteo, oroscopi e varie, ma ripristinare una delle priorità fondamentali dello spirito umano che, tra l'altro, è anche quella che ci rende differenti da molte specie animali: la speranza nel futuro.