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domenica 22 marzo 2009

VERSO LA GENTILEZZA

Leggevo ieri un articolo su un vecchio numero di "Internazionale" dal titolo "Sulla gentilezza", il pezzo, scritto dallo psicologo gallese Adam Phillips e dalla storica britannica Barbara Taylor e uscito sul "Guardian", preannuncia il loro libro.
Il tentativo, già chiaro nel titolo, è quello di analizzare e scoprire i motivi che hanno permesso un'inversione di rotta nel comportamento umano.
Trovo interessante il tema, ma non condivido pienamente il metodo. Infatti gli autori tendono  ad equiparare la gentilezza, che io considero una particolarità intrinseca dell'Essere Umano, con la carità Cristiana compiendo, a mio parere, un errore grossolano ossia quello di considerare l'esistenza di Uomini cattivi naturalmente.
Insomma una vecchia storia.
La vecchia solfa di considerare la Storia un elemento fisso, non più mutabile e quindi, soprattutto, il rifiuto del "divenire".
L'Uomo non nasce "cattivo" e non nasce "buono", è la Storia che lo "trasforma" in "cannibale". Gli viene insegnato (e imposto) che l'unica via per la sopravvivenza è il "mors tua, vita mea" e gli si nasconde il fatto che la socialità è il motore della riproduzione e della continuità della specie. Senza di essa vi è solo l'estinzione.
Il concetto della selezione naturale (inaccettabile, per me, perchè determinerebbe l'esigenza di "ghettizzare" o addirittura eliminare chi, per vari motivi, non riesce a stare al passo dei cosiddetti "primi") non è più applicabile all'Uomo moderno!
Il capitalismo, in stretta collaborazione con il nichilismo e con il postmodernismo, ha stravolto il concetto di dominio dell'Uomo sulla natura e, anzichè ricercare un ipotetico elisir di lunga vita (per  esempio), ha perseguito l'ideale del profitto e dell'autodistruzione.
Sia chiaro che con questo non si vogliono (e non si devono!) accampare scuse del tipo "tutta colpa del capitalismo". Esso è una invenzione dell'Uomo e bisogna fare attenzione a non cadere nel tranello di considerarlo un'entità sovrannaturale, anche se si presenta in forma astratta.
Piuttosto l'operazione più logica da fare è prendere coscienza del fallimento di esso e approcciarsi a sistemi alternativi.

sabato 29 novembre 2008

COERCIZIONI DEMOCRATICHE, 2

14 Novembre 2008
Tentando di approfondire la riflessione mi accorgo che una funzione che ancora viene esercitata è quella che si riferisce all'educazione, sia essa considerata in modo positivo che negativo.
Trovo necessario specificare che il postmodernismo, e la conseguente oggettivazione del "niente" e la disoggettivazione del "tutto", trasforma il "bene" da oggettivo in soggettivo secondo "l'umore" del momento di chi utilizza questo metodo (un po' come quello che accade con la "verità").
Perciò "educazione" non è più "l'educazione" ma "un educazione", ammettendone così l'esistenza di diverse.
I parametri educativi che la società (ma sarebbe meglio parlare di paradigma) attuale impone, sono cambiati rispetto a trent'anni fa.
Allora la televisione svolgeva funzione anche scolastica, se vogliamo; oggi, l'avvicinamento all'arte, alla musica, alla cultura sono stati sostituiti con oscenità, volgarità, violenza e ignoranza linguistica.
Questi parametri educativi, che io considero negativi, sono utilizzati a fine nichilistico di controllo. Ed anche la violenza che, apparentemente, sembra utilizzata per imbarbarire in realtà svolge anch'essa l'utilità di soggiogamento e controllo, ricordandoci, neanche troppo vagamente, la funzione delle arene di gladiatori nell'antica Roma.
Il messaggio che ci si vuole trasmettere è che possiamo aggredire, più o meno violentemente ma pur sempre in senso prevaricatorio, chi riteniamo pari o inferiore ma mai chi ci viene imposto come superiore.

COERCIZIONI DEMOCRATICHE, 1

12 Novembre 2008
Il tema principale dello scorso numero del magazine "Il Venerdì di Repubblica" era il pettegolezzo, leggiamolo, mi sono detto, chissà che non scopra qual è la molla che fa scattare questa strana quanto fastidiosa abitudine.
E così ho scoperto interessanti spunti di analisi.
Alla domanda: perchè i pettegolezzi su attori, cantanti e sportivi interessano tanto?, il docente di antropologia sociale alla Dalhouse University di Halifax, Jerome Barkow, risponde:"La televisione è un'invenzione troppo recente perchè il nostro cervello, configurato per il Pleistocene, si possa essere abituato a essa. Così percepiamo i divi dei mass media come se fossero presenze reali, nel nostro soggiorno. Inoltre l'evoluzione ha fatto sì che tutti tendiamo ad attribuire una priorità affettiva a chi vediamo frequentemente (aggiunge il giornalista che pone la domanda: Se li vediamo così spesso, ragiona il cervello, devono essere importanti per noi, significa che fanno parte del nostro 'gruppo', come succede per i parenti e le persone care, e possono influenzare il nostro benessere più di coloro che vediamo raramente). Con i divi succede proprio questo è la loro costante esposizione a ingannarci sulla loro rilevanza per le nostre vite e a spingerci a voler sapere cosa fanno e con chi stanno. Il meccanismo torna utile ai registi cinematografici che creano il coinvolgimento emotivo dello spettatore raccontandogli cosa accade in un'ora e mezzo a un membro importante del suo gruppo: il divo. Gli mostrano cosa fa il protagonista, quali sono i suoi nemici e come ci si deve comportare con loro, qual è il momento di attaccare e quello di fuggire, quali sono le donne migliori da corteggiare, eccetera. Impartiscono quindi una serie di lezioni che gli uomini del Pleistocene avrebbero apprezzato perchè molto utili alla loro vita".
Questa tesi, che il giornalista definisce "suggestiva", descrive la realtà perfettamente. Pensiamoci.
Ognuno di noi "conosce" perfettamente vita, morte e miracoli di un'infinità di "personaggi" (attori, cantanti, politici, calciatori, ecc.) ma, nella maggior parte dei casi, ignora completamente vicini di casa, colleghi di lavoro, parenti lontani. Probabilmente è proprio questo che ci permette di definire "società" quello che ci circonda.
Il comportamento sempre più individualistico di coloro che conosciamo "fisicamente" si scontra con un atteggiamento aperto verso di noi da parte di quelli che nella realtà non esistono, conseguentemente scegliamo di "peoccuparci" più dei secondi attivando così un circolo vizioso di individualismo sempre più esasperato.
A sostegno, un esempio potrebbe essere la percentuale di ascolti che le trasmissioni pomeridiane della domenica riscontrano: una fascia compresa tra 2 e 6 milioni di persone che "scelgono" di stare a casa davanti all'elettrodomestico piuttosto che uscire e "socializzare".