tag:blogger.com,1999:blog-23314942602564837912024-03-13T03:48:41.035+01:00Il diario di NessunoLurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.comBlogger403125tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-28205113143232882402018-07-03T18:35:00.000+02:002018-07-03T18:35:33.751+02:00La camiseta de Dios.<div style="text-align: justify;">
Gli inglesi, gli argentini e, più in generale, tutti gli appassionati di calcio non possono non ricordare la sfida di Coppa del Mondo svoltasi in Messico nel 1986 tra Argentina e Inghilterra. </div>
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Quattro anni prima gli eserciti dei due stati si erano scontrati nella guerra delle isole Malvine, causando circa mille morti tra le parti e che avevano visto gli inglesi vincere. </div>
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Il 22 giugno allo stadio Azteca di Città del Messico si presentava per l'Argentina un'occasione di riscatto. E Maradona con tutta la sua classe la sfruttò appieno, segnando con un colpo da maestro rimasto nella storia come "la mano de Dios" e raddoppiando con un gol spettacolare dopo aver dribblato mezza squadra avversaria. Quel match dei quarti di finale si concluse 2-1 e decretando l'eliminazione dell'Inghilterra.</div>
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La vendetta era compiuta.</div>
<a name='more'></a><br />
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Questa è storia e, come dicevo, tutti gli appassionati di calcio con più di 36 anni non possono non ricordarla.</div>
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Ma questa storia ne racchiude un'altra a dir poco particolare, anzi unica.</div>
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Ovvero la storia della Camiseta Unica.</div>
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Con la vittoria dell'Inghilterra nel sorteggio per la scelta della maglia di gioco, si presenta per l'Argentina un grosso problema.</div>
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"Le coq sportif", sponsor tecnico della Albiceleste, per la versione classica a strisce verticali aveva preparato delle casacche molto leggere dotate di un sistema "Air-Tech" in grado di assorbire il sudore, ma purtroppo non erano disponibili quelle per la versione da trasferta.</div>
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Questo problema era stato riscontrato nella partita precedente vinta contro l'Uruguay.</div>
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"Le casacche erano troppo pesanti con quel gran caldo. Abbiamo giocato alle 13:00 ora locale in estate sotto un sole terribile. Le maglie in cotone che abbiamo usato contro l'Uruguay provocavano molto caldo. I giocatori sudavano molto velocemente", ricorda Carlos Bilardo nella sua biografia.</div>
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Il C.T. minacciò di rifiutarsi di mandare in campo la squadra e la federazione chiese a Le Coq Sportif di preparare delle maglie come quelle della versione principale, ma l'azienda rispose che non sarebbe riuscita a farlo per tempo.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgk4MzKlei2_LYOrXh8b1SDtyeQiCVwMpDl60hG8lWYcSKaw2T9RR4sDyZSmUmtkWT-WcX5EOtFf7q8eYbCS7Yn7sNZkVpWn-G8cBh2wh1EepX2ahKMicJzGFarikqFo-n1BbE7mrxbvZGF/s1600/gettyimages-537153845_O5nEL5w.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="514" data-original-width="400" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgk4MzKlei2_LYOrXh8b1SDtyeQiCVwMpDl60hG8lWYcSKaw2T9RR4sDyZSmUmtkWT-WcX5EOtFf7q8eYbCS7Yn7sNZkVpWn-G8cBh2wh1EepX2ahKMicJzGFarikqFo-n1BbE7mrxbvZGF/s320/gettyimages-537153845_O5nEL5w.jpg" width="249" /></a></div>
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Allora, come spesso accade in casi estremi, un dirigente ebbe un'idea e mandò un funzionario della federazione a cercare un'alternativa. Il giovane funzionario tornò con due varianti blu di casacca, Maradona vide quelle maglie e di quella a strisce di due blu differenti disse: "Quanto è bella questa maglietta. Con questa vinceremo sull'Inghilterra!".<br />La scelta era compiuta e tutti si ritennero soddisfatti.</div>
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Rimaneva un dettaglio, a tutte le maglie mancavano i numeri e il logo dell'AFA.</div>
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I dirigenti chiesero aiuto alla federazione messicana che fornì un progettista per la creazione del logo e una squadra di sarte per ricamarlo sulle maglie insieme ai numeri.</div>
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Il risultato è sotto gli occhi di tutti, infatti se si confrontano le maglie si può notare che il logo della federazione è diverso dall'originale e anche i numeri lo sono, color argento e non bianco e diversi nella grafica.</div>
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Non manca in questa particolare storia l'«ateo» della situazione, ovvero il portiere Pumpido costretto a indossare la sua divisa per tutte le partite del mondiale, il quale dichiarerà: "Ciò che ci preoccupava di meno erano gli abiti che indossavamo. Eravamo interessati solo a vincere, non ci siamo preoccupati di nient'altro". </div>
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Ma non sarà sufficiente a cancellare l'alone di magia che circonda quella partita.</div>
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Ci sono maglie che entrano nella storia. Per il titolo vinto, per l'idolo che l'ha vestita, dalla mossa che è rimasta nella memoria, o semplicemente perché sono modelli unici, improvvisati, mai usati di nuovo. A volte tutti questi fattori si uniscono. E quella maglia era diventata un pezzo raro, di valore inestimabile per chiunque lo indossasse.</div>
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Ma questa storia particolare non è finita.</div>
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Una maglietta del genere, unica, sarà sicuramente conservata in una cassaforte a Buenos Aires, giusto? Sbagliato.</div>
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Il pezzo raro è in "terra nemica": esposto al National Football Museum di Manchester, in Inghilterra. </div>
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"La maglietta viene esposta al National Football Museum di Manchester. Si prendono cura di lei per me, ma la maglia è mia", chi parla è Steve Hodge, centrocampista di quell'Inghilterra.</div>
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Hodge fino a quella partita non aveva scambiato maglie con nessuno, nutre ammirazione per il fuoriclasse argentino e vuole tenersi il momento per sè, al punto che lo scambio non avvenne sul campo ma nel corridoio verso gli spogliatoi.</div>
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"Non sapevo che non fosse la maglia originale dell'Argentina. E non ho idea di quanto possa oggi valere", ha detto.</div>
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Tre decenni dopo, si stima che possa valere più di 500.000 sterline.</div>
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-77777541306290163192012-12-19T12:24:00.000+01:002018-06-28T18:01:46.815+02:00Del mercoledì.<br />
<span style="text-align: justify;">E parliamo di regali, che un certo percorso doveva pur essere concluso.</span><br />
<div style="text-align: justify;">
M’è venuto da pensarci, perché qualche minuto fa, da una utilitaria sono scese tre persone, un uomo, una donna e una bambina di poco più di dieci anni. La classica famigliola proletaria, insomma. Il papà era serio, la mamma dava l’impressione di non poterne già più, la figlia era euforica al limite dell’isteria.</div>
<div style="text-align: justify;">
La prima cosa che ho pensato, è stata: bye bye tredicesima. Poi, con un pizzico di rabbia, ho pensato a quanto era triste quella fotografia. Non l’intenzione dei tre, ma l’obbligo a cui erano costretti.</div>
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Pensavo a quanto sarebbe bello se i doni del Natale fossero il risultato di un lavoro che, magari, dura mesi e costa fatica, ma che costa poco denaro e al cui interno vi è più sentimento di quanto se ne può trovare in qualsiasi oggetto anonimo acquistato all’ultimo momento e solo perché ci si sente obbligati.<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Una roba tipo libro Cuore.</div>
<div style="text-align: justify;">
Una bambola di pezza o una locomotiva di legno, una sciarpa cucita a mano o un bacio.</div>
<div style="text-align: justify;">
E che ci devo fare? Sono romantico.</div>
<div style="text-align: justify;">
Che stupido.</div>
<div style="text-align: justify;">
Invece no.</div>
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Guardiamole, le frotte di umani che si accalcano per negozi. E’ una finzione continuata.</div>
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I genitori, soprattutto i padri, assomigliano a ministri dell’economia che si rivolgono al parlamento: cercate di capire, piccoli onorevoli colleghi, sembrano dire ai figli che, quasi completamente disumanizzati anche loro, hanno individuato l’oggetto a cui più tengono tra quelli meno costosi. Le madri che, sfiorando tessuti, magari sognano una cena in un ristorantino e un improvvisato dopo cena erotico, col marito che le bacia in macchina.</div>
<div style="text-align: justify;">
Questa è una società di merda.</div>
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E dopo averlo ripetuto anche cento volte, non lo si è sottolineato abbastanza.</div>
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E’ una società fondata sul debito e sul desiderio, ovvero entrambe cose non realizzabili. E se non c’è realizzazione, non può esserci soddisfazione o felicità.</div>
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Ma non potrebbe essere altrimenti, perché se il desiderio si realizzasse e il debito estinto, da cosa potrebbe svilupparsi la propulsione che ci fa ingoiare cucchiaiate di ingiustizie con lo spirito di chi adempie il proprio dovere?</div>
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Chiusa questa parentesi di “sociale”, che mi faceva girare i coglioni e dovevo quindi espellere, torniamo al tema: il dono.</div>
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Si, perché l’intenzione era quella di raccontare la mia idea. Vabbè, mi sono fatto prendere la mano.</div>
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Ho perso il conto delle volte in cui ho detto che non sono capace di ricevere.</div>
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Quando ricevo, quando mi viene regalato qualcosa, vengo assalito da un senso di imbarazzo così forte da sentirmi quasi paralizzato. Non so cosa dire e non so cosa fare. Allora, come la stragrande maggioranza dei nostri simili, assumo un atteggiamento classico: ringrazio e sorrido.</div>
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Poi mi sento falso, sporco. Non perché lo sia veramente, ma perché ho l’impressione che non sia abbastanza. Magari che ha regalato, si è scapicollato per trovare quell’oggetto. E io risolvo con un semplice grazie.</div>
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Allora ho scelto di stare dall’altra parte, preferisco dare.</div>
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Che strana sensazione mi ha preso in questo momento, è la prima volta che penso che questo mio atteggiamento sia, in qualche modo, coercitivo. Una prepotenza. Come se quel che faccio io sia migliore di quello che fanno gli altri.</div>
<div style="text-align: justify;">
Bah. Meglio fermarsi qui, che sento sintomi di schizofrenia.</div>
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-73615635190425731712012-12-18T12:23:00.000+01:002018-06-28T18:02:01.243+02:00Annataletutibuoni.<br />
<div style="text-align: justify;">
Puntuale, come il giramento di stomaco che precede una diarrea se si esce sul balcone a pancia nuda in una mattina di fine novembre, è giunto il primo, rituale, scassamento di balle che annunzia l’imminente pranzo del venticinque dicembre.</div>
<div style="text-align: justify;">
”<i>Vieni a pranzo a Natale?</i>”, “<i>No, grazie. vado fuori città</i>”.</div>
<div style="text-align: justify;">
Stop. Interruzione momentanea delle comunicazioni.</div>
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Sospiro di sollievo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma se fosse così semplice comunicare, i produttori di farmaci antistress e anti-gastrite, subirebbero perdite economiche al limite del collasso. E così, magari anche con un pensiero ai lavoratori che nell’eventualità perderebbero il posto, insomma per solidarietà, alla rottura di coglioni bisogna aggiungere un tassello, il senso di colpa.<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Ma il senso di colpa, bisogna anche saperlo usare.</div>
<div style="text-align: justify;">
Nella ricetta per confezionarlo, affinché non cada come un sasso nello stagno provocando null’altro che qualche onda morta, l’ingrediente principale è la colpa. Ma in questo caso, non ce n’è.</div>
<div style="text-align: justify;">
Smash!</div>
<div style="text-align: justify;">
Set, partita, incontro e tutti a casa.</div>
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Si, magari.</div>
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”<i>Chissà se quando morirò, vi riappacificherete tu e tua sorella</i>”, e daje!</div>
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Cercare di ragionare con persone che utilizzano il proprio cervello come se vi fossero compartimenti stagni da cui prendere a piacere, di volta in volta, l’argomento utile, è molto difficile. Ci si prova per anni. Si spera. Poi, esausti, si rinuncia.</div>
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E mi accorgo anche di quanto così profondamente sia stato assorbito il concetto di eterno presente.</div>
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Per mia madre, il passato non esiste. O meglio, esiste solo il passato che le piace ricordare.</div>
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Nel suo passato, che è appunto un eterno presente immutabile, io e mia sorella siamo rimasti all’età preadolescenziale. Giochiamo insieme, frequentiamo la stessa scuola e quindi le stesse persone. Eccetera eccetera.</div>
<div style="text-align: justify;">
Che lei, la sorella, anzi la figlia femmina, nel frattempo abbia, tra le altre cose, partorito due figli, è un dettaglio. E che un discorso simile, ma senza prole, valga anche per il sottoscritto, è un altro insignificante dettaglio.</div>
<div style="text-align: justify;">
Come dettaglio, è anche il fatto che sua figlia da una ventina d’anni preferisca trascorrere le feste con i parenti di suo marito. O, altro piccolo dettaglio, che il sottoscritto non abbia nessun tipo di rapporto con la sorella da una quindicina d’anni.</div>
<div style="text-align: justify;">
Dettagli.</div>
<div style="text-align: justify;">
Nessuno di noi è perfetto, i difetti sono peculiarità caratteriali che ognuno di noi, in certa maniera, sceglie di portare con se nel percorso della propria vita. Si fanno delle scelte e, nella maggior parte dei casi, se ne accettano le conseguenze.</div>
<div style="text-align: justify;">
In molti casi, anche dolorose.</div>
<div style="text-align: justify;">
Perché questo è, forse, l’unico modo di scegliere il tipo di vita che si vuole vivere.</div>
<div style="text-align: justify;">
Poi, certo, potranno non mancare i rimpianti. Ma ogni scelta comporta un prezzo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma saranno cazzi miei?</div>
<div style="text-align: justify;">
Grazie.</div>
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-43306275783147603652012-12-17T12:22:00.000+01:002018-06-28T18:02:20.227+02:00En passant.<br />
<div style="text-align: justify;">
Mentre ascolto un album dei New Order, penso alla situazione in cui mi trovo. E devo dire che non c’è molto da esser felici.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non nego l’influsso del suono New Wave che ritengo un prolungamento del punk ma senza quella finta gioia che l’edonismo reaganiano vorrebbe.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non ho più passioni.</div>
<div style="text-align: justify;">
La politica se ne va a fare nel culo dell’intenzione democratica e civile di una società di merda, che per vivere è costretta a sacrificare i suoi simili.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il lavoro non va malissimo, anzi.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma non mi fido.</div>
<div style="text-align: justify;">
Sorrisi e complimenti non mi sono mai piaciuti, temo. Temo veramente per il futuro.<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
L’amore.</div>
<div style="text-align: justify;">
Per me, l’amore conta molto. Senza, non so stare.</div>
<div style="text-align: justify;">
Qualunque esso sia.</div>
<div style="text-align: justify;">
Se non mi sento amato, sto male.</div>
<div style="text-align: justify;">
E non è che non mi sento amato, la questione è particolare.</div>
<div style="text-align: justify;">
Mi sento amato a tratti.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ho bisogno di passione!</div>
<div style="text-align: justify;">
Di quella passione che ti travolge, che non ti fa capire se hai ancora i piedi a terra.</div>
<div style="text-align: justify;">
Di quella passione che sembra ti stia schiaffeggiando, tanto è voluminosa. Tanto ti prende.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ho bisogno della tua. Passione.</div>
<div style="text-align: justify;">
Di quando mi dai una carezza e sento di avere il potere di fare tutto.</div>
<div style="text-align: justify;">
Buonanotte. </div>
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-35223590994834562152012-12-12T12:21:00.000+01:002018-06-28T18:02:36.017+02:00La coppia (in)felice.<br />
<div style="text-align: justify;">
Solitamente, in una coppia preferisco avere a che fare con la donna.</div>
<div style="text-align: justify;">
E, detta così, da un uomo eterosessuale, potrebbe generare equivoci. Certo, direbbe qualcuno, che scoperta.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma non è di “quello” che voglio dire.</div>
<div style="text-align: justify;">
Preferisco il rapporto con la donna, perché mi ci trovo (quasi) subito ad agio. Una battuta e ci si rilassa.</div>
<div style="text-align: justify;">
Con gli uomini è diverso, probabilmente entra in ballo un certo senso di competizione. E, spesso, molto spesso, il decollo tarda.</div>
<div style="text-align: justify;">
La donna invece, funge da cavallo di Troia.</div>
<div style="text-align: justify;">
Se riesci a entrare nelle sue grazie, anche il compagno cederà.</div>
<div style="text-align: justify;">
La consueta premessa, serve a introdurre un altro discorso.</div>
<div style="text-align: justify;">
Diverse volte, m’è capitato di parlare dei due mostriciattoli che guastano la mia serenità pomeridiana della domenica, Clemente e Clotilde.<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Questa volta, racconterò dei genitori: Andrea e Giorgia.</div>
<div style="text-align: justify;">
Torinese, avvocato e di famiglia mediamente nota nell’ambito della borghesia cittadina, lei; romano, nobile con tanto di avi papi (ducaconte vattelapesca), produttore di un ottimo vino rosso marchigiano (i possedimenti maceratesi della famiglia) e organizzatore di ricevimenti nel castello (sempre di famiglia) sito alle porte della Capitale, lui.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il biondo dei due pargoli è di lui, il carattere rompiminchia e prepotente è di lei.</div>
<div style="text-align: justify;">
Infatti, sono due anime che non si capisce bene quale destino ha unito.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il bianco e il nero. Ma non nel senso orientale di Yin e Yang, ovvero perfezione, metà di mela, completamento.</div>
<div style="text-align: justify;">
No. Nel senso dell’esatto contrario, ovvero lei Omega e lui Tau. In comune, solo l’essere persone.</div>
<div style="text-align: justify;">
E la cosa brutta, è che più si conosce lui e più ci si dispiace della sciaguratezza.</div>
<div style="text-align: justify;">
Verrebbe addirittura da pensare che, in base a chissà quale accordo di natura medievale, siano stati promessi. E chi se l’è presa nel posto dove non batte il sole, è lui.</div>
<div style="text-align: justify;">
Lei è una persona piatta, un mostro come uso dire in questi casi.</div>
<div style="text-align: justify;">
Devo ammettere che in questa descrizione mi sento un pelino stronzo, ma quel che scrivo non è forzato, non ho nulla contro di lei, è verità. Perlomeno, nell’accezione di chi vede i comportamenti quotidiani.</div>
<div style="text-align: justify;">
Amore per i figli: 3 meno.</div>
<div style="text-align: justify;">
Tralasciando i pianti disperati alla scoperta che il primogenito era sordomuto (la stronza di merda!), li tratta proprio male. Urla, mai un abbraccio, mai una carezza.</div>
<div style="text-align: justify;">
L’esperienza di una sorella fasulla come plastica, mi ha vaccinato a determinati comportamenti.</div>
<div style="text-align: justify;">
Riconosco un sorriso falso a chilometri. E questa Giorgia ne dispensa in quantità industriali.</div>
<div style="text-align: justify;">
Andrea è diverso.</div>
<div style="text-align: justify;">
Andrea è una persona, non è un mostro.</div>
<div style="text-align: justify;">
No, non voglio parlare di una persona sopra gli schemi. No. E’ una normalissima persona. Così normale da stupire.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non si smenazza con tecno-cippalippi, non ti parla di stamminchia di eccezionale.</div>
<div style="text-align: justify;">
E’ normale, è una persona.</div>
<div style="text-align: justify;">
E’ uno che quando sorride gli si allargano le pupille, che per me è sintomo di sincerità.</div>
<div style="text-align: justify;">
Vabbé, la wodka ha fatto effetto. Vado a preparare la cena, sennò qualcuno pensa che mi sono innamorato (O__O).</div>
<div style="text-align: justify;">
Buonanotte.</div>
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-45846156305411961022012-12-10T12:20:00.000+01:002018-06-28T18:02:46.641+02:00Non c’entra un cazzo, ma piace ai giovani.<br />
Non sono mai stato bravo nel giuoco del pallone.<br />
Me la cavo, cavicchio. Ma bravo, proprio no.<br />
Eppure non ho mai subito lo smacco di essere rifiutato in una scelta.<br />
Mi spiego meglio.<br />
Anzitutto, sono diligente. Dove mi mettono, sto.<br />
In secondo luogo, riesco a “leggere” le azioni con un certo anticipo. E questo mi permette di intervenire al momento giusto.<br />
Ma torniamo un attimo indietro.<br />
Da bambini, perlomeno nel quartiere dove sono cresciuto, erano due le possibilità per poter essere scelti a far parte di una delle due squadrette e poter giocare a pallone: a) essere proprietari del pallone; b) saper giocare bene.<br />
Nel primo caso, nessun problema se avevo il pallone. Ma il secondo, non era decisamente il mio.<br />
<a name='more'></a><br />
Praticamente da subito compresi che dovevo inventarmi qualcosa.<br />
Rinunciai immediatamente alle velleità da palcoscenico che il ruolo di attaccante offriva, e mi dedicai spassionatamente ai ruoli difensivi. Fortunatamente, negli oratori e nei giardinetti il centrocampista, colui che nel calcio si fa un “culo così”, non è contemplato.<br />
E così, a parte qualche isolato episodio in cui venivo costretto in porta, con diligenza mi specializzai nella difesa.<br />
Il trucco, ma in realtà si tratta di tecnica, era scopiazzato dai migliori difensori professionisti dell’epoca: Brio, Scirea, Gentile, Giacomo Ferri, eccetera.<br />
Nomi non scelti a caso, infatti questi non eccellevano in bravura, ma erano dei picchiatori implacabili. Se un attaccante si trovava nel loro raggio d’azione, non aveva scampo: o era un fuoriclasse o le prendeva di santa ragione.<br />
Insomma, date le mie doti atletiche, degne di un bradipo con la scoliosi, mi piazzo in un punto strategico della porzione di campo difensiva, misuro ad occhio un raggio d’azione e, appena un attaccante, o qualche altro malcapitato della squadra avversaria, si avvicina, se senza palla, mi ci incollo a mò di francobollo, se sferadotato, digrigno i denti (la mimica facciale, spesso, funge da deterrente) e mi scaglio come un treno sulla preda. O meglio, sulle sue caviglie.<br />
Mai fatto male a nessuno, però. Sono delicato, ma implacabile. Feroce, ma pulito (come usa dire in gergo).<br />
Vedersi arrivare addosso una valanga con le scarpe chiodate, non è proprio bello. E nella maggior parte dei casi, una spallata o una panciata sono sufficienti a far desistere il temerario.<br />
Così per due o tre azioni, poi gli avversari capiscono di dover cambiare versante e si spostano sull’altra fascia.<br />
E io faccio un figurone.<div class="blogger-post-footer">http://lurtzs.blogspot.com
Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-5206000642025001822012-12-07T12:19:00.000+01:002018-06-28T18:02:59.915+02:00Il mio Natale. (si, è gelosia la mia…)<br />
<div style="text-align: justify;">
I bastardi non hanno tradizioni.</div>
<div style="text-align: justify;">
Volendo, posseggono brandelli di identità. Ma, proprio perché in qualche modo laceri, non esistono appieno.</div>
<div style="text-align: justify;">
Allora può capitare che, pur di sentirsi vivi, ci si aggrappi a quelle altrui. Non ti appartengono, ma te le fai piacere. E appartenere.</div>
<div style="text-align: justify;">
Anche se il discorso viaggerà in quella direzione, perché una direzione doveva prenderla in fin dei conti, non si tratta del solito e zuccheroso piagnucolìo pre natalizio.</div>
<div style="text-align: justify;">
La festa, le festività, sono ornamenti laterali. Sono mezzi, anzi cornici. Ma nulla hanno a che vedere col pensiero che mi frusta in questo momento.</div>
<div style="text-align: justify;">
Nonostante gli sforzi, non ho ricordi vividi delle feste natalizie in famiglia. Tolto qualche episodio relativamente recente.<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Può darsi che sia dovuto a una sorta di rimozione, per via delle vicende della mia famiglia. Non credo. Senza chissà quale vanto di capacità di astrazione, ritengo di essere in grado, oramai, di scindere il ricordo da quel che in età adolescenziale mi provocava qualche, comprensibile, fastidio.</div>
<div style="text-align: justify;">
No.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non c’entra nulla.</div>
<div style="text-align: justify;">
In realtà, è che, a causa di impegni professionali, da un lato, e menefreghismo assoluto, dall’altro, il Natale, quello tradizionale classico radicato nell’immaginario collettivo, e di fatto, anche nella realtà concreta, a casa mia, non s’è mai festeggiato.</div>
<div style="text-align: justify;">
A parte, come dicevo, nel passato recente che mi riporta i relativi ricordi di cui sopra e che vedremo avanti.</div>
<div style="text-align: justify;">
Così, a mente fredda, ripensandoci ora, sono dell’idea che mio padre (soprattutto, ma anche mia madre alla fine) non avesse una propria idea di cosa è la cosiddetta “famiglia” dal punto di vista del padre (capofamiglia, se vogliamo, nell’accezione legale della questione). Non è questa una colpa che gli imputo. Non sarebbe corretto.</div>
<div style="text-align: justify;">
Da quello che il mito racconta, alla tenera età di 13 anni abbandonò la famiglia (non stupisca la oggi considerata verde età, stiamo parlando della metà degli anni Cinquanta) nel natìo borgo in Sardegna, probabilmente, parlo per ipotesi perché il mito si è tramandato oralmente, per cui è possibile l’aggiunta o la sottrazione di fasti o sconfitte, per navigare alla volta del continente in cerca di un futuro migliore rispetto alla prospettiva della miniera (si parla di Sulcis-Iglesiente).</div>
<div style="text-align: justify;">
Tre sesti di “fratellanza” si insediarono a Genova e, tolti i due che sono rimasti in Sardegna, mio padre giunse fino a Torino.</div>
<div style="text-align: justify;">
Mi affascina questo raccontare con il fare dello storico (sorrido).</div>
<div style="text-align: justify;">
Andiamo avanti.</div>
<div style="text-align: justify;">
Anzi, stringiamo che sennò mi perdo nei rivoli.</div>
<div style="text-align: justify;">
Giungiamo al dunque, tralasciando particolari anche gustosi (quando mi capita di leggerne vorrei non finissero, ma è divertente lasciare un alone di mistero…..altra risata gustosa…).</div>
<div style="text-align: justify;">
Insomma, dicevo a parte recenti ricordi, non ho memoria natalizia.</div>
<div style="text-align: justify;">
La mia tradizione del Natale è legata a una famiglia che, e spero di non risultare offensivo, non ha niente a che fare con me.</div>
<div style="text-align: justify;">
La cosa particolare, strana se vogliamo, ma che ritengo molto bella, è che invece mi attrae come se fosse la mia vera famiglia.</div>
<div style="text-align: justify;">
Sinceramente non saprei dire da quanti anni va avanti questa “nuova” tradizione, di fatto l’ho assunta come la “mia tradizione”.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ok, sembra una leccata e me ne dolgo, perché non è quello l’intento.</div>
<div style="text-align: justify;">
In certa maniera, sono stato “adottato” dalla famiglia del mio migliore amico.</div>
<div style="text-align: justify;">
Loro sono campani, lui, il padre, Matteo, se non mi sbaglio è d’origine pugliese, Foggia, se non faccio confusione; lei, la mamma, Teresa, è campana. Anzi, campanissima!</div>
<div style="text-align: justify;">
Della provincia di Salerno.</div>
<div style="text-align: justify;">
{scrivo sotto effetto di wodka e non ricordo il nome del paese}</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma veniamo al dunque,</div>
<div style="text-align: justify;">
Cosa succede?</div>
<div style="text-align: justify;">
Succede la cosa più normale, e per questo eccezionale in una società soggiogata dall’individualismo più feroce che ogni altro scampolo di storia possa ricordare, non si chiede un cazzo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Si, non esiste traccia dell’odioso “do ut des” che verrebbe anche (sigh!) spontaneo in questa merda assoluta che ricopre le nostre facce.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non esiste imposizione. Non c’è traccia di richiesta.</div>
<div style="text-align: justify;">
C’è solo offerta.</div>
<div style="text-align: justify;">
Nella maniera, e qui mi permetto di sottolineare il caratttere, se vogliamo anche spontaneista ma sincero, del cuore proletario.</div>
<div style="text-align: justify;">
Se volessimo ricercare proverbialità, potremmo citare il “se si mangia in due si mangia in quattro”.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il dono, insomma.</div>
<div style="text-align: justify;">
Una cosa che nessun manuale e nessuna regola può determinare.</div>
<div style="text-align: justify;">
Loro mi accolgono come un membro della famiglia, magari non è esattamente così (lo capisco, ci mancherebbe). Ma la semplicità e la spontaneità fanno pensare a questo.</div>
<div style="text-align: justify;">
E io trascorro i più bei “natali” della mia vita.</div>
<div style="text-align: justify;">
Tutto questo, che non è una scusa ma un riconoscimento, mi serve a chiedere scusa per l’anno passato in cui ho tradito.</div>
<div style="text-align: justify;">
Dovrò sforzarmi di trovare una maniera per farmi perdonare.</div>
<div style="text-align: justify;">
Perché sono un bastardo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non ho tradizione né identità, ma è questa la mia famiglia.</div>
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-21066643703907775472012-11-27T12:15:00.000+01:002018-06-28T18:03:35.915+02:00Antonietta, l’ameba e il barboncino Bigùdin.<br />
Hai presente quando leggi qualcosa e pensi: “<i>cacchio, io li conosco due così!</i>” ?<br />
Ecco, questo è il caso.<br />
E se volessi anche fare il pettegolo, aggiungerei che la lei soffre di carenza di sesso.<br />
«<i>Nell’immaginario collettivo una coppia di portinai, binomio costituito da entità talmente insignificanti che solo la loro unione le rende manifeste, possiede quasi certamente un barboncino.</i><br />
<a name='more'></a><br />
<i>Come tutti sanno, i barboncini sono quella razza di cani riccioluti che appartengono a pensionati qualunquisti, signore molto sole che vi riversano il loro affetto, o portinai barricati nelle loro guardiole buie. Possono essere neri o color albicocca. Quelli albicocca sono più bisbetici di quelli neri, che invece puzzano di più. Tutti i barboncini abbaiano astiosi per un nonnulla, ma in particolare quando non succede niente. Seguono il padrone trotterellando su tutte e quattro le zampe rigide senza muovere il resto di quel piccolo tronco a salsiccia che si ritrovano. E soprattutto hanno occhietti neri e collerici, conficcati in orbite insignificanti. I barboncini sono brutti e stupidi, sottomessi e sbruffoni. Sono barboncini.</i><br />
<i>Anche la coppia di portinai, di cui il barboncino totemico è la metafora, sembra priva di passioni quali l’amore e il desiderio e, come il totem stesso, destinata a rimanere brutta, stupida, sottomessa e sbruffona. Se in certi romanzi i principi si innamorano di operaie o le principesse di galeotti, tra due portinai, anche di sesso opposto, non nascono mai idilli degni di essere raccontati da qualche parte, come accade per gli altri.</i>»<div class="blogger-post-footer">http://lurtzs.blogspot.com
Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-88312222957546884702012-11-27T12:12:00.000+01:002018-06-28T18:03:50.013+02:00Impotenza.<br />
Impotenza, non riguarda solo la sfera sessuale.<br />
Impotenza, è arrivare a fine giornata senza nemmeno la voglia di addormentarsi. Che tanto non serve a nulla.<br />
Impotenza, è svegliarsi al mattino e pensare subito a quando arriverà la fine di un’altra giornata.<br />
Impotenza, diventa sinonimo di depressione. Nel senso di apatia, di non voglia di fare.<br />
Nei confronti di tutto. Perché ogni sforzo è vano.<br />
Personalmente, sono sempre stato, e anzi probabilmente lo sono ancora, disposto al sacrificio, a rinunciare ad avere qualcosa nell’immediato, per godermelo alla fine.<br />
Ad esempio, penso ad una sciocchezza, fino a qualche tempo fa, per quanto riguarda il cibo tenevo da parte l’estremo godimento per il boccone finale. Ora, non me ne preoccupo più. Tanto non cambia nulla.<br />
<a name='more'></a><br />
Disposto al sacrificio.<br />
Nel lavoro.<br />
Per anni ho subito anche angherie, a volte, perché fiducioso che mi avrebbe reso il conto.<br />
Una volta ottenuta la Licenza Media, mio padre, prima di separarsi da mia madre e costringerci a sacrifici ben più gravi di quelli che avevo in mente, mi chiese cosa avrei voluto fare del mio futuro, se continuare negli studi o iniziare a lavorare. Uno sciagurato, insomma. Anzi, un autentico vigliacco. Che invece di assumersi delle responsabilità di padre, abdica.<br />
Ad ogni modo, la mia scelta ricadde sul lavoro. E scelsi, differentemente dal mestiere suo, ossia il cuoco, di fare il barman.<br />
Con entusiasmo.<br />
Dalla gavetta più dura, ai limiti del nonnismo militaresco. Con la speranza, ma anche la convinzione data dal momento storico che ancora sosteneva determinate visioni, che il sacrificio mi avrebbe portato benessere, se non propriamente economico almeno professionale. Ed era quello a cui miravo, senza nascondere una certa natura idealista.<br />
Ma, una volta giunto a livelli professionali apprezzabili, per cause, di salute prima e di carenza di posti e d’orgoglio professionale poi, ho scelto (dovuto) abbandonare tutto.<br />
Quasi venti anni di sacrifici buttati via.<br />
E siamo nuovamente all’impotenza.<br />
Stringere un pugno d’aria.<br />
Come penso oggi a tutti gli anni di lavoro che ho svolto e che ancora dovrò svolgere, con la chimera della pensione d’anzianità.<br />
Sembra sciocco pensare a quarantanni a quando si sarà vecchi. Ma è questa la pena dell’Uomo. Perché, nonostante i cambiamenti in corso, la conservazione della specie rimane ancora un fine antropologico.<br />
E ci si sente impotenti.<br />
{poi, magari, un’altra volta parlerò di altra impotenza…nemmeno questa riguardante la sfera sessuale, non solo perlomeno…}<div class="blogger-post-footer">http://lurtzs.blogspot.com
Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-8440709520430053332012-11-24T12:11:00.000+01:002018-06-28T18:04:10.772+02:00Per me, smarchetta. Con eleganza, ma smarchetta!<br />
“<i>Lei non fa bene il suo lavoro</i>”, queste le parole che un’inquilina mi disse una volta, per complimentarsi della mia discrezione.<br />
“<i>Ma di </i>[…] <i>non si è mai lamentato nessuno? Impicciarsi, sapere, è il suo lavoro. Lei dovrebbe saperlo!</i>”, queste, invece, le parole che un grandissimo maleducato mi ha rivolto ieri pomeriggio chiedendomi informazioni riguardo a un inquilino dello stabile dove lavoro.<br />
Eh già, in effetti, da un certo punto di vista, ammetto di non adempiere a determinate aspettative che il mio lavoro, ovviamente a detta altrui e di una certa proverbialità, imporrebbe.<br />
<a name='more'></a><br />
Non faccio la còmare. Mi faccio i cazzi miei, insomma.<br />
Certo, so tutto di tutti, soprattutto perché tizio e caio non perdono tempo a informarmi, ma me lo tengo per me o comunque non metto i manifesti, come usa dire.<br />
Tuttavia, tuttavia.<br />
In special edition, tipo saldi di stagione, questa volta voglio spettegolare.<br />
Eh…perché certi movimenti mi sfruculiano la fantasia.<br />
A me, non la conta….cara signora.<br />
Tutto quel via vai di perfetti sconosciuti, in alcuni pomeriggi.<br />
Capisco la crisi e la necessità di arrotondare. Ma come mai quel cambio di umore, che vi fa salire in punta di piedi e scendere con sorrisi a settantadue denti?<br />
Eh, birichina.<div class="blogger-post-footer">http://lurtzs.blogspot.com
Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-10692719820025033142012-11-19T12:10:00.000+01:002018-06-28T18:04:28.763+02:00Non conosco delusione.<br />
Sembra strano. Chi non è mai stato deluso, in fondo?<br />
Invece è proprio così. Non conosco delusione.<br />
Perché delusione prevede aspettativa, e io non ho mai nutrito alcun genere di aspettativa. Né nei confronti di altre persone né per quanto riguarda le situazioni.<br />
Mi adatto e mi regolo in conseguenza di quello che mi si pone dinnanzi.<br />
Certo mi piace sognare, immaginare, costruire castelli per aria. Ma nel farlo sono sceneggiatore e mai regista. Il regista è sempre qualcun altro, che manipola anche la sceneggiatura. Io poi guardo i giornalieri e me li faccio piacere.<br />
<a name='more'></a><br />
Perché, se è vero che non conosco delusione in entrata, non mi piace deludere in uscita.<br />
E’ come se non esistessi. O meglio, esisto solo se mi si tira fuori dall’armadio.<br />
Insomma, non sono una bistecca ma le eventuali patatine. Sono un contorno. Come gregario sono eccellente, come capo squadra non valgo un fico secco.<br />
Ma questo non significa che non posseggo una personalità. No, la posseggo. E’ solo che me la tengo per me. Non mi piace urtare.<br />
Il compromesso è il mio terreno favorito.<br />
Ecco. Forse è così.<br />
Che comunque, non significa non farsi valere.<div class="blogger-post-footer">http://lurtzs.blogspot.com
Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-15713963469461611342012-11-14T12:09:00.000+01:002018-06-28T18:04:46.570+02:00Porco Diavolo!<br />
L’imprecazione fa ridere.<br />
Porco di qua, porco di là. E giù sghignazzi.<br />
Si tratta di una particolare forma di esorcismo, un rifiuto verso la religione e, soprattutto, nei confronti del clero. ma lo trovo fastidiosamente infantile.<br />
Quando mio padre spadroneggiava ancora gli eventi della mia famiglia, capitava spesso di trascorrere il fine settimana a Genova presso la famiglia della sua unica sorella, i fratelli maschi sono cinque, la zia Angela. Noi bambini eravamo felici di incontrare i coetanei cugini, a mia madre sembrava non dispiacere la compagnia della cognata, e lui spariva insieme con lo zio Bruno per intere notti a caccia di anguille. Se andava bene, la domenica a cena le mangiavamo cotte alla griglia, prima di ripartire verso casa.<br />
<a name='more'></a><br />
Nel frattempo, ignari e, soprattutto, non interessati a tutto quello che succedeva, io, mia sorella, mio cugino Marco e mia cugina Michela, passavamo le giornate a giocare sul pianerottolo e lungo le scale del palazzo.<br />
E la sera, accampati in brandine da campeggio nella loro camera, ci si addormentava schiamazzando fino a quando qualcuno dei grandi non veniva a sgridarci.<br />
Un particolare ricordo è quello legato a quando, avevamo tutti intorno ai sette anni, mio cugino Marco, nel consueto input alla schiamazzata disse sottovoce: “Scureggia!”.<br />
E giù tutti a ridere.<br />
Non sono cattolico, non credo in Dio e non sopporto la cleraglia.<br />
E tuttavia, non sopporto la bestemmia.<br />
Semplicemente perché non mi fa ridere. Non ho più otto anni, nemmeno “scureggia” mi fa più ridere.<br />
Ora, detta così sembra la protesta del bacchettone di turno, del moralista. No, tutt’altro.<br />
Non mi scandalizza un “porco qua”, sfuggito a chi si pesta un dito sotto un martello. Ma considero fessa provocazione il “porco quello” usato per spaventare le vecchine. E’ come quei personaggi che indossano la maglietta con l’effigie di Che Guevara, quando vanno ad una manifestazione.<br />
Non ho mai sentito pronunciare una parolaccia da mio padre. Era rozzetto e spesso gli si sentiva fare commenti boccacceschi riferendosi a qualche soubrettina scollacciata in tivù.<br />
Di tanto in tanto, una famigliola di suoi compaesani sardi veniva a trovarci. E capitava che dopo cena guardassero la tivù insieme. Ricordo risa sguaiate e versi di giubilo, quella volta in cui Heater Parisi, ballando durante la sigla iniziale di un Fantastico, alzò la gamba fino a tenersi la caviglia ad altezza d’orecchio. Ma mai una parolaccia.<br />
E dopo, quando se ne andò e io e mia sorella eravamo oramai cresciuti, ci fu solo un episodio con ceffone incorporato quando, avevo diciassette anni e durante una accesa discussione, mi scappò un vaffanculo all’indirizzo di mia madre.<br />
Solo un fatto mi aveva scioccato da bambino, sentire lo zio Dino lanciare un “porca puttana!”. Mi sembrava una cosa così grave che la ricordai per anni.<br />
Perciò, può anche darsi che l’abitudine a un certo linguaggio dipenda anche dall’educazione ricevuta, ma con questo non voglio dire che chi impreca debba passare per chissà quale maleducato.<br />
Non so.<br />
Per ora, mi limito a dire che non ci trovo alcunché di divertente. Nemmeno politicamente scorretto.<div class="blogger-post-footer">http://lurtzs.blogspot.com
Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-80839106675077976852012-11-13T12:08:00.000+01:002012-12-24T12:08:48.643+01:00Servire, non sempre equivale a esser servi.<br />
Si arriva a un certo punto e si comincia a pensare. Al passato, in molti casi. A quello che si è fatto, a quello che non si è fatto, a quello che si è riusciti a ottenere e a quello che ci si è fatti sfuggire. A quello che si avrebbe voluto e a quello che ci si è accontentati di avere.<br />
La vita è fatta di scelte, continuamente. E, nella maggior parte dei casi, sono scelte di altri a cui si deve sottostare. Volenti o nolenti. Alla fine, addirittura, ce le facciamo piacere. Per paradosso.<br />
E si finisce a pensare.<br />
Non è casuale.<br />
Si inizia a pensare per due motivi, soprattutto. O perché si rimpiange o perché si è raggiunto un livello di serenità interiore che spinge a credere di essere padroni della propria vita.<br />
In molti casi, chi guarda da fuori vede un atteggiamento arrendevole, un accontentarsi fingendo soddisfazione per non tornare ad esser delusi.<br />
Ma che ne sanno costoro? Nulla. Proprio nulla.<br />
La vita di ognuno è solo di quell’uno e nessun altro può immaginarsela.<br />
Può capitare a qualcuno di pensare al tempo perduto. A quello che si è fatto sfuggire o a quello che per scelta d’altri ha dovuto rinunciare.<br />
L’adolescenza, ad esempio.<br />
Un tempo in cui, pensi dopo, ci si sente spensierati. Liberi.<br />
La strizzata di culo al pensiero d’essere interrogati, il primo bacio con la compagna di classe, il semplice stare insieme e vivere ogni giorno con i coetanei. Insieme con tutto quello che è bello e con quello che è brutto.<br />
Ecco, per me, l’adolescenza è questo. Il vivere con i propri coetanei la scoperta del mondo e della vita.<br />
Manca.<br />
Perché capita di crescere più in fretta degli anni che si hanno, di dover essere investiti da responsabilità che non possono appartenere a un quattordicenne. E la vita si fa routine senza più la sorpresa di niente, tranne il salario alla fine del mese.<br />
Non esistono riti. Il primo bacio, lo dimentichi. La prima volta che hai fatto l’amore ti sembra squallida, e rimuovi dalla memoria anche quella.<br />
Gli anni passano e l’unica consolazione è il credere al futuro. “<i>Mi rifarò</i>”, ti dici.<br />
”<i>Qualche sacrificio, ancora un po’ di sforzo e poi verrà il momento in cui potrò vivere la mia vita</i>”, pensi. E ti illudi.<br />
Ma la speranza ti da la forza di andare avanti, oltre l’inerzia.<br />
Poi, col tempo, piano piano e senza sconti, si arriva a credere di essere padroni del proprio tempo e della propria vita.<br />
Magari un’altra illusione, ma utile. Necessaria.<br />
Ti senti vaccinato a quasi tutto, o perlomeno pronto.<br />
E l’occasione si presenta.<br />
Arriva dal nulla, come un cazzotto al buio.<br />
Ti stordisce. Provi a riprenderti, ti scuoti. Apri gli occhi, ma sei ancora stordito. Non sai cosa fare. L’istinto ti fa allungare la mano, ma fatichi a vedere. Annaspi e cerchi qualcosa da toccare. “<i>Vieni qui, cazzo!</i>”, pensi.<br />
E non vuoi fartela scappare.<br />
Non perché pensi che sia l’ultima. Ma perché sei sicuro che sia quella giusta, quella che hai aspettato per tutta la vita.<br />
E non ti sembra d’essere più servo. Vuoi servirla, ma per ricavarne piacere.<br />
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-32149884845508931352012-10-26T12:03:00.000+02:002012-12-24T12:05:12.872+01:00Fame? No.<br />
Fortunatamente, non aveva mai sofferto la fame. Nemmeno quella fame di cui si parla riferendosi all’appetito.<br />
L’unica fame che conosceva era quella che proverbialmente viene mangiando.<br />
Nessun problema di nutrizione, quindi.<br />
Mangiava con regolarità quotidiana e, nei momenti in cui sentiva il bisogno di qualcosa in più, non aveva problemi a saziarsi autonomamente.<br />
Di sicuro non era un cacciatore né un raccoglitore, era piuttosto un trovatore. Si un trovatore, nel senso che si faceva trovare dal cibo che aveva voglia di mangiare<br />
Ma non si accontentava, anzi. Infatti, se la pietanza non era di suo gradimento, lui la rifiutava.<br />
Semplicemente perché non soffriva la fame.<div class="blogger-post-footer">http://lurtzs.blogspot.com
Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-60399552189068869322012-10-24T12:03:00.000+02:002012-12-24T12:03:52.143+01:00Pensierino stronzo del mattino.<br />
Sono stato diligente per molto tempo.<br />
Dormivo. O forse era placenta.<br />
Poi, un giorno mi sono svegliato.<br />
Ho conosciuto lei.<br />
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-74230560194685237812012-10-18T12:02:00.000+02:002012-12-24T12:03:05.831+01:00San Luca.<br />
Il risultato di tutte le nostre scoperte e del nostro progresso sembra essere che le forze materiali vengono dotate di vita spirituale e l’esistenza umana avvilita a forza materiale.<br />
(Karl Marx)<br />
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Conforti efficacissimi della vecchiaia sono le arti e la pratica delle virtù, le quali anche nella più tarda età sono feconde di stupendi vantaggi, perché la coscienza libera di rimorsi e la memoria d’avere operato il bene sono dolcissima soddisfazione dell’uomo.<br />
(Cicerone)<br />
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-79717921492454502732012-10-09T12:00:00.000+02:002012-12-24T12:00:43.371+01:00Occhio nel cielo.<br />
«Hamilton tornò a immergersi nei suoi pensieri e registrò un’altra informazione nel suo archivio di saggezza. In quel mondo la categoria dei clacson era stata abolita. Su quella strada, a quell’ora, con tutti i pendolari che tornavano a casa, c’era sempre qualcuno che suonava. Adesso non più.<br />
Nel suo sforzo di ripulire i mali del mondo, Edith Pritchet aveva sradicato non dei semplici oggetti, ma intere categorie. Probabilmente, in qualche luogo e in qualche tempo ormai lontani, era stata disturbata dallo strombazzare di un camion. Adesso, nella accogliente versione fantastica di quel mondo, cose del genere non esistevano più. Anzi, non esistevano, e basta.»<br />
(<i><b>P.K.Dick</b>: Eye in the Sky, 1957</i>)<br />
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Lurtz S.</div>Lurtz S.http://www.blogger.com/profile/04816078638924917063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2331494260256483791.post-43184506105030707002012-10-07T11:59:00.000+02:002012-12-24T11:59:30.613+01:00L'impressione.<br />
Ho sempre avuto l’impressione<br />
che fossimo vicini, come due frutti<br />
usciti dallo stesso ramo.<br />
Il giorno si leva mentre ti scrivo,<br />
il tuono brontola dolcemente,<br />
la giornata sarà piovosa.<br />
Ti immagino mentre ti raddrizzi<br />
sul tuo letto.<br />
Questa angoscia che senti, io la sento<br />
allo stesso modo.<br />
La notte ci abbandona<br />
la luce delimita<br />
di nuovo le persone<br />
Le persone piccolissime.<br />
{<b><i>Michel Houellebecq</i></b>}<br />
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Ci sono vincenti e ci sono perdenti.<br />
Io sono un pareggiante.<br />
Si, senza dubbio sono un pareggiante.<br />
Sia chiaro, non è che non provo piacere nel vincere, di tanto in tanto. Ma non amo la competizione.<br />
Se si gioca a carte, il mio obiettivo è il divertimento non la vittoria. Mi interessa la vittoria, ma solo perché mi diverte lo scambio di sfottò tra amici.<br />
Non amo perdere, però.<br />
Soprattutto, mi disturba quando mi accorgo che l’avversario persegue l’umiliazione per lo sconfitto.<br />
E così, si rovina il gusto per il gioco.<br />
Ma anche in altre attività, non amo la competizione.<br />
Nel lavoro, nelle discussioni, nel rapporto con altre persone siano esse del mio o del sesso opposto.<br />
Forse, la verità è che non mi piace un risultato a sfavore, una sconfitta. Allora rinuncio alla competizione.<br />
Sarà un pensiero da perdenti?<br />
Bah!<br />
Preferisco da pareggiante.<br />
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La felicità esiste, ne ho le prove.<br />
Però non dura molto, più che altro sono momenti.<br />
Ad esempio, oggi. Ecco oggi, stasera, ero tutto sommato contento, non so se felice, ma contento. Anzi, no. Ero felice.<br />
Non so il perché, in fin dei conti non è che la mia sia una di quelle vite da definire eccezionali. Eppure ero felice.<br />
Che ne so?!<br />
Avevo sentito la mia ragazza, quel pasticcino di donna, nel pomeriggio.<br />
Insomma, mi sentivo bene. Bello e rilassato.<br />
Arrivo a casa, volevo fare una doccia.<br />
Mi tolgo le scarpe e…<br />
E mi crolla il mondo addosso.<br />
Un buco nel calzino.<br />
La felicità esiste. E ne ho le prove.<br />
Ma dura poco, più che altro momenti.<br />
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Lui - “E’ già inverno!”<br />
Lei - “Come dice?”<br />
Lui - “Meglio trenta gradi tutto l’anno!” (alza la voce)<br />
Lei - “Ah, si. Meglio il caldo.”<br />
<br />
Lui se ne va borbottando e lei si rivolge a me.<br />
- “Non ho capito niente, ma cos'è ubriaco?”.<br />
<br />
<br />
Dialoghi tra diversamente udenti.<br />
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…se ogni giorno,<br />
ogni ora<br />
senti che a me sei destinata<br />
con dolcezza implacabile.<br />
Se ogni giorno sale<br />
alle tue labbra un fiore a cercarmi,<br />
ahi, amor mio, ahi mia,<br />
in me tutto quel fuoco si ripete,<br />
in me nulla si spegne né si dimentica,<br />
il mio amore si nutre del tuo amore, amata,<br />
e finché tu vivrai starà tra le tue braccia<br />
senza uscire dalle mie.<br />
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E’ come se fossimo rami.<br />
Consapevoli della nostra esistenza, ma che ignorano l’esistenza delle radici.<br />
Non le vediamo e non sentiamo la necessità di interrogarci sulla loro importanza, fondamentale perché senza di esse non potremmo esistere.<br />
Quando una di queste viene a mancare, si scopre dolorosamente l’importanza dell’identità e ci si rende conto della non eternità della natura.<br />
Ciao nonna.<br />
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Da quando vivo da solo, devo aver sviluppato una sensibilità ai suoni che non m’ero mai accorto di possedere.<br />
Non sto parlando di chissà quale capacità uditiva o percezione musicale. No, semplicemente ho l’impressione che i miei orecchi siano più attenti ai suoni.<br />
Ma non è una questione, diciamo così, meccanica. Non dipende dal “semplice” sentire.<br />
Si tratta di ascoltare ed è, questo lo riconosco, dipendente dalla psiche, se così si può dire.<br />
Il fatto è che trascorro molto più tempo di prima, in silenzio. E stando in silenzio, non parlando o parlando poco con altre persone, ascolto con più attenzione i miei pensieri, perciò i suoni esterni, qualsiasi essi siano, mi giungono amplificati in maniera, a volte, addirittura fastidiosa.<br />
I suoni, forse è più appropriato definirli rumori, della casa, ad esempio. La ventola del frigorifero che si accende e spegne, lo scricchiolio del legno della scala. Oppure, ma in questo caso riesco ad averne il controllo, il volume della televisione. A volte, mi allarmano.<br />
In alcuni casi, invece, parlando con altre persone, mi capita di rendermi conto di fare delle lunghe pause prima di rispondere a mia volta. Perché mentre l’interlocutore si rivolge a me, rifletto mentalmente su quello che mi viene detto e svolgo una discussione “interna”.<br />
Mi auguro non siano sintomi di follia.<br />
Pensavo a tutto questo, perché domani tornerò al lavoro dalle ferie, e l’idea di sentire di nuovo voci, suoni e rumori, che nel periodo di vacanza non facevano parte del mio mondo, mi infastidisce e non poco.<br />
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