domenica 25 settembre 2011

Karel Kosik, "Dialettica del concreto"

[...] L'atteggiamento primordiale e immediato dell'uomo nei confronti della realtà non è quello di un astratto soggetto conoscente, di una testa pensante che considera la realtà speculativamente, bensì quella di un essere che agisce oggettivamente e praticamente, di un individuo storico, che esercita la sua attività pratica in rapporto con la natura e con gli altri uomini, e persegue l'attuazione dei propri fini e dei propri interessi entro un determinato complesso di rapporti sociali. Pertanto la realtà non si presenta dapprima all'uomo sotto l'aspetto di un oggetto da intuire, da analizzare e da comprendere teoricamente - il cui polo opposto e complementare è appunto l'astratto soggetto conoscente, che esiste fuori del mondo e appartato dal mondo - ma come il campo in cui si esercita la sua attività pratico-sensibile, sul cui fondamento sorgerà l'immediata intuizione pratica della realtà. Nel rapporto pratico-utilitaristico con le cose - in cui la realtà si svela come mondo dei mezzi, dei fini, degli strumenti, delle esigenze e degli sforzi per soddisfarle - l'individuo "in situazione" si crea delle proprie rappresentazioni delle cose ed elabora tutto un sistema correlativo di nozioni che coglie e fissa l'aspetto fenomenico della realtà.
Ma "l'esistenza reale" e le forme fenomeniche della realtà - che si riproducono immediatamente nella testa di coloro che realizzano una prassi storica determinata, come complesso di rappresentazioni o categorie del "pensiero comune" (che soltanto per "barbara abitudine" vengono considerate concetti) - sono diverse e spesso assolutamente contraddittorie con la legge del fenomeno, con la struttura della cosa e cioè col suo nucleo interno essenziale e col concetto corrispondente. Gli uomini usano il denaro e con esso eseguono le transazioni più complicate, senza nemmeno saper nè essere tenuti a saper cos'è il denaro. Quindi la prassi utilitaria immediata e il senso comune ad essa corrispondente mettono gli uomini in condizione di orientarsi nel mondo, di familiarizzarsi con le cose e di maneggiarle, ma non procurano loro la *comprensione* delle cose e della realtà. Per questa ragione Marx può scrivere che coloro i quali determinano effettivamente le condizioni sociali si sentono a loro agio, come un pesce nell'acqua, nel mondo delle forme fenomeniche, estraniatesi ala loro connessione interna e assolutamente incomprensibili in tale isolamento. In ciò che è intimamente contraddittorio essi non vedono nulla di misterioso, e il loro giudizio non si scandalizza minimamente di fronte all'inversione di razionale e irrazionale. La prassi di cui si tratta in questo contesto è storicamente determinata e unilaterale, è la prassi frammentaria degl'individui, fondata sulla divisione del lavoro, sulla ripartizione della socetà in classi e sulla gerarchia di posizioni sociali che su essa s'innalza. In questa prassi si forma tanto l'ambiente materiale determinato dall'individuo storico, quanto l'atmosfera spirituale in cui l'apparenza superficiale della realtà viene fissata come mondo della pretesa intimità, confidenza e familiarità in cui l'uomo si muove "naturalmente" e con la quale ha a che fare nella vita d'ogni giorno.
Il complesso dei fenomeni che affollano l'ambiente quotidiano e la comune atmosfera della vita umana, che con la loro regolarità, immediatezza ed evidenza penetrano nella coscienza degli individui agenti assumendo un aspetto indipendente e naturale, costituisce il mondo della pseudoconcretezza.
Ad esso appartengono:
il mondo dei fenomeni esteriori, che si svolgono alla superficie dei processi realmente essenziali;
il mondo del trafficare e del manipolare, cioè della prassi feticizzata degli uomini (la quale non coincide con la prassi critica rivoluzionaria dell'umanità);
il mondo delle rappresentazioni comuni, che sono proiezioni dei fenomeni esterni nella coscienza degli uomini, prodotto della prassi feticizzata, forme ideologiche del suo movimento;
il mondo degli oggetti fissati, che danno l'impressione di essere condizioni naturali e non sono immediatamente riconoscibili come risultati dell'attività sociale degli uomini.
Il mondo della pseudoconcretezza è un chiaroscuro di verità e inganno. Il suo proprio elemento è il doppio senso. Il fenomeno indica l'essenza e contemporaneamente la nasconde. L'essenza si manifesta nel fenomeno, ma soltanto in modo inadeguato, parzialmente, oppure solo per certi lati e certi aspetti. Il fenomeno rimanda a qualcosa d'altro da se stesso, e vive soltanto grazie al suo contrario. L'essenza non è data immediatamente: è mediata dal fenomeno e pertanto si manifesta in qualcosa d'altro da se stesso. L'essenza si manifesta nel fenomeno. Il suo manifestarsi nel fenomeno rivela il suo movimento e dismostra che l'essenza non è inerte e passiva. ma proprio allo stesso modo il fenomeno rivela l'essenza. La manifestazione dell'essenza è appunto l'attività del fenomeno.

(Karel Kosik, Dialettica del concreto)

1 commento:

Anonimo ha detto...

il libro di Kosìk è un testo di inaspettata attualità, un invito a non fidarsi del pensiero dominante, qualunque esso sia.