venerdì 17 luglio 2009

UNA LEGGERA CRITICA.

Ho letto un'intervista di Mattia Feltri, su La Stampa, al ministro Gelmini, dal titolo: "Gelmini: i cinque in condotta? E' l'addio al '68".
Su questo punto mi trovo in parte d'accordo, nel senso "del lassismo e del buonismo" e di quella "cultura che ha prodotto il sei politico, il diciotto politico, che considera la valutazione un atto d'imperio e livella verso il basso". Perchè la questione non è solo culturale ma anche e, forse, soprattutto, politica.
Considerando il contributo fondamentale che il Sessantotto ha dato nel senso di "uccisione simbolica della figura del padre", non si può negare che la scuola abbia subito un processo di trasformazione che la rende oggi non più un luogo di educazione bensì un diplomificio.
Ed è proprio su questo punto che la ministro inciampa, contraddicendo il portato ideologico della fazione politica di cui fa parte. Infatti, nel momento in cui l'autorevolezza della figura dell'insegnante viene costantemente delegittimata da chi sostiene una certa "cultura" della libertà. I genitori, ad esempio, che invece di assecondare il compito dell'istitutore, si pongono come i soli portatori del diritto all'educazione; e quando la necessità economica prevale con amministratori e o presidi, ad esempio, che, costretti dal ministero a "produrre risultati" perchè viceversa verrebbe meno il presunto prestigio della scuola da offrire sul mercato come una primizia ortofrutticola, assecondano in tutto le volontà dei genitori che "investono".
E' così che il senso dell'esistenza di strutture educative non ha più ragione d'essere.
Ma correggerla significa limitare quelle "libertà" di cui essa, la ministro, più o meno direttamente, si fa portatrice in quanto sostenitrice di una determinata ideologia politica.
E' ovvio che la scuola non debba essere intesa come "sala d'aspetto" dell'età adulta, ma nemmeno come catena di montaggio con tanto di premio produzione.
Signora ministro, decida da che parte stare!
Questo tipo di atteggiamento culturale, sostenuto, bisogna dirlo, da una certa destra e da una certa sinistra, ha prodotto i risultati, tutt'altro che eccellenti, che ora ci troviamo innanzi.
Vuole che la scuola italiana torni ad essere di altissimo livello, come da tradizione?
Allora incominci a rivedere il trattamento riservato alla classe degli insegnanti, perchè quando lo stipendio è da fame e la tranquillità (anche mentale) è continuamente messa in dubbio mediante politiche sociali che "istigano" alla precarietà professionale (e perciò di vita!), lo stimolo a fare bene, a dare il massimo, viene meno.

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