martedì 18 dicembre 2012

Annataletutibuoni.


Puntuale, come il giramento di stomaco che precede una diarrea se si esce sul balcone a pancia nuda in una mattina di fine novembre, è giunto il primo, rituale, scassamento di balle che annunzia l’imminente pranzo del venticinque dicembre.
Vieni a pranzo a Natale?”, “No, grazie. vado fuori città”.
Stop. Interruzione momentanea delle comunicazioni.
Sospiro di sollievo.
Ma se fosse così semplice comunicare, i produttori di farmaci antistress e anti-gastrite, subirebbero perdite economiche al limite del collasso. E così, magari anche con un pensiero ai lavoratori che nell’eventualità perderebbero il posto, insomma per solidarietà, alla rottura di coglioni bisogna aggiungere un tassello, il senso di colpa.
Ma il senso di colpa, bisogna anche saperlo usare.
Nella ricetta per confezionarlo, affinché non cada come un sasso nello stagno provocando null’altro che qualche onda morta, l’ingrediente principale è la colpa. Ma in questo caso, non ce n’è.
Smash!
Set, partita, incontro e tutti a casa.
Si, magari.
Chissà se quando morirò, vi riappacificherete tu e tua sorella”, e daje!
Cercare di ragionare con persone che utilizzano il proprio cervello come se vi fossero compartimenti stagni da cui prendere a piacere, di volta in volta, l’argomento utile, è molto difficile. Ci si prova per anni. Si spera. Poi, esausti, si rinuncia.
E mi accorgo anche di quanto così profondamente sia stato assorbito il concetto di eterno presente.
Per mia madre, il passato non esiste. O meglio, esiste solo il passato che le piace ricordare.
Nel suo passato, che è appunto un eterno presente immutabile, io e mia sorella siamo rimasti all’età preadolescenziale. Giochiamo insieme, frequentiamo la stessa scuola e quindi le stesse persone. Eccetera eccetera.
Che lei, la sorella, anzi la figlia femmina, nel frattempo abbia, tra le altre cose, partorito due figli, è un dettaglio. E che un discorso simile, ma senza prole, valga anche per il sottoscritto, è un altro insignificante dettaglio.
Come dettaglio, è anche il fatto che sua figlia da una ventina d’anni preferisca trascorrere le feste con i parenti di suo marito. O, altro piccolo dettaglio, che il sottoscritto non abbia nessun tipo di rapporto con la sorella da una quindicina d’anni.
Dettagli.
Nessuno di noi è perfetto, i difetti sono peculiarità caratteriali che ognuno di noi, in certa maniera, sceglie di portare con se nel percorso della propria vita. Si fanno delle scelte e, nella maggior parte dei casi, se ne accettano le conseguenze.
In molti casi, anche dolorose.
Perché questo è, forse, l’unico modo di scegliere il tipo di vita che si vuole vivere.
Poi, certo, potranno non mancare i rimpianti. Ma ogni scelta comporta un prezzo.
Ma saranno cazzi miei?
Grazie.

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