martedì 27 novembre 2012

Antonietta, l’ameba e il barboncino Bigùdin.


Hai presente quando leggi qualcosa e pensi: “cacchio, io li conosco due così!” ?
Ecco, questo è il caso.
E se volessi anche fare il pettegolo, aggiungerei che la lei soffre di carenza di sesso.
«Nell’immaginario collettivo una coppia di portinai, binomio costituito da entità talmente insignificanti che solo la loro unione le rende manifeste, possiede quasi certamente un barboncino.

Come tutti sanno, i barboncini sono quella razza di cani riccioluti che appartengono a pensionati qualunquisti, signore molto sole che vi riversano il loro affetto, o portinai barricati nelle loro guardiole buie. Possono essere neri o color albicocca. Quelli albicocca sono più bisbetici di quelli neri, che invece puzzano di più. Tutti i barboncini abbaiano astiosi per un nonnulla, ma in particolare quando non succede niente. Seguono il padrone trotterellando su tutte e quattro le zampe rigide senza muovere il resto di quel piccolo tronco a salsiccia che si ritrovano. E soprattutto hanno occhietti neri e collerici, conficcati in orbite insignificanti. I barboncini sono brutti e stupidi, sottomessi e sbruffoni. Sono barboncini.
Anche la coppia di portinai, di cui il barboncino totemico è la metafora, sembra priva di passioni quali l’amore e il desiderio e, come il totem stesso, destinata a rimanere brutta, stupida, sottomessa e sbruffona. Se in certi romanzi i principi si innamorano di operaie o le principesse di galeotti, tra due portinai, anche di sesso opposto, non nascono mai idilli degni di essere raccontati da qualche parte, come accade per gli altri.»

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