domenica 9 ottobre 2011

Il mio essere normalmente disturbato.

Non amo la routine.
Quando abitavo dai miei, mia madre mi chiamava "il traslocatore" perché almeno quattro volte all'anno modificavo la disposizione dei mobili nella mia stanza. Dove vivo oggi, dato che lo spazio non è granché, mi limito alla risistemazione dei libri sugli scaffali.
Lo faccio anche nel "virtuale". Infatti sia facciata del blog che foto del profilo feisbucchiano non durano a lungo.
L'unica cosa che non cambio è il colore degli abiti che indosso. Tutto scuro. Blu, nero, grigio scuro, intimo compreso. Ma questo dipende dal fatto che mi torna utile alla mimetizzazione, all'essere notato il meno possibile.
Passare inosservato equivale, per me, alla certezza di non sollevarmi dubbi sul fatto che piaccia o meno fisicamente. Non mi si nota, quindi non posso suscitare scherno.
Sembra una contraddizione, ma in realtà questi due fatti sono conseguenti. La questione è chiara: nulla che mi riguarda mi soddisfa, quindi meglio non lasciare traccia, meglio non esistere.
Ma, ovviamente, non è possibile. Almeno non nel mio caso, perché qui entra in ballo la terza contraddizione che si scontra con le altre due. Ovvero la necessità di sentirmi utile in quanto persona.
Sono naturalmente consapevole che nel nostro tempo uno degli scompensi, psicologicamente parlando, che la maggior parte delle persone rileva è proprio il sentirsi, in alcuni momenti, utili e inutili, in altri. E che sarebbe necessario battersi affinché questo modo depravato di considerare le persone cessi ma, volente o nolente, consciamente o inconsciamente, l'ho assorbito e non posso tagliarlo come fosse una parte marcia della mela.
Mi tocca conviverci.
Poi, peggio del peggio, un giorno ci si accorge che non solo non è difficile conviverci ma addirittura ti da soddisfazione. Anzi, nel mio caso, l'unica soddisfazione. Uno scopo di vita, quasi.
Mi accorgo tuttavia, che anche anche questa mia necessità mi appaga solo se anonima.
Anonima, ma certo in modo relativo. Nel senso che mi piace essere utile ma non amo i complimenti. Decisamente mi imbarazzano.
Perchè non sopporto di essere al centro dell'attenzione, a meno che questa non sia circoscritta a poche persone e sotto il mio completo controllo della situazione.
Non mi intendo affatto di psichiatria, ma sono quasi sicuro di essere affetto da qualche forma di ossessione. E, questa scoperta dell'acqua calda, la intuisco dal fatto che il controllo delle situazioni, appunto, se non lo possiedo mi puzzano di prese in giro.
E con ciò finisco questo primo capitolo di viaggio nella mia vita fisica e mentale.

Sottofondo consigliato: "Sabrina", Einstürzende Neubauten ("Silence is sexy", 2000)

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