sabato 14 agosto 2010

Superman, the return.


«Cronista, capocronista, inviato, caporedattore, vicedirettore: al Corriere Di Bella percorre tutti i gradini della professione. L'ultimo, la direzione, lo sale nel marzo '77 a Bologna, al Resto del Carlino di Attilio Monti, il "cavaliere nero"(per il petrolio e le simpatie politiche), e Giuseppe De Andrè, il padre del cantautore Fabrizio. Il tempo di appendere il soprabito, conoscere la redazione, prendere contatti con il sindaco Zangheri e i vari notabili, ed ecco gli scontri in cui muore Francesco Lorusso, i blindati nelle strade mandati dal ministro degli Interni Cossiga, le cariche della celere, gli indiani metropolitani, Bifo e Radio Alice, la torrida estate che porta al convegno sulla repressione di Guattari & C. in settembre. E' proprio in quei giorni, ricorda Di Bella nelle sue memorie, riprendono le trattative per il cambio della direzione in via Solferino. Il suo nome compare in tutte le ipotesi dei Rizzoli (patron Andrea e i figli Angelo jr. e Alberto), variamente abbinato a quelli di Ronchey, Sensini, Afeltra e Bettiza per la condirezione. Ma Di Bella tentenna, l'idea di tornare negli uffici di via Solferino in cui spadroneggia il comitato di redazione guidato dal durissimo Raffaele Fiengo non lo attira. A convincerlo, e c'è da credergli visto il fascino da incantatore di serpenti che l'uomo sprigiona già allora, è nientemeno che Silvio Berlusconi. Che all'amico e di lì a poco compagno di loggia P2 fa più o meno questo discorso: guarda, da azionista del Giornale mi farebbe più comodo che tu rifiutassi, perchè un Corriere spostato a sinistra lascerebbe ancora più spazio a Montanelli, ma se il Corriere fosse riportato su una linea meno radicale, beh, questo mi preme più dei miei personali interessi.
Detto, fatto. E Di Bella si decide al grande passo. Il primo giornale che firma è quello del 31 ottobre '77, dopo un voto di gradimento in cui la redazione si spacca: 95 a favore, 63 astenuti, 20 contro. Con la conquista del "soglio" che fu di Albertini, l'amicizia tra i due si rafforza, con Di Bella stregato dalla «profonda cultura» del futuro fratello massone Silvio («un suo splendido prologo all'Utopia di Tommaso Moro dell'editore Neri Pozza fu per me una rivelazione»). E così del Corriere Berlusconi diventa addirittura editorialista. Debutta nei giorni del sequestro Moro, con un dotto fondo economico intitolato "Un piano per l'industria che darà pochi frutti", piazzato in apertura di seconda pagina: non nella consueta forma della "tribuna aperta" utilizzata dal Corriere quando ospita interventi esterni, ma con i caratteri tipografici riservati agli editoriali particolarmente autorevoli. Ma altri articoli di Berlusconi escono nei mesi seguenti: "Pregiudizi e leggi inadatte frenano ancora l'edilizia" (25 giugno), "L'autarchia è un boomerang" (5 luglio), "Chi guida la politica creditizia?" (4 agosto). Nei mesi successivi il Cavaliere gode di un crescendo di considerazione, fino all'apoteosi del 14 settembre 1980, quando un altro fratello massone, Roberto Gervaso, lo intervista in terza pagina, un sublime faccia a faccia intitolato "Cosa farei se fossi senza casa... A colloquio con l'imprenditore Silvio Berlusconi". Sempre quell'anno, già in marzo, la Domenica del Corriere pensa bene di aprire proprio con un ritratto del futuro tycoon una serie di articoli dedicati ai numeri uno dell'Italia del nuovo decennio. E a fine 1980 arriveranno i giorni caldi del Mundialito, il torneo di calcio tra le nazionali vincitrici della Coppa del Mondo, organizzato dalla Fifa nell'Uruguay dei generali amici di Licio Gelli: quando Canale 5 a sorpresa ne acquisterà i diritti televisivi, Di Bella schiererà il suo giornale senza tentennamenti dalla parte dell'eversore del monopolio Rai.
L'amicizia, come l'amore, cresce se temprata dalle avversità comuni. Sentite questa dell'aprile dell'80, sempre dal libro di Di Bella:
Il mio amico Silvio Berlusconi con la sua mania di risparmiare sui minuti secondi ha voluto che salissi a Bologna non sulla mia auto ma sul suo jet. Sopra Linate al jet non è uscito bene il carrello, la ruota sinistra non scattava nella posizione giusta e rischiava di piegarsi all'atterraggio. Per tre ore abbiamo cercato invano un aeroporto che ci assicurasse trecento metri di schiumogeni per atterrare con qualche probabilità di non incendiarci. Ci hanno respinto Fiumicino, Ciampino, Linate e Malpensa. In centoventi minuti ho fatto in tempo a ricapitolare tutte le vicende della mia vita e a compiere qualche esame di coscienza. Berlusconi si è trasformato in hostess, assistente sociale, confessore e curatore d'anime. Inzuppa d'acqua i plaid di bordo per avvolgerli attorno al corpo al momento dell'impatto: rassicura passeggeri ed equipaggio, si rammarica solo che gli sta saltando tutto il programma serale di appuntamenti per Canale 5. Implacabile e sicuro com'è, se avesse gli occhi azzurri, sembrerebbe Gei Ar. Quando stiamo per far rotta su Ginevra, l'aeroporto militare di Cameri, impietosito da questi pellegrinaggi del cielo, derelitti e abbandonati da tutti, ci offre una pista con gli schiumogeni e ci consente di atterrare. Va tutto bene e il comandante Pagani ci porta bravamente in salvo: davanti alla scaletta troviamo pompieri in tuta di amianto, ufficiali efficientissimi e il cappellano militare con la stola officiante, già pronto per l'estrema unzione. Invidio Berlusconi per la sua glaciale imperturbabilità, anche se era piuttosto consistente il rischio di andare arrosto.
[...] ».
(Paolo Morando: "Dancing Days. 1978-1979, i due anni che hanno cambiato l'Italia", pgg. da 8 a 10. Laterza, Roma-Bari 2009)

sottofondo consigliato: Royal Scottish National Orchestra, Superman Themes



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