venerdì 13 agosto 2010

Human disposable.

«Seba è una giovane donna di ventidue anni, bella e piena di vita, ma mentre mi racconta la sua storia si ritira in se stessa, fuma nervosamente, trema, finchè non scoppia a piangere.

"Sono stata allevata da mia nonna in Mali. Quando ero ancora una ragazzina, venne da noi una donna che la mia famiglia conosceva e le chiese se poteva portarmi con sè a Parigi per badare ai suoi bambini. Disse a mia nonna che mi avrebbe mandata a scuola e che avrei imparato il francese. Quando arrivai a Parigi, però, non venni mandata a scuola, mi misero a lavorare tutto il giorno.
Da loro facevo tutto io: pulivo la casa, cucinavo, badavo ai bambini, lavavo e nutrivo il bebè. Ogni giorno cominciavo a lavorare prima delle sette del mattino e finivo verso le undici di sera; non avevo mai un giorno libero. La mia padrona non faceva nulla; dormiva fino a tardi, poi guardava la televisione o usciva.
Un giorno le dissi che volevo andare a scuola. Mi rispose che non mi aveva portata in Francia per mandarmi a scuola, ma perchè mi occupassi dei suoi bambini. Ero così stanca e demoralizzata. Avevo problemi ai denti; certe volte la guancia mi si gonfiava e sentivo un male terribile. Certe volte avevo mal di stomaco, ma dovevo lavorare anche quando ero malata. Certe volte, quando stavo male piangevo, ma la padrona mi sgridava.
Dormivo per terra in una delle camere da letto dei bambini; mangiavo quello che loro avanzavano. Non mi era permesso prendere cibo dal frigorifero come i bambini. Se lo facevo, lei mi picchiava. Mi picchiava spesso. Mi prendeva continuamente a botte. Mi batteva con la scopa, con gli strumenti di cucina, o mi frustava con i fili elettrici. certe volte sanguinavo; ho ancora i segni sul corpo.
Una volta nel 1992 arrivai in ritardo a prendere i bambini a scuola; la padrona e suo marito erano furiosi e mi cacciarono di casa. Non sapevo dove andare; non capivo niente e camminavo senza mèta. Dopo un po' il marito mi trovò e mi riportò a casa. Lì mi spogliarono nuda, mi legarono le mani dietro la schiena e cominciarono a frustarmi con un filo attaccato al bastone della scopa. Mi picchiavano tutti e due insieme. Sanguinavo molto e urlavo, ma loro continuavano a battermi. Poi lei mi strofinò del peperoncino sulle ferite e me ne infilò nella vagina. Persi conoscenza.
Più tardi uno dei bambini venne a slegarmi. Per parecchi giorni rimasi sdraiata sul pavimento dove loro mi avevano lasciata. Il dolore era terribile, ma nessuno si prese cura delle mie ferite. Quando fui in grado di stare in piedi, dovetti ricominciare a lavorare, ma da quella volta venni sempre chiusa a chiave nell'appartamento. Continuarono a picchiarmi."

Seba fu infine liberata quando una vicina, udito il rumore dei maltrattamenti e delle percosse, trovò il modo di parlarle. Vedendo le cicatrici e le ferite, la vicina chiamò la polizia e il Comitato francese contro la schiavitù moderna (Ccem), che portò il fatto in tribunale e prese Seba sotto la sua tutela. Gli esami medici confermarono che era stata torturata.
Oggi Seba è ben accudita e vive con una famiglia di volontari.
E' in terapia e sta imparando a leggere e a scrivere. Le ci vorranno anni prima di guarire completamente, ma è una giovane donna dotata di una forza straordinaria. Ciò che più mi ha sorpreso è stato vedere quanta strada debba ancora fare. Parlando con lei, mi sono accorto che sebbene abbia ventidue anni e sia dotata di una buona intelligenza, la sua comprensione del mondo è meno sviluppata di quella di un bambino di cinque anni.
Per esempio, finchè è rimasta in schiavitù, ha avuto una scarsa cognizione del tempo - per lei non esistevano nè le settimane, nè i mesi, nè gli anni. Per Seba esisteva solo l'eterno ciclo lavoro/sonno. Sapeva che c'erano giornate calde e giornate fredde, ma ignorava che le stagioni si succedessero secondo un ordine. Se mai aveva saputo la sua data di nascita, se l'era dimenticata e non sapeva quanti anni avesse. L'idea di "scegliere" la disorienta.
La sua nuova famiglia cerca di aiutarla a prendere delle decisioni, ma lei ancora non ci si raccapezza.
[...]
Anche se il suo fosse un caso isolato, sarebbe comunque scioccante, ma Seba non è che una delle forse tremila schiave domestiche che risiedono a Parigi. E questo tipo di schiavitù non si limita certo alla capitale francese. A Londra, New York, Zurigo, Los Angeles e ovunque nel mondo, ci sono bambini sottoposti alle brutalità della schiavitù domestica. E non sono che un piccolo contingente della schiavitù mondiale.»

(Kevin Bales: I nuovi schiavi, la merce umana nell'economia globale. Cap.1. La nuova schiavitù, pgg. 7-8-9. Feltrinelli, Milano 2000)


sottofondo consigliato: U2, In God's country, 1987




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