martedì 24 agosto 2010

No Beast so Fierce (2 of 3)

- Ascolti, ho trentun anni. In testa ho più capelli grigi di lei. Spero di essere abbastanza maturo da poter prendere delle decisioni, se non altro su dove dormire. Se la prigione non mi ha insegnato almeno questo, significa che è stata un gran spreco di tempo.
- Tenendola dentro, la prigione ha protetto la società. E proteggere la società è anche il mio lavoro, il mio primo lavoro.
- Mi hanno fatto uscire. E io voglio restar fuori. Non è costretto a soffiarmi di continuo sul collo. Fa un servizio migliore se mi aiuta, no? Voglio essere una persona rispettabile. ma potrei anche non essere in grado di capire il significato della rispettabilità nel modo in cui lo intende la maggior parte della gente.
Mi fermai, sforzandomi di incanalare l'agitazione in una serie di parole sensate, il sudore a bagnarmi la fronte e le ascelle. - Deve rendersi conto che sono diverso da lei. Sono deviato e intrappolato da fin troppi ieri per essere uguale a lei. Ma ciò non significa che sia una minaccia per la società. Se credessi che il mio futuro debba per forza essere uguale al mio passato, mi ucciderei. Sono stanco. Posso forzarmi quanto basta per mantenermi entro i confini della legge, ma non sarò mai l'ometto che torna dalla moglie e dai figli nel suo villino sulla San Fernando Valley. Vorrei tanto esserlo, ma non lo sono. E le sue minacce non m'aiuteranno a controllarmi. Le minacce provocano rabbia, non paura.
- Nessuno la sta minacciando - replicò Rosenthal. - Sto soltanto mettendola al corrente della realtà della situazione, di ciò a cui si dovrà adattare.
- Suonano come minacce.
- Sono qui per aiutarla.
- Ripetendomi "dovrai" e "non dovrai".
- Non ho stabilito io le condizioni per la libertà condizionata. Mi limito a farle rispettare. Non potrei darle il permesso di contravvenire alle regole neppure se lo volessi. Se lo facessi non continuerei a lavorare per molto.
- Mi dimostri un minimo di flessibilità e io farò lo stesso. Si limiti a chiedermi di non commettere crimini, non pretenda che io viva secondo i suoi criteri morali. Se è la società che lo richiede, allora la società non avrebbe dovuto assegnarmi a decine di famiglie diverse e rinchiudermi nei riformatori, finendo per rovinarmi. E questi ultimi otto anni: cazzo, dopo un'esperienza del genere nessuno sarebbe più normale. Cerchi di capire la mia situazione. Non conosco nessuno se non ex detenuti, malviventi e prostitute. Non riesco nemmeno a sentirmi a mio agio in compagnia della gente regolare. Mi piacciono le squillo, non le brave ragazze. Non ho bisogno di un'analisi freudiana, che in ogni caso non riuscirebbe a cambiare i fatti. ma il fatto che preferisca andare a letto con una puttana non significa che sia sul punto di usare una torcia all'acetilene su una cassaforte.
- Significa che vuole il permesso di fare il magnaccia.
- No! No! Voglio solo che lei capisca che non si possono ridurre le persone a delle formule. - M'interruppi per tirare il fiato e per estrarre espressioni comprensibili dal vortice di confusi pensieri che mi aveva assalito la mente. - Fondamentalmente le sto chiedendo di non trasformare la mia libertà vigilata in un guinzaglio con cui strozzarmi.
- Fondamentalmente vuole fare di testa sua, non è così?
Lo stomaco mi si serrò in un nodo. Rosenthal era inamovibile. Avevo tentato. Rivoli di sudore mi scendevano sotto la camicia. Un terribile pensiero esplose in superficie. E se Rosenthal avesse avuto ragione? E se davvero seguire ciecamente le regole fosse la chiave per raggiungere la felicità e la pace interiore? Era possibile che un individuo solo, per quanto sicuro delle proprie opinioni, fosse nel giusto? Forse Rosenthal riusciva a vedermi con chiarezza, mentre il sottoscritto si autoaccecava con una cortina di parole. Accettare un pensiero del genere equivaleva a mettere un piede oltre l'orlo dell'abisso. Tornai sulla terraferma della segreta indignazione. Avevo cercato di essere onesto, ma il fottimadre non era uno di cui ci si potesse fidare. Avrei usato l'inganno.
Rosenthal mi guardava, un sorriso da Gioconda dipinto sulle labbra spesse, gli occhi luccicanti, le mascelle a lavorare la gomma. - Lasciamo perdere le stronzate e parliamo di cose serie - disse. - Ora le dirò ciò che mi aspetto da lei.
Annuii in segno di accettazione.
- Non la metterò in una casa di riabilitazione - riprese - per la semplice ragione che sono tutte piene. La trovo ancora la soluzione migliore, ma non posso farci nulla. Lei ha un passato di tossicodipendenza, e quindi le richiederò l'esame settimanale. Ecco il modulo da firmare. - Allungò la mano verso un cassetto.
- Non mi faccio di eroina da quando avevo diciannove anni.
- Se c'è un passato di uso di droghe di qualsiasi tipo...marijuana, pillole, quello che vuole...il soggetto viene sottoposto all'esame. - Fece scivolare sulla scrivania il modulo e una penna a sfera. Il documento dichiarava che mi sottoponevo volontariamente al programma di esami antistupefacenti. Lo firmai, ribollendo di rabbia. Rosenthal mi spiegò che avrei dovuto presentarmi al centro tra il mezzogiorno e le sei e mezzo di ogni venerdì e mi consegnò un foglietto di carta con l'indirizzo.
- Ora - proseguì - che mi dice del lavoro?
- Sto cercando - risposi.
- I responsabili dell'azienda che l'assumerà dovranno essere informati della sua situazione.
Quelle parole mi causarono un'ondata di nausea. Avevo contato sul fatto di essere in grado di nascondere il mio passato: avrei potuto essere diverso facendo sì che gli altri pensassero che fossi diverso. La gravità di quell'ordine mi stordì.
- E come faccio a trovare un lavoro decente?
- Sono le regole. Oggi lei inizia il suo regime di libertà condizionata. - Gettò un'occhiata al suo orologio da polso.
- Devo lasciarla. Nel pomeriggio mi devo presentare in tribunale. Quando avrà trovato un posto dove stare, lasci il suo indirizzo alla ragazza del centralino. - Allungò una mano verso la sua giacca e mi fece strada verso l'uscita. Camminando mi spiegò la ragione della sua visita al tribunale. Era andato a prendere un detenuto che non si era presentato all'esame. Mentre erano in viaggio verso il centro, il detenuto aveva inserito la mano in tasca e ne aveva estratto un palloncino con una dose da dieci dollari di eroina. Era una storia triste, commentò Rosenthal, perché l'uomo aveva già due precedenti incriminazioni per uso di stupefacenti e sarebbero passati quindici anni prima che avesse potuto presentare un'altra richiesta di libertà condizionata. L'uomo aveva quarantasei anni.
Non dissi nulla. Non provavo alcuna pena per chi aveva agito come un idiota di tali dimensioni. E neppure ce l'avevo con Rosenthal, che si era comportato esattamente nel modo in cui mi ero aspettato si comportasse. Era ancora più cieco di me. Nel suo sguardo potevo scorgere me stesso, ma era un'empatia non corrisposta. Se fossi riuscito a cavarmela, sarebbe stato suo malgrado.
Sul marciapiede mi sentii schiacciato dalla calura. Dovevo trovare una stanza da qualche parte e dormire. Le pillole stavano terminando il loro effetto, lasciandomi addosso una stanchezza doppiamente intensa. E il peso della libertà vigilata si stava trasformando in una sorta di albatro appollaiato sul collo. Avrei dovuto adattarmici o sarei tornato dritto in prigione. - Bastardo - mormorai - succhiacazzi di un bastardo fottimadre.

(Tratto da: "Come una bestia feroce", Edward Bunker; Mondadori, Milano)

sottofondo consigliato: "Coffee shop", RHCP, 1995



to be continued...

Nessun commento: