mercoledì 4 marzo 2009

INVITO ALLA LETTURA E ALLA RIFLESSIONE, 2.

2. “Il corpo che consuma

«Nella società dei consumatori la fitness sta al consumatore come la 'salute' stava al produttore nella società dei produttori. Essa certifica il fatto di “essere in”, l'appartenenza, l'inclusione, il diritto di residenza. La fitness, come la “salute”, fa riferimento alla condizione del corpo, di cui tuttavia le due nozioni evocano aspetti estremamente diversi.
L'ideale della fitness cerca di cogliere le funzioni del corpo innanzitutto, e soprattutto, come ricevitore/trasmettitore di sensazioni. Si riferisce alla sua capacità di assorbimento; al modo in cui il corpo si sintonizza con le delizie che sono, o che potrebbero essere, offerte: a piaceri noti, o anche ignoti, non ancora inventati, nemmeno immaginati, e inimmaginabili allo stato attuale, ma destinati prima o poi a essere escogitati. Come tale, la fitness non ha un limite massimo: essa è anzi definita proprio dall'assenza del limite, o più precisamente dall'inammissibilità del limite. Per quanto fit sia il tuo corpo, potresti renderlo ancora più 'fit'. Per quanto fit possa essere al momento,a tale condizione si mescola sempre, fastidiosamente, una parziale assenza di fitness, che affiora o si intuisce ogni volta che confronti ciò che hai già sperimentato ai piaceri suggeriti dal sentire e dal vedere le gioie altrui che finora non hai potuto provare e che puoi solo immaginare e sognare di vivere in te stesso. Nella ricerca della fitness, diversamente da quella della salute, non esiste un punto in cui si possa dire: ora che sono arrivato fin qui posso fermarmi, per tenermi stretto e godermi ciò che ho. Non esiste una 'norma' di fitness cui tendere fino al momento in cui la si raggiunge. La lotta per la fitness è una pulsione che si trasforma presto in un vizio. In quanto tale, essa non ha mai fine. Ogni dose dev'essere seguita da un'altra maggiore. Ogni obiettivo non è che un passo dall'interno di una lunga sequenza di passi, già fatti o da fare.
A rendere la situazione ancor più ingarbugliata, il problema non consiste solo nell'eccessiva voglia di fitness e/o nell'ignoranza di quale debba essere il 'livello adatto di fitness'. Se così fosse, con i dovuti sforzi sarebbe possibile domare e regolare qualsiasi voglia, acquisire qualsiasi elemento di conoscenza mancante. Se però l'idea di “fitness” si riferisce alle sensazioni del corpo (Erlebnisse, non Erfahrungen!), a conquiste provate e vissute soggettivamente, non è possibile rendersi conto se il corpo ha realmente raggiunto un livello di fitness soddisfacente, in quanto non esiste (né può esistere) uno standard 'oggettivo', stabilito dall'esterno e comunicabile sul piano interpersonale, per misurare quel livello. Lottare per la fitness significa scendere in guerra senza alcuna possibilità di combattere una battaglia decisiva e di ottenere una vittoria definitiva, seguita dall'armistizio, dalla smobilitazione e dai 'dividendi della pace'. Quando l'obiettivo non è stato fissato, evidentemente non c'è modo di sapere quanto se ne è ancora lontani e quanto tempo si dovrà ancora lottare per raggiungerlo. Tale incertezza è ineliminabile. Essa non scomparirà, a meno di voler gettare la spugna abbandonando ogni speranza di vittoria. Forse frequentare i 'fitness-dipendenti anonimi' è l'unica via di scampo...
Lottare per la fitness significa non aver mai pace – o, comunque, non poter mai avere la sensazione di poter riposare con la coscienza tranquilla e senza apprensioni, dato che l'ideale della fitness offre soltanto vaghe e incerte istruzioni pratiche sulle cose da fare e da evitare, e non si può mai avere la certezza che le istruzioni non cambino o non vengano revocate prima di averle potute eseguire completamente. Chi è dedito alla causa della fitness fisica è sempre in movimento. Deve cambiare sempre, e tenersi pronto a cambiare ancora. Lo slogan dei nostri tempi è la 'flessibilità': qualsiasi forma deve essere duttile, qualsiasi situazione temporanea, qualsiasi configurazione suscettibile di riconfigurazione. Ri-formarsi è un'ossesione e una dipendenza, un dovere e una necessità.
Per la società dei consumatori – e per il mercato dei consumi, suo fondamento e volano – si tratta di una circostanza fortunata, anzi, la sua garanzia di sopravvivenza.»

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