3 Novembre 2008
Uno dei rischi che si corrono nel nostro tempo, nell'Era della comunicazione, dell'esposizione, della televisione, dell'apparire, è proprio quello di non apparire, che ciò sia più o meno consapevole, più o meno gradevole, più o meno accettabile.
Ovviamente, esistono diversi modi di eseguire questa necessità ma in soccorso di moltissimi uno, soprattutti, viene utilizzato: il web 2.0.
Ora, decine di sociologi si sono impegnati nell'analizzare la blogosfera ed io non mi sogno nemmeno di provarci ci mancherebbe altro, mi permetto, semplicemente, di sciorinare le conclusioni che ho tirato (che traggo e che trarrò) da questo tipo di esperienza.
Oggi, io, perfetto sconosciuto, se tento di radunare o aggregare corpi in un qualsiasi luogo reale di fatto perdo tempo ed energia; se, invece, provo a farlo per mezzo di un blog o un social network, nel caso il risultato si rivelasse non soddisfacente, ho comunque l'opportunità di partecipare.
Questo è il motivo per cui ritengo che chi considera (o considerava) la blogosfera un "fenomeno" nichilista, si sbaglia.
Naturalmente, è vero che tutto questo è virtuale ma è una conseguenza (anche dolorosa, se vogliamo) necessaria.
Infatti, è evidente che il reale presenti "pericoli" e "difficoltà" quasi insuperabili se non tramite una "realtà virtuale": la difficoltà di comunicare, per esempio, si riduce al minimo quando non viene completamente annullata.
Nella "realtà virtuale", paradossalmente, si può essere sè stessi "meglio".
E, da un punto di vista di "civiltà", questo è il luogo più democratico che ci sia a dispetto della "realtà reale" dove sembra venir meno questo riconoscimento.
L'altra questione da affrontare è quella dell'apparire.
La funzione del web 2.0 non è solo quella di poter "apparire, nel senso esteriore, ma anche di poter "rimanere", nel senso di lasciare un segno.
L'uomo moderno, se da un lato si è emancipato mediante la "morte di Dio", dall'altro è terrorizzato dalla consapevolezza dell'esistenza della morte.
Viene a mancare il riscontro oggettivo della propria esistenza.
Attenzione però, la mia non vuole essere un'apologia della blogosfera ma piuttosto una sottolineatura critica ad un tipo di società dell'Uomo che tende a cancellare i rapporti tra Umani: la nostra.
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