venerdì 28 dicembre 2007

Rompiamo il silenzio

"Breaking the silence" è un'organizzazione formata da ex soldati di leva israeliani che hanno deciso di denunciare gli abusi dell'esercito nei Territori occupati.
Non stupisce il fatto che un esercito usi metodi, diciamo così, poco ortodossi, quel che stupisce è che li adotti verso la popolazione civile e che tali "operazioni" siano fatte passare sotto silenzio.
Amos, 24 anni carrista : "
A settembre del 2001 in un villaggio della Striscia di Gaza un gruppo di bambini e ragazzi si era riunito per manifestare, avevamo l'ordine di sparare per uccidere chiunque si fosse avvicinato a meno di quindici metri dal carro armato. Molti di loro si trovavano a meno di quindici metri così chiamiamo il comandante per avere ulteriori istruzioni. Il nuovo ordine fu : sparate alle gambe di chi ha una molotov in mano e di quelli che sembrano i leader. Iniziammo a sparare e vedemmo alcuni che cadevano e poi le ambulanze che portavano via i feriti. Naturalmente c'era un gran caos, e io non avevo una percezione precisa di quel che stava accadendo. Il giorno dopo lessi sul giornale che un diciottenne era stato ucciso da un proiettile alla testa e che trentadue persone, per lo più bambini, erano rimaste ferite.
A quell'epoca ero così giovane e ansioso di svolgere al meglio i miei doveri di soldato da non domandarmi se l'ordine di sparare colpi mortali su un gruppo di dimostranti fosse legittimo o no. Ma adesso sono arrivato alla conclusione che non si può tacere su quanto accade a Gaza e in Cisgiordania.
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Avichay Sharon, tiratore scelto presso Egoz (l'unità antiterrorismo, n.d.r.) : "
Una notte fu avviata un'operazione di rastrellamento e continuò fino al mattino. Non c'era nessun coprifuoco, così quando cominciò ad albeggiare la gente uscì per strada. A una cinquantina di metri da noi c'era un gruppetto di ragazzini che, come di solito, ci lanciavano sassi. Ricevemmo l'ordine di sparare in aria. Per una decina di minuti ci fu una specie di gioco al gatto col topo con i ragazzini che si avvicinavano e poi correvano via. Dato che sparare in aria non serviva, arrivò un nuovo ordine : mirare alle gambe di chi lanciava sassi. I miei compagni ubbidirono e uno dei ragazzini fu colpito al ventre mentre si chinava a raccogliere una pietra. Fu prelevato da un'ambulanza e in seguito ci dissero che era morto. La cosa si chiuse lì, senza alcun rapporto di fine missione. La notte successiva si passò a un'altra operazione. Tutti avevano visto che il ragazzino era stato colpito, ma nessuno disse niente.
.....Tutti i giovani israeliani aspirano a diventare soldati e a difendere la patria. E' profondamente radicata in noi, non possiamo dimenticare la nostra storia. Il senso del dovere è fortissimo, e come giovani soldati non ci si domanda mai se sia giusto o no fare il servizio militare. Si cresce all'interno del sistema, non ci sono alternative.
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Nathan, maggiore delle unità speciali : "
Quando siamo arrivati a Rafah regnava il caos, circolavano ordini contraddittori, e l'atmosfera era tesa. Il nostro compito era quello di preparare un'imboscata per impedire ai palestinesi armati di spostarsi. Le imboscate di questo tipo sono organizzate con la maggiore discrezione possibile ma quella volta usammo un'altra tattica : un bulldozer ha scavato un fosso intorno alla casa per neutralizzare eventuali esplosivi e poi ha fatto un foro nella parete, il nostro blindato si è avvicinato in retromarcia per farci entrare senza essere colpiti. Dopo l'irruzione ci siamo resi conto che la casa era abitata, la famiglia non aveva ricevuto nessun preavviso. Siamo rimasti nella casa due giorni e l'ordine era di sparare per uccidere. Bisognava colpire non solo gli uomini armati ma chiunque si trovasse su un tetto o un balcone o guardasse fuori da una finestra. Ogni due ore la telefonata di un ufficiale ci chiedeva cosa stavamo facendo : perchè non sparate? Perchè non c'è nessuno a cui sparare, rispondevo io. D'un tratto abbiamo visto un uomo in piedi su un tetto. E' rimasto lì a lungo, guardava e basta.
Ho ricevuto l'autorizzazione a far fuoco e due dei miei tiratori scelti lo hanno ucciso.
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Queste sono solo alcune delle decine di testimonianze di ex soldati dell'esercito israeliano che sul suo sito web si autodefinisce " il più morale del mondo" e che sostiene di impartire ai suoi soldati la dottrina etica secondo cui gli stessi "non devono usare le proprie armi e il proprio potere per ferire persone non combattenti o prigionieri di guerra, e devono fare tutto ciò che è in loro potere per evitare di attentare alla vita, al corpo, alla dignità o alle proprietà degli individui " .
(Per ulteriori informazioni : www.shovrimshtika.org ; www.breakingthesilence.org )

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