giovedì 20 settembre 2012

Il piacere.


«Scoprii per la prima volta la parola piacere da bambino leggendo una versione per l’infanzia de  ”Le mille e una notte”.
Ne rimasi ossessionato. Alludeva a fastosi banchetti, a donne, a cibi prelibati, a bevande inebrianti, tutte cose proibite ai bambini. E inoltre i personaggi di quelle storie erano pronti a sacrificare persino la vita pur di raggiungere il piacere. Quella parola s’impresse dunque per la prima volta nel mio animo associata a un ambiguo senso di proibizione. Avevo l’inconsapevole intuizione che il nucleo della voluttà fosse rapportabile al sesso. Per lungo tempo la ragione di quello strano connubio tra il piacere e il sesso fu per me un enigma. Ma nessuno, soprattutto nella società contemporanea, può assaporare le voluttà della vita nella gaia atmosfera de “Le mille e una notte”.
Per il maschio il sesso non è piacere, bensì un subire l’aggressione dell’angoscia, della paura, della solitudine, di sensazioni sinistre ed incomprensibili. E’ necessario un lungo processo prima che tali sensazioni possano trasformarsi in piacere. Nella società moderna una delle condizioni essenziali del piacere è la presenza del denaro. Probabilmente lavoriamo, ci impegniamo, cerchiamo di conquistare il successo per l’inconscio desiderio di coniugare il sesso al piacere. La società moderna costringe il sesso a trasformarsi in qualcosa di doveroso, di freddo, di morto: per riuscire a renderlo fonte di piacere è in primo luogo necessario vincere nella severa competizione per la sopravvivenza. 
Sembra che i giovani moderni tendano con ogni sforzo a privare il sesso della sua dimensione voluttuosa. Un settimanale ha recentemente pubblicato l’intervista ad una donna che va con due uomini, e il suo modo di concepire la comunicazione tra gli esseri umani è realmente interessante. Afferma infatti che in un mondo in cui le riviste equivalgono alle chiacchiere di un’amica, la televisione alle scene domestiche della vita familiare, la radio ad un’amichevole conversazione, non c’è motivo di considerare diversamente il rapporto sessuale. La sua opinione mi ha profondamente impressionato. Tornerò ancora su questo argomento. 
Tempo fa assistetti alla proiezione di un film molto bello, il “Romeo e Giulietta” di Zeffirelli, io che non riesco, irriverentemente, a reprimere la noia quando assisto a un dramma di Shakespeare, sia esso rappresentato a teatro o sullo schermo, mi sono appassionato a questo film, traboccante dello splendore e del movimento della vita. Fu forse la prima volta che viene rappresentata in immagini la passione amorosa di Stendhal. Forse anche perché i protagonisti erano un giovane di sedici anni ed una fanciulla di quindici, come una cinguettante coppia d’incantevoli uccelli, non v’era traccia di piacere, ma dominava la passione.
Ed è proprio la cieca passione, incurante di tutto, il più alto privilegio della giovinezza nei confronti del sesso: una passione che gli adulti giudicano bella perché hanno ormai dimenticato la sofferenza che ad essa è legata. Probabilmente, nella sfera del sesso, la passione equivale all’esatto contrario del piacere. E forse è per questo che nei giovani il desiderio sessuale, giunto al suo apice, si trasforma in passione, mentre negli adulti diviene piacere. Va però detto che i giovani moderni tentano di liberare il sesso persino dalla passione. Il piacere richiede denaro, che è precluso ai giovani. La passione non lo richiede, ma impone la determinazione a rischiare la vita.»
(“Lezioni spirituali per giovani samurai”, Yukio Mishima)

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