lunedì 27 agosto 2012

"Serate fiacche" 2


— Un po’ come oggidì: quando le militanze benpensanti dei “campus” americani riescono con leghe e “campagne” a far togliere i termini inopportuni e sconvenienti come «negro» dai vocabolari della lingua. Aprendo la strada ad abbondantissime revisioni delle “scorrettezze” biasimate anche se inconsapevoli: che cosa fare, adesso, per esempio, di tanta roba nera — la bandiera dei pirati, la camicia dei fascisti, la giacchetta degli arbitri, la borsa dei borsari, il papa dei Gesuiti, la Gazzetta di Guido Piovene, e la pecora, e l’anima, e la magia, la maglia, la messa, la cronaca (magari in neretto), e il cinema noir (spesso in bianco e nero), e gli abominevoli fondi neri ma anche i conti correnti benedetti quando non più in rosso tornano finalmente in nero; e i romanzi neri, i buchi neri, il caffè nero e il nerofumo e il nero di seppia, perfino nei risotti… Tutta roba scorretta usata sconsideratamente e senza permessi finora…
E certo, si comincia sempre col linguaggio. Sopprimendo le parole già “obiettive” che precisano una realtà fisica non approvata: nano, cieco, zoppo, sordo, gobbo, storpio, muto, facchino. Mentre tutta l’Italia burocratica, eufemistica e ipocrita nelle sue osservanze di rappresentanza, è tradizionalmente soddisfattissima di esprimersi esclusivamente per metafora, o mediante litote: la pratica e conveniente figura retorica piccolo-borghese e benpensante e dabbene che allude a un dato di fatto o un concetto negando il suo contrario. Oggi, non vedente, non deambulante, non udente: come ieri «non si sente troppo bene», detto dei moribondi. Ma con nuovi problemi: con che litote aggiornare un cognome così non corretto come Alberto Sordi, e come definire gobbo Rigoletto affermando il suo contrario. (Però intanto dilettandosi preferibilmente con storiacce e figuracce di massacri e delitti storici e attuali e fantastici, con sbudellamenti e tormenti possibilmente efferati, immaginari e autentici. Anche nazisti e cannibali, con l’ipocrisia dell’alibi moralistico: «per far sì che non si ripetano mai più». Così intanto si replicano giorno e notte, passando dalle SS a Godzilla: per la gioia dei grandi e piccini correttissimi che adorano il serial killer, hanno il cult dello sventratore, e vogliono vedere il sangue). —
(Alberto Arbasino, Paesaggi italiani con zombi, Adelphi Milano 1998)

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