sabato 13 giugno 2009

CHE PALLE L'AZIENDA CALCIO!

Il calcio è un argomento particolare da trattare.
Se ci si occupa dello sport calcio in senso stretto, risulta divertente e piacevole. Ma se lo si guarda in modo più generale si trasforma in un mostro brutale.
Sotto molti punti di vista lo si può considerare uno specchio della società e, dato che si può vivere bene anche senza, ho deciso di "espellerlo" dalla lista dei miei interessi, non per snobismo ma perchè sono convinto che soloabbracciando le teorie postmoderniste lo si può sopportare senza fastidio.
E' vero, però, che alle volte lo si può prendere ad esempio per comparare i disgusti della società in cui viviamo.
Parlavo l'altra sera con l'amico Bep (un altro granata come me...) delle mirabolanti e fantozziane vicende di Urbano Cairo (il presidente del Toro, detto anche "Il Faraone"); si rideva (e ci si disgustava.....) dei cambi di allenatore (..."De Biasi ha la mia fiducia" e il giorno dopo assunse Zaccheroni!), degli ingaggi di semi-calciatori (..."Abbiamo allestito una squadra competitiva in cui figura anche un campione d'Europa"...il greco Vryzas, che però, scarso com'era, giocò pochissime partite!), eccetera, e di una certa schiera di tifosi a forma tafazzoidale che non perde occasione per piagnucolare che "...se non ci fosse stato lui, saremmo scomparsi..." (intanto, però, sono passati quattro anni...QUATTRO!!!).
A questo punto dico:" Sai Bep, sono giunto alla conclusione di ritenermi un tifoso del Toro, ma in senso metafisico", il Bep mi risponde:" Stavo per dire la stessa cosa!", e io continuo:" Sì, perchè di questa società non mi interessa un fico secco e nemmeno di questi pseudo-tifosi nè di tutto quello che gira intorno. Sono tifoso del simbolo Toro. Sono tifoso perchè il Toro ha accompagnato una parte della mia vita: l'andare a scuola il lunedì con la sciarpa al collo, l'alzarsi la domenica mattina presto per entrare allo stadio alle 9 e sistemare gli striscioni, "Cucciolo", "Margaro", "Sogliola", "Pinocchietto", "Paolino", il ritorno a casa sul tram "10" stracolmo, il "pellegrinaggio" al Fila il sabato pomeriggio per vedere la Primavera o per "annusare" gli umori degli Ultras al bar Sweet, eccetera eccetera."
Si potrebbe pensare che, al riguardo, io sia conservatore ma la questione non è che voglio un ritorno al passato, più semplicemente credo che tutto questo non abbia niente a che fare con lo sport nè col tifo.
Quello che oggi è diventato il calcio è in realtà un sistema che bada esclusivamente al profitto. I novanta minuti durante i quali "22 atleti in mutande rincorrono una palla" sono solo una parentesi quasi insignificante tra la conferenza stampa del venerdì, le dichiarazioni del presidente il martedì, gli ingaggi milionari, le interminabili e noiosissime discussioni tra (più o meno) esperti, la cronaca nera del prepartita, il colore della casacca dell'arbitro e fuffa varia.
Lo sport calcio è un'altra cosa.
Lo sport calcio è fatto di "eroi" semisconosciuti e perciò quasi mitici, è sudore, fatica, impegno, gioia, allegria, divertimento, svago, è abbracciare uno sconosciuto che ha la sciarpa uguale alla tua, è cantare tutt'insieme, incazzarsi e godere.
Prima di strapparmi completamente i legamenti della caviglia giocando a calcetto ero arbitro di calcio nel C.S.I. (Centro Sportivo Italiano) e dirigevo partite di bambini e ragazzi (fasce di età da 8 a 12 anni), è lì che ho capito cosa voleva dire calcio. Ovvero bambini a cui l'unica cosa che importa è giocare, senza preoccuparsi di sapere cosa sia vincere o perdere.
Lo sport è divertimento e spensieratezza, lo sport dovrebbe essere gioco. L'eccessiva serietà lasciamola per altre cose.

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