venerdì 25 aprile 2008

Fame!

Da bambino ascoltavo mia nonna che, ogni volta che facevo i capricci per non mangiare, mi diceva : "Beato te che non sai cosa è la fame".
Suo padre era impiegato alle Poste e doveva mantenere la moglie e cinque figli. Lei è emigrata a Torino nella seconda metà degli anni Cinquanta, ed è qui al nord che ha mangiato per la prima volta il pane con farina bianca.
Nella sua Palermo la carne, quella vera, la "vedevano" solo una volta al mese quando il padre riceveva in "dono" da un superiore una gallina ma nessuno di loro era felice di dividerla con altre sei persone e preferivano di gran lunga le "bistecche" della domenica, ossia melanzane affettate, impanate e fritte spacciate per cotolette.
Nella sua "dieta" di bambina erano comuni le carrube che rubacchiava nei mercatini insieme con i fratelli, e mi racconta che quando arrivarono gli americani incominciarono a mangiare (...tanto da non poterne più...) le patate dolci.
E poi c'era la guerra.
Lei la ricorda soprattutto con due aneddoti che hanno un comune denominatore, i bombardamenti.
Il primo riguarda quando nacque il suo fratello più piccolo che ancora oggi si porta dietro il ricordo sotto forma di demenza che l'ha ridotto ad una condizione di "eterno" bambino, nel senso che pur sviluppandosi fisicamente non lo è mentalmente ed è perciò non autosufficiente in tutte le sue funzioni; e il secondo, di quando tutti seduti a tavola in attesa della cena e con la pasta in cottura dovettero correre al rifugio, e quando tornarono a casa spaventati e stravolti mangiarono il pastone che si era nel frattempo formato.
Ancora oggi, nonostante siano passati sessant'anni con alterne fortune, il piatto principale della sua mensa è la pasta.
Lei la mangia con foga quasi avesse paura che qualcuno gliela tolga ma io non la riprendo più come usavo scherzare con una battuta in dialetto siciliano:
"'un t'assicuta nuddu! " (non ti insegue nessuno), perchè ho capito che è questo il suo modo per non dimenticare.
Il fascismo e la guerra hanno lasciato questa traccia nella mia famiglia.
Questo vuole essere il mio modo per dire grazie alle migliaia di italiani morti nella lotta di Resistenza al fascismo.
"Qualcuno" vorrebbe riscrivere la storia "senza più la retorica della Resistenza", io a quel criminale vorrei dire che può far riscrivere tutti i libri che vuole ma la memoria non si può cancellare!

2 commenti:

articolo21 ha detto...

A me la Resistenza come Icona non piace molto. Le Icone stanno bene nei musei. Ed è per questo che oggi spira un vento contrario soprattutto nelle nuove generazioni e nel revisionismo. Perchè la storia che tu hai raccontato è diventato un elemento statico ed autocelebrativo. Bel post comunque.

Lurtz S. ha detto...

Ciao,veramente anche a me non piacciono molto le icone ed è proprio per questo che ho scelto di riportare un altro tipo di "memoria". Tuttavia, soprattutto da un po' di tempo a questa parte, urge la necessità di mettere alcuni puntini sulle "i". Il motivo per cui, come dici, "oggi spira un vento contrario soprattutto nelle nuove generazioni e nel revisionismo" non è solo per via delle "icone" ma è anche e soprattutto perchè le "icone" sono state strumentalizzate, prima, dalla cosiddetta "sinistra" per aggraziarsi e zittire le classi meno abbienti e, poi, dalle "destre" per rivalutare e trasformare le "delinquenze" fasciste in patriottismi. Non è "bianchettando" la storia in nome di una presunta "democraticità" che si risolvono i problemi e si giunge al dialogo in funzione di riappacificazione, ogni parte deve assumersi le proprie responsabilità e non rinnegare le proprie origini e i propri ideali ma decidere quale tipo di percorso storico vuole prendere in base alla Costituzione e alla legge. Oggi ci troviamo in una situazione particolare perchè: da una parte, da sinistra, ha ingoiato un rospo in nome del quieto vivere ed ha accettato che, dopo un lungo periodo di scempi verso il popolo italiano, non solo non ci fosse la necessità formale di "chiedere scusa" ma nemmeno la persecuzione, come impone la legge, verso apologie e ricostituzioni di movimenti e partiti che ricordano più o meno apertamente il fascismo; e dall'altra, da destra, per gli stessi motivi appena elencati, si sente il "dovere" e il "diritto" di poter continuare verso certi tipi di discorsi. Entrambe le parti, a mio modo di vedere, hanno colpevolmente "tradito" la Costituzione, il popolo e la Patria in nome dell'interesse di classe. In Germania il fatto che chiunque rivendichi positivamente, o addirittura auspichi, un ritorno al nazismo venga perseguito duramente è frutto della vittoria democratica della Repubblica e del popolo tedesco che unito dice basta, pur accettando, democraticamente, la presenza di fazioni di "destra", e così anche in Francia, da noi resistono fazioni contrastanti perchè il fascismo è, ancora da molti, considerato in ottica positiva e perchè la Resistenza è categorizzata
a sinistra. La Resistenza non è stata "solo" comunista, ma del popolo italiano tutto. Giovanni De Luna, in un articolo che cito in un post di qualche giorno fa, dice che non basta "condannare" o "abiurare" le Leggi Razziali per ottenere la riabilitazione storica, perchè il fascismo non si può ridurre a quello dimenticando ciò che è avvenuto prima e dopo delle Leggi Razziali. Io sono favorevole al dialogo con chi non è allineato sui miei binari, non sono però favorevole al "volemose bene e dimentichiamo". Per esempio, non rifiuto il contatto e il dialogo con un assassino o con un qualsiasi delinquente perchè lo considero comunque un essere umano ma allo stesso tempo non "metto da parte" le sue colpe e i suoi crimini perchè "scomodi". Allora: si al dialogo verso la riappacificazione; no alla "rimozione" della Storia. Se continuiamo a mettere la polvere sotto il tappeto è bene essere consapevoli del fatto che quando il tappeto verrà spostato o rimosso la "polvere" ricomparirà.