domenica 19 agosto 2007

Viva la civiltà!

Non sono razzista.
Il fisiologo, per professione, ma anche biologo, antropologo e ornitologo, per passione, Jared Diamone nel suo saggio, premiato con il Pulitzer nel 1998, “Armi, acciaio e malattie” dice, che non è possibile essere o dirsi razzisti perché l’intera umanità è una razza unica rispetto alle altre razze animali ma al suo interno vi sono diverse etnie.
Musica di vittoria per le mie orecchie scoprire che i cosiddetti “razzisti” sono ancor più scemi di quanto già credessi.
L’antropologia, che è una scienza in continua evoluzione, fino ad oggi, ha oggettivamente riconosciuto come verità, tra le altre, che la razza umana è una ma esistono diverse etnie (come appena detto) e che l’uomo possiede la capacità di adattarsi all’ambiente esterno in funzione di conservazione della specie.
Durante le prime imprese di colonizzazione dell’era moderna, i “civili” inglesi, francesi, portoghesi, olandesi, spagnoli eccetera inorridivano nello scoprire che esistevano “civiltà” diverse dalla loro e che costoro praticavano riti o si attenevano a usi talmente lontani dalla concezione occidentale di civiltà tanto da definirli barbari e considerarli poco più che animali selvaggi; fino ad oltre la seconda metà degli anni Settanta del Ventesimo secolo in Nuova Zelanda vivevano alcune tribù (poi sterminate) di indigeni che, tra le loro abitudini, avevano quella di andare a caccia di teste umane e addirittura, in alcuni casi, l’usanza di cibarsi del cervello del capo tribù morto nella speranza di ereditarne le capacità di comando e organizzazione; ancora oggi qualcuno inorridisce al solo pensiero che in alcune parti del mondo vi siano popoli che si cibano di cani, gatti, topi o insetti e quasi si deridono o si giudicano con atteggiamenti di superiorità quei popoli che ritengono incarnazione diabolica, il maiale per i musulmani, o divina, la vacca per gli induisti.
Bisogna sempre tenere presente che la prima necessità umana è la conservazione della specie, i bisogni fisiologici primari vengono tramutati per comodità in credenze religiose e ciò spiega le usanze di determinate popolazioni che trovandosi a vivere entro determinate condizioni adottano determinati comportamenti, il cannibalismo non è quindi una pratica da considerarsi barbara, nel caso suddetto, ma una necessità imposta dalla evidente mancanza di risorse proteiche migliori, e così i diversi casi succitati.
Il noto antropologo criminale Cesare Lombroso teorizzò che la cosiddetta “natura” violenta dei delinquenti fosse un portato genetico era cioè convinto che delinquenti si nasce e non si diventa.
Anche qui gli studi scientifici hanno smentito questa convinzione; gli uomini nascono tutti uguali ma nel corso della loro esistenza modificano le proprie abitudini e peculiarità in base agli influssi e alle informazioni che l’ambiente esterno trasmette, ciò gli permette di sopravvivere. Chi ruba o uccide, che in generale compie azioni che esulano dai canoni tradizionalmente riconosciuti del vivere “civile”, non lo fa perché è nato con quel tipo di “istinto”, ma perché agenti esterni ne hanno modificato i tratti caratteriali (la fame derivata dalla povertà, le guerre, l’invidia, la gelosia, eccetera eccetera).
Questa naturalmente non vuole essere una giustificazione ad uno o alcuni episodi di particolare efferatezza criminale e neanche deve essere considerato come un manifesto in difesa dei crimini, ma semplicemente una risposta critica alle inaccettabili “credenze” differenzialiste che non indagano i problemi con metodo dialettico.
L’ultimo punto concerne una considerazione personale. Si tratta del “political correct” ossia quella oscena usanza di definire le cose con un termine diverso da ciò che realmente sono per non urtare la sensibilità di alcuni, ciò nasce non con funzione protettiva dell’indifeso ma come “apartheid” del diverso, per esempio definire “portatore di handicap” un individuo sembra una maniera elegante e rispettosa di descrivere una persona con un difetto fisico ma in realtà equivale a relegare alla condizione di diverso un soggetto che diverso non è.
Fatte queste premesse arrivo al punto che mi crea fastidi.
E’ mia convinzione il fatto che non è una semplice questione di ignoranza il considerarsi o il cercare di diffondere il razzismo ma, superficialmente, questa convinzione, pare essere l’unica spiegazione che la maggior parte dei non razzisti danno al problema.
Il nostro tempo è pervaso dal paradigma culturale dell’espressione visiva e dell’ostentata apparenza pubblica, non a caso viene considerato più degno di rispettabilità che è ben vestito rispetto a chi lo è meno, senza però considerare se il primo è realmente rispettabile rispetto al secondo. Non so se è più corretto parlare di razzismo o di classismo, fatto stà che la maggior parte di noi, pubblicamente, si riempie la bocca con “anatemi” contro il razzismo e le discriminazioni ma nel privato o nell’intimo di una discussione odia e discrimina.
Esempi eclatanti se ne leggono spesso sui quotidiani dove su una pagina si legge di “intolleranti episodi di razzismo…” e su quella seguente si legge “…arrestato maghrebino…” (o romeno o albanese eccetera) e non “…arrestato criminale maghrebino…” (o romeno o albanese o canadese eccetera) quasi a sottintendere che determinate etnie siano storicamente, o addirittura antropologicamente, criminali, oppure usare il termine “extracomunitario” (ossia che non è abitante di uno Stato che fa parte della Comunità Europea) per descrivere un immigrato che proviene da uno Stato dell’est Europa o dell’Africa ma non dalla Svizzera o dall’America o dall’Australia ( lo svizzero è svizzero, il tunisino è extracomunitario) ; esempi meno eclatanti ma non meno viscidi sono quelli che, di tanto in tanto, alcuni elementi ci riservano in giro :”Sti romeni sono tutti zingari!”, per non parlare di :”I napoletani sono tutti mariuoli e fannulloni”, all’apparenza sciocchi luoghi comuni ma che in realtà, proprio perché proverbiali, tramandano odi secolari. Nella mia città, ad esempio, la maggior parte di quelli che dicono di preferire l’auto al mezzo pubblico oltre a sottolineare il disagio per i frequenti ritardi dovuti al traffico (chissà come mai…ma guarda un po’…) si lamentano che sono sempre affollati di extracomunitari e gentaglia mal vestita e maleodorante, paradossalmente erano più “civili” nell’America degli anni Quaranta dove si relegavano i “negri” in settori appartati ma almeno sullo stesso mezzo con i “bianchi”.
Insomma, il razzismo nel nostro “belpaese” sta raggiungendo livelli di inaccettabilità. Anzi mi correggo, non il razzismo ma il “classismo”.
Ma ciò che più mi disgusta è scoprire che alcuni miei simili considerano altri miei simili inferiori e addirittura dicono di preferire i propri animali domestici piuttosto che il muratore “romeno” o il “marocchino” che scarica frutta al mercato perché loro, gli animali, sono meno incivili.
Come è lontana la “civiltà”, da “questa” civiltà!

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