giovedì 14 ottobre 2010

Ordine

Oggi sono ossessionato dall'ordine.
Voglio vedere tutto a posto. Tutto in fila, tutto in colonna, ordinato insomma.
I libri, le sedie, penne, scarpe. E mentre scrivo mi sento infastidito dal disordine dei miei stessi pensieri.
Ma esiste un ordine uguale per tutti, e cos'è l'ordine?
Ognuno lo è, ordinato, a modo proprio. Del resto, quel che importa è stare a proprio agio.
Sono però convinto che ognuno, a suo modo, è infastidito dall'ordine altrui, perché ognuno vorrebbe che il suo ordine sia uguale per tutti.
Non può essere così.
E ci si sente infastiditi.

giovedì 7 ottobre 2010

The show sucks...go further, please!

Da diverso tempo sostengo la mia avversione per la post-modernità, tanto da definirla "braccio armato del nichilismo". Eppure non disdegno di affrontarla, e perché prima di criticare è bene conoscere l'oggetto della critica, e perché, paradossalmente, vi trovo elementi capaci da indurre in me una certa curiosità oltreché un certo interesse.
Ma a tutto deve essere posto un limite.
Pur storcendo il naso riguardo a determinate "eresie" di foggia nietzscheana, riconosco indubbiamente lo sforzo intellettuale del pensatore tedesco. Per esempio.
Al giorno d'oggi, purtroppo, scopriamo che uno dei più utilizzati veicoli di divulgazione culturale è un elettrodomestico parlante (insieme con un altro che offre anche la visione delle figure), ma il vero abominio è che le voci che lo popolano sono quelle di soggetti che stanno alla cultura come il pollo sta alla coltivazione della canna da zucchero nei paesi caraibici: "che c'azzecca?", direbbe un esimio Ministro dell'Incultura.
L'oggetto di quella che, in altri tempi e senza rischiare di passare per bigotti, mi sento di definire "la mia indignazione", è una coppia di bipedi apparentemente umani ("apparentemente", perché al confronto con un semi-analfabeta del XVIII Secolo, probabilmente sfigurerebbero) molto noti nell'ambiente più ambito dall'italiano medio (cre): Simona Ventura e Emanuele Filiberto di Savoia.
L'articolo che segue, firmato da Bruno Gambarotta e uscito su "La Stampa" del 4 ottobre, è una, nello stile tipico dell'autore, divertente cronaca di quello che (probabilmente) centinaia di migliaia di orecchi hanno potuto ascoltare dal canale 1 di Radio Rai, nel primo pomeriggio del sabato precedente ("Emanuele Filiberto, storico all'amatriciana").
Radio Rai trasmette in tutto il territorio nazionale e i personaggi in questione non sono comici per professione. Perciò il demerito di tale scempio è imputabile esclusivamente al direttore del canale, Antonio Preziosi, e ai suoi collaboratori.
Certo è che ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori, da un trentennio a questa parte, ma non è questa un'attenuante.
Certo è, anche, direbbe qualcuno, che si può sempre "cambiare canale".
Ma allora, perché indignarsi e disgustarsi nei confronti, per esempio, dei "reality show" e, in generale, di tutto quello che in qualche maniera, volenti o nolenti, tocca sorbirci da tivù e radio?
Tanto vale evitare di denunciare l'assenza di cultura di cui sono affette le nuove generazioni: che crescano pure pensando che Berlusconi è il Presidente della Repubblica o che la gestazione è un insieme di movimenti delle mani.
Tanto tutto è relativo, no?