martedì 31 marzo 2009

MA STAI A VEDERE CHE.....

Sull' "Avvenire" del 27 marzo l'editoriale, della sezione Cultura, a firma di Antonio Airò e intitolato "Via Rasella, la storia oltre le leggende", pone l'accento su questioni irrisolte e fa riflettere sulle visioni distorte che alcuni possono avere riguardo ai fatti storici.
Qui non si tratta di stare da una parte o dall'altra, ma piuttosto di riconoscere onestamente e oggettivamente la realtà dei fatti.
Tutti sanno cosa successe quel maledetto 24 marzo del 1944 alle Fosse Ardeatine, ma il motivo di quella feroce rappresaglia è messo in discussione dall'autore dell'articolo. Egli rivela gravi carenze mnemoniche, infatti non ricorda affatto che in quel periodo si stava combattendo una guerra e che l'Italia era sotto occupazione da parte dell'esercito nazista.
Stabilito questo risulterebbe superfluo sottolineare che definire "attentato" una leggittima azione di guerriglia operata da forze che combattevano per scacciare l'invasore. Ma il signor Airò non si ferma qui.
Quel che gli preme sottolineare è l'assenza di scuse che hanno seguito tutto ciò. Egli rivendica, ovviamente, la posizione (pilatesca!) che assunse la Chiesa all'epoca ovvero la condanna di entrambi gli episodi, ma lamenta la mancanza di risposta positiva all'invito a costituirsi degli autori dell' "attentato", invito fatto da "autorevoli" esponenti.
Insomma, nella mente (malata!) di alcuni personaggi abita l'idea che i gappisti che combattevano contro l'occupazione nazista dopo le azioni di guerra, avrebbero dovuto costituirsi (e farsi giustiziare, ovviamente)!
Questo tipo di posizione è gravissimo e non dovrebbe passare sotto silenzio!
Il giornalista in questione, mediante la voce della Conferenza Episcopale, non solo tenta di deleggittimare il movimento partigiano riducendolo a terrorismo, ma riconosce come lecita l'occupazione militare del suolo italiano da parte di un esercito nemico (nazista, in questo caso).
Indirettamente (fino a un certo punto, però!), questa si chiama apologia del nazismo.
Ci sarebbe da chiedersi in cosa si differenzia la Cei dai lefebvriani.

mercoledì 25 marzo 2009

LA MAMMA.....SENZA FIGLI

Faccio una piccola premessa per non incorrere in maledizioni, anatemi, insulti o aggressioni verbali e/o fisiche.
Amo le donne.
Spero che basti (aldilà della solita retorica e bla bla bla).
Tranne quando.....(rompono le balle, direbbe qualcuno).
Tranne quando smettono momentaneamente i panni di fidanzate, mogli, amiche e si trasformano in mamme del mondo!
Ora, anzitutto voglio specificare che sono convinto:
1. Che i panni sporchi si lavano in casa; 
2. Che è assolutamente disgustoso assistere a sgridate pubbliche (indipendentemente dal fatto che le faccia lei a lui o lui a lei).
Però, non so se è un caso o la consuetudine, ma la maggior parte delle volte si assiste ad una donna che "riprende" un uomo.
Si...si, lo so. Lo so che le donne sono premurose e devono preoccuparsi di tutti e che pepepe pepepe bla bla e bla bla bla.
Ma porca pupazza!
Non potreste evitare di:
1. Sistemare i colletti delle giacche in coda al cinema;
2. Strappare  fili; 
3. Invitare a fumare di meno usando il tono di una soprano;
4. Ricordare i pericoli derivanti dall'eccessivo consumo di carni rosse davanti al cameriere in un ristorante;
5. Richiamare l'attenzione sui disturbi causati dal consumo smodato d'alcol durante un aperitivo con gli amici;
6. Apostrofare con "gentili" epiteti ad ogni occasione (stronzo, pirla, imbecille, idiota, eccetera);
7. Illustrare particolari intimi al commesso/a del negozio di calzature;
8. Rimarcare la propria ragione a voce alta dopo una richiesta di informazioni ("Te l'avevo detto...cretino!");
9. Tentare di pulire con le dita inumidite da saliva eventuali macchie su indumenti o sul viso;
10. Gli innumerevoli altri episodi che milioni di maschi potrebbero raccontare.
Grazie.....ammmori!

lunedì 23 marzo 2009

EROI MODERNI

Inutile negarlo, è un genio!
Molti anno provato ad assumere il ruolo di nuovo "Eroe Moderno", ma nessuno à nemmeno sfiorato i suoi livelli.
E' gggiovane, è bello, è ganzo, è minghiaciro (e se sarebbe meno famoso fosse anche Ciro dell'isolato*).
Il suo motto è: se avrei una leva ti sollevassi il mondo.
La sua forza è la spontaneità, in un mondo dove tutto è costruito può senbrare incredibboli, ma lui è poprio kosì, è vero, genuino, è minghiacisti!

Ieri sera ò visto un pezzo dell'intervista da Fazio e subito dopo ho uscito di kasa e ho korso dall'edikola per conprare il poster e me l'ho attakkato sul muro sopra il letto a fianko a kuello di Goldreik. Minghia se mi hè piaciuto kuello che à detto!


Ankio sogno "operai e impiegati che vadino insieme in mensa", ankio ò senpre pensato che "l'energia è meglio di 100 euro in più al mese". 
Mi à spronato al punto ke oggi mi ho licenziato e ò deciso di investire la liquidazione nel progetto ke da hanni cerco di farlo: le infradito con i lacci.
O' se ciè là fatta lui con gli okkiali da sole da deficente...




Minghia Lap, che ciusto ke sei!
*Leggasi: ganzo del quartiere

domenica 22 marzo 2009

VERSO LA GENTILEZZA

Leggevo ieri un articolo su un vecchio numero di "Internazionale" dal titolo "Sulla gentilezza", il pezzo, scritto dallo psicologo gallese Adam Phillips e dalla storica britannica Barbara Taylor e uscito sul "Guardian", preannuncia il loro libro.
Il tentativo, già chiaro nel titolo, è quello di analizzare e scoprire i motivi che hanno permesso un'inversione di rotta nel comportamento umano.
Trovo interessante il tema, ma non condivido pienamente il metodo. Infatti gli autori tendono  ad equiparare la gentilezza, che io considero una particolarità intrinseca dell'Essere Umano, con la carità Cristiana compiendo, a mio parere, un errore grossolano ossia quello di considerare l'esistenza di Uomini cattivi naturalmente.
Insomma una vecchia storia.
La vecchia solfa di considerare la Storia un elemento fisso, non più mutabile e quindi, soprattutto, il rifiuto del "divenire".
L'Uomo non nasce "cattivo" e non nasce "buono", è la Storia che lo "trasforma" in "cannibale". Gli viene insegnato (e imposto) che l'unica via per la sopravvivenza è il "mors tua, vita mea" e gli si nasconde il fatto che la socialità è il motore della riproduzione e della continuità della specie. Senza di essa vi è solo l'estinzione.
Il concetto della selezione naturale (inaccettabile, per me, perchè determinerebbe l'esigenza di "ghettizzare" o addirittura eliminare chi, per vari motivi, non riesce a stare al passo dei cosiddetti "primi") non è più applicabile all'Uomo moderno!
Il capitalismo, in stretta collaborazione con il nichilismo e con il postmodernismo, ha stravolto il concetto di dominio dell'Uomo sulla natura e, anzichè ricercare un ipotetico elisir di lunga vita (per  esempio), ha perseguito l'ideale del profitto e dell'autodistruzione.
Sia chiaro che con questo non si vogliono (e non si devono!) accampare scuse del tipo "tutta colpa del capitalismo". Esso è una invenzione dell'Uomo e bisogna fare attenzione a non cadere nel tranello di considerarlo un'entità sovrannaturale, anche se si presenta in forma astratta.
Piuttosto l'operazione più logica da fare è prendere coscienza del fallimento di esso e approcciarsi a sistemi alternativi.

sabato 21 marzo 2009

LA RIVINCITA DEGLI ARROGANTI

L'ultima, infelice, uscita del ministro della Pubblica Amministrazione, onorevole Renato Brunetta, fa riflettere su un modello di comportamento che negli ultimi tempi spopola, la prepotenza arrogante.
Si badi che non ne è esclusa la maggior parte dei politici italiani di ogni colore, ma quello che stupisce è che alcuni sembrano più agguerriti di altri nel far valere le proprie ragioni. E in più, quel che spiazza è il fatto che detengano il potere ovvero non avrebbero questa necessità.
Esiste una vera e propria corrente con tanto di caposcuola.
Il "lìder maximo" può venir considerato il Presidente del Consiglio dei Ministri, onorevole Silvio Berlusconi, che appena può si lascia andare a esternazioni a dir poco fuori luogo (ricordo, per esempio, quella riguardo ai "voli della morte" eseguiti in Argentina durante il regime di Videla) salvo poi negare l'evidenza e tentare di farle passare per battute di spirito (spirito di patata, verrebbe da dire) o alcune dichiarazioni nei confronti di vari avversari politici degne di polemiche da osteria e non di un Capo di governo (per esempio, riguardo all'ex Presidente della Regione Sardegna descritto come un «incantatore di serpenti, ha fallito in tutto, come imprenditore, come politico e come governatore della Sardegna»). Nel suo caso, però, l'atteggiamento in questione potrebbe imputarsi alla consapevolezza del tempo che passa, egli sa di non essere immortale e vuole tentare il colpo finale.
Meno "grandi", ma altrettanto competitivi sono il già citato Brunetta e Daniele Capezzone.
Riguardo al primo, la giustificazione potrebbe essere la mancata vittoria del premio Nobel o la mancata assegnazione del dicastero dell'Economia; per il secondo, invece, il discorso è più semplice vista la capacità di "adattamento"(1993-2007 partito Radicale, 2006-2007 Rosa nel Pugno, 2007 Gruppo misto, 2008 Forza Italia-Partito delle Libertà), per la serie: non importa chi ci sia al governo, oramai sono qui e non mi schiodo.
Apparentemente scollegati tra loro, in realtà i tre hanno molti punti in comune: arrivano tutti da famiglie piccolo borghesi o bottegaie; hanno formazioni scolastiche simili (uno è laureato in Giurisprudenza e uno ne vanta l'iscrizione ma non la frequenza e la conclusione; due su tre sono diplomati al liceo classico); e, dulcis in fundo,  sono tutti simpatizzanti, chi più chi meno, per il partito Socialista (liberal version, naturalmente...). 
Ma da dove nasce l'arroganza e la prepotenza che li contraddistingue?
Sarebbe fin troppo facile appellarsi a presunte mancanze fisiche (altezza...calvizie...carenza di diottrie...bruttezza...), ma allora dov'è il problema? Sarà una questione legata all'infanzia e al rapporto non felice coi genitori? Oppure, ancora, deriva da angherie subite da compagni di scuola o da insegnanti? Oppure è legato ad eventuali problemi di natura sessuale?
Non lo so, so però che hanno bisogno di aiuto, anche medico. 

lunedì 16 marzo 2009

FURBERIE XENOFOBE

Quando è saltata fuori la norma che impone ai medici di denunciare i clandestini che richiedono assistenza sanitaria, quel che non ci si augurava è proprio quello che è capitato a Bari nei giorni scorsi: una donna nigeriana, clandestina e costretta alla prostituzione, è morta di tubercolosi.
Molto probabilmente se si fosse sottoposta ad esami clinici si sarebbe salvata.
In più, ora, il problema è un altro ossia il rischio di contagio a cui potrebbero incorrere coloro che hanno usufruito dei "servizi" della donna.
E non mi stupirei di scoprire che alcuni di questi simpatizzano per chi ha proposto e approvato la norma.

domenica 15 marzo 2009

"CONDOR", PASA?

Quasi tutti i pomeriggi, mentre lavoro, ascolto "Condor" su RadioDue, gli intrattenitori sono Luca Sofri e Matteo Bordone.
Tutto sommato mi piace: la musica è abbastanza buona e i due sono abbastanza simpatici, è un programma di intrattenimento e (ovviamente) non ci si deve aspettare niente di più. Ma c'è un però.
Spesso di occupano di aria fritta da passeggio ed il fatto che siano affiatati rende la cosa ascoltabile, ma quando parlano di cose un po' più serie si lasciano andare a commenti a dir poco irritanti.
Probabilmente sono convinti che il mondo dipenda dai peti orali del padrone americano e, molto probabilmente, non hanno torto, tuttavia credo che alle volte bisogna provare a guardare aldilà del muro e scoprire, magari, che esiste una realtà diversa. 
Ecco perchè mi provoca un lieve fastidio sentir parlare della Cina come di un paese praticamente popolato da semi-barbari assetati di sangue (soprattutto tibetano) o dell'India come la più grande democrazia del globo o della Russia come di uno Stato governato da individui faticosamente  "guariti" dal virus socialista.
Continuerò ad ascoltare il programma radiofonico che, come dicevo, tutto sommato mi piace, ma che squallore.....

In perfetto stile "Condorblog", ecco la playlist di oggi.
Buon ascolto:


lunedì 9 marzo 2009

ALTRI TEMPI.....

Come cambiano i tempi. 
Quand'ero bambino la più grande aspirazione era diventare astronauta oppure pompiere o poliziotto; l'altro giorno, una bimbetta di quattro anni, mi ha confessato che vorrebbe diventare famosa ma rimanere nell'ombra, la sua aspirazione è diventare scrittrice e andare al MaurizioCostanzoShow però istruendo una controfigura che si esponga al suo posto.
Come cambiano i tempi.
Sabato sera ero allo stadio e, inaspettatamente, dopo il gol della "Gobby's Band" i suoi tifosi non vedevano l'ora che l'arbitro fischiasse la fine e, prima dell'inizio, canticchiavano un motivetto che evocava "11 leoni" in campo.
Una volta non avrebbero battuto ciglio (abituati com'erano alla vittoria), l'altra sera quasi se la facevano addosso!

domenica 8 marzo 2009

AVVISO AI NAVIGANTI

Ho appena ricevuto da un'amica blogger l'avviso su una nuova minaccia per il pc, e lo rigiro all'orbe terracqueo.
Come spesso accade, arriva via mail.
Leggete: 
"Nei prossimi giorni devi stare attent@. Non aprire nessun messaggio con un allegato chiamato: Invito (indipendentemente da chi te lo invia). 
E' un virus che BRUCIA tutto l'hard disk del computer.
Questo virus verrà da una persona conosciuta che ti aveva nei contatti. 
NON accettare nè il contatto 'peteivan@hotmail.com' nè un video su Bush. 
IN REALTA' SI TRATTA DI UN HACKER, formatta il computer, ti cancella i contatti e ti toglie la password alla posta elettronica.
ATTENZIONE, se i tuoi contatti lo accettano, pure tu lo prenderai".
Perciò curiosi e disattenti, okkio alla posta (e alla penna!).

sabato 7 marzo 2009

DEVO RICORDARMI DI COMPRARE DUE TASSELLI DA 8....

«E all'improvviso sembra addirittura esser preso da una speciale malinconia, ispirata dal fardello del potere. E' il capo che avverte su di sè responsabilità immense: ma presto rialza lo sguardo, e a ciglio asciutto "vede" orizzonti e traguardi e campi di battaglia inesplorati.
Deve piacergli l'ordine, anche politicamente. Ma allora è spettacolare il modo in cui una mentalità arcaica si è proiettata nei cieli della tarda modernità. A farsi prendere la mano verrebbero in mente Clausewitz, Lenin, Mao, le avanguardie, i futurismi, i decisionismi. E' come se una destra conservatrice, attraverso di lui, fosse riuscita a gestire le categorie rivoluzionarie della sinistra più accesa, il nero che si tramuta nel rosso, la razionalità che si fonde nel romanticismo, l'autorità nell'eversione.»
Tutto questo popò di pensierone è apparso mercoledì 4 marzo sulle colonne de "La Repubblica" e l'autore è Edmondo Berselli.
A chi non ha ancora capito di cosa si parla voglio lasciare un attimo di suspance.
Il panorama intelletuale nostrano pare essersi ridotto a questo, all'analisi sociologica, filosofica, filologica, addirittura politica del nulla, dell'aria fritta, della fuffa più inutile!
Potrebbe sembrare il contrario, dato che me ne sto qui a criticare, ma il mio vuole essere un piccolo atto di denuncia e un avvertimento verso tutto quello che viene ingiustamente considerato degno di importanza.
E' mai possibile che il signor Berselli (e molti altri come lui, che è solo un esempio, si badi!) non trovi argomenti più importanti di cui occuparsi?
Ah, dimenticavo.....il titolo dell'articolo di cui sopra è: "Il leninismo di mr. Mourinho".

venerdì 6 marzo 2009

LA MIA OPINIONE (SUL RECENTE PUBBLICATO)

Ho deciso di pubblicare alcuni pezzi tratti da "Vita liquida" di Zygmunt Bauman perchè credo che egli sia riuscito ad analizzare la società che viviamo (o "abitiamo", data la sua nichilistica forma) con precisione; a tratti, quel che si legge può apparire quasi banale, scontato, ma, a mio parere, è proprio questo il carattere che lo rende ancora più spaventoso: sappiamo, conosciamo, ma, nichilisticamente, ci abbandoniamo nelle sue mani!
Credo che molti si pongano, quasi "istintivamente" (l'uso, non casuale, delle virgolette è dato dalla mia convinzione che l'Uomo moderno non sia più in grado di "usare" il suo antropologico istinto e usa perciò il riflesso interiore costruitogli dall'attuale società), la classica (e terribilmente fuorviante!) domanda: cosa ci posso fare?
Prima, una necessaria precisazione.
Per quale motivo ritengo la domanda "terribilmente fuorviante"? Perchè fa parte di un modo di vedere le cose che non solo non può far parte del patrimonio dell'Uomo moderno, ma, paradossalmente, lo retrocede di alcune migliaia di anni.
A mio modo di vedere, siamo un po' troppo presi dal "concreto" e scartiamo velocemente tutto quello che non riteniamo tale, ma per affrontare e risolvere le situazioni "concrete" in maniera definitiva è necessaria una profonda conoscenza della loro struttura. Nel particolare, come si può anche solo pensare di affrontare determinate questioni ideologiche (a loro volta, in molti casi, imprenscidibili da altrettante questioni filosofiche) riducendole a "operazioni meccaniche" di sostituzione o migliorìa di elementi?
Ovviamente, non si può, non basta, risulta insufficiente. 
Tuttavia si è delineato un moderno manifesto del nichilismo: il rifugio nel concreto.
Ma un movimento (quello umano) che va, per definizione, verso il progresso deve agire dialetticamente e la dialettica è nemica del nichilismo.
Si diceva, cosa ci possiamo fare?
Non possiedo alcuna pretesa di soluzione, tuttavia credo che un primo e fondamentale passo, possa essere il riconoscimento di quel che esiste realmente e di quel che invece viene propagandato come tale, e per farlo si devono indagare le questioni con metodo dialettico, appunto.
I momenti storici che hanno visto grandi avvenimenti di progresso per l'Uomo sono stati ricchi di "fondamenta" intellettuali, proprio quello che si deve tentare di ricostituire. La pratica, senza una sostanziosa teoria che prepari e sorregga nei momenti difficili, è inutile!
Non so se è già arrivato il tempo della "ricostruzione", ma è evidente che fondare sistemi umani su basi di conflitto tra uomini non può che portare alla distruzione totale, bisogna operare un taglio netto e per farlo è necessario anzitutto confutare e, conseguentemente, rifiutare tutte quelle teorie che lo sostengono a partire dall' «ultimo-omismo».
Oggi si parla di crisi economica e di (probabile) fallimento del liberalismo senza considerare che il sistema vigente si autoriproduce mediante correttivi più o meno drastici, ma il punto è proprio questo: l'umanità sarà destinata all'autodistruzione finchè continuerà a sostenere questo modello.
Le "riparazioni", per quanto efficaci possano essere sul momento, sono sempre temporanee e mai definitive, se si vuole una macchina senza falle si deve sostituire quella vecchia.
E' facile oggi parlare di crisi perchè non è la prima e non sarà l'ultima volta che questo sistema l'affronta e finora, tra alti e bassi, ne siamo sempre usciti.
Voglio fare un esempio. Immaginiamo il sotterraneo di un palazzo infestato da ratti: questi animali adottano un sistema praticamente infallibile per sopravvivere, gli esemplari anziani fungono da avanguardie permettendo così ai giovani di continuare a riprodursi e costringendo chi disinfesta ad inventarsi sempre nuovi metodi per combatterli. Il sistema economico capitalista funziona pressappoco allo stesso modo, esso riceve correttivi sempre più efficaci (apparentemente) determinando però crisi sempre più acute quando i correttivi non sono più validi.
Dicevo che oggi è facile parlare di crisi, ma oggi la crisi non ha ancora raggiunto livelli acuti, ci spaventa, ma non siamo ancora terrorizzati: da un lato vi sono i poveri del sud del mondo, coloro che non posseggono nient'altro che la propria vita e sono disposti a tutto per conservarla, dall'altro i poveri e i nuovi poveri del nord del mondo che, però, posseggono ancora qualcosa da proteggere oltre la propria vita e sono disposti (quasi) a tutto per non perderlo.
Il "nuovo" Uomo, l'Uomo-consumatore, sta esaurendo l'utilità per cui è stato costruito e tra pochi decenni non avrà più la possibilità di "consumare". Il futuro (nemmeno troppo remoto), andando avanti di questo passo, sarà costituito da una massa di esseri umani affamati e disposti a tutto.
Può sembrare, la mia, una visione apocalittica, ma non lasciamoci ingannare dalle sirene riformiste di questo putrido e decrepito sistema. Il fine ultimo dell'essere umano è la conservazione e la riproduzione della specie, non la sua distruzione. 

giovedì 5 marzo 2009

INVITO ALLA LETTURA E ALLA RIFLESSIONE, 3.

Terzo e ultimo tratto brano da "Vita liquida" di Zygmunt Bauman (prossimamente la mia opinione).

3. “L'infanzia che consuma”

«Amelia Hill, in un articolo il cui titolo dice già tutto (“Pensavate che i bambini vi rendessero felici? No: solo più poveri”), cita Emma Flack, una donna di trentun anni che lavora come manager presso un'azienda della City londinese: “Non pensavo proprio che un figlio fosse un tale salasso finanziario”. Emma e suo marito devono affrontare un compito insolito e tremendo: come “accettare questo nuovo stile di vita in cui dobbiamo fare attenzione a ogni centesimo che spendiamo”. Quest'obbligo improvviso di spaccare il centesimo, e la necessità di pensarci su due volte prima di concedersi qualche soddisfazione, costituiscono un'esperienza totalmente insolita per Emma e il suo partner. Essi ammettono di avvertire “un certo risentimento per lo stile di vita e il benessere materiale dei loro amici che, non avendo figli, hanno tempo e denaro per socializzare e viaggiare”. Per gli amici, che sono esseri razionali e acuti osservatori, questo risentimento ha l'effetto di un monito: non sorprende che Caroline Harding, 34 anni, che dirige un'azienda della City, si dichiari “fermamente decisa a fare determinate cose prima di avere dei figli, perchè, una volta che questi arrivano, la vita indipendente è bell'e finita”.
(.....)
Fare figli costa, e molto. Fare un figlio implica (almeno per la madre) una notevole perdita di reddito e, al tempo stesso, un notevole aumento della spesa familiare (a differenza del passato, infatti, un figlio è un puro e semplice consumatore e non fornirà alcun contributo al reddito familiare).
(.....)
Centinaia di migliaia di famiglie sono già condannate a una vita di povertà: altre centinaia di migliaia osservano tutto ciò e ne prendono atto.
Nella nostra società dominata dal mercato, ogni esigenza, desiderio o necessità reca attaccato un cartellino con l'indicazione del prezzo. Le cose non si possono avere se non acquistandole, e acquistarle implica che altri bisogni e desideri debbano attendere. I figli non fanno eccezione (del resto, ci si potrebbe chiedere, perchè dovrebbero?). Al contrario, il loro arrivo costringerebbe altre esigenze e desideri ad attendere, e nessuno può dire quanti e pre quanto tempo. Avere un figlio è come precipitarsi a giocare d'azzardo in una bisca, lasciando che il destino ci prenda in ostaggio o ipotecando il proprio futuro senza avere la minima idea del tempo che ci vorrà per riscattarlo. E' come firmare un assegno in bianco, o prendersi la responsabilità di fare cose che non si conoscono né sono prevedibili. Il prezzo totale non è fissato, gli impegni non sono stati precedentemente descritti, e se il prodotto non ci piace non c'è alcuna garanzia “soddisfatti o rimborsati”.
Nella nostra società di acquirenti e venditori questi ragionamenti suonano come una spiegazione credibile del timore di fare figli. Ma, ancora una volta, se questo è vero, siamo sicuri che la verità sia tutta qui? Ancora una volta vi sono ragioni per dubitarne. Se l'inquadratura si allarga, aumentano le ragioni per sospettare che sotto vi sia qualcos'altro.
Il dottor John Marsden, esperto nei comportamenti prodotti dalla dipendenza, commenta l'ultima scoperta della medicina, secondo cui quello che noi profani di cose scientifiche chiamiamo 'innamoramento' si riduce alla secrezione di ossitocina, una sostanza chimica che “ci fa godere del sesso”. “Il cervello”, spiega, “ha al proprio interno delle fabbriche di farmaci. L'attrazione fisica fa si che vengano rilasciati dei cocktail chimici in grado di attivare a loro volta la dopamina, che ci manda in estasi” quando stiamo insieme alla persona che amiamo. Il guaio è, però, che questo farmaco viene prodotto solo per un tempo limitato – come se la natura l'avesse destinato “a tenere le persone insieme per il tempo necessario a fare un sacco di sesso, avere un bambino e farlo crescere fino a livelli di sicurezza”. Dunque, quanto tempo dura la produzione di questa sostanza? “Circa due anni”... Questa – commenta il giornalista che riporta l'ultima scoperta scientifica e il parere dello specialista - “è stata più o meno la durata di tutte le mie relazioni serie”.
(.....)
In questi giorni è praticamente impossibile sfogliare le pagine patinate di una rivista senza trovarvi entusiastici riferimenti a un best seller sul “peccato capitale” della lussuria, il cui autore, Simon Blackburn, viene presentato da più parti come “filosofo di Cambridge”. Come osserva ad esempio Mark Honigsbaum, “riusciamo a comprendere sempre più chiaramente” quello che sulla scorta dell'alta autorità filosofica di Cambridge è stato definito “il desiderio che fa sì che il corpo si appassioni all'attività sessuale e ai suoi piaceri fini a sé stessi”. Ecco il punto: “fini a sé stessi”.
(.....)
In un contesto liquido che si muove rapidamente e in modo imprevedibile abbiamo bisogno, mai come prima d'ora, di legami d'amicizia e di fiducia reciproca che siano solidi e affidabili.
(.....)
D'altra parte, però, quegli stessi ambienti liquidi e rapidamente mutevoli privilegiano chi riesce a viaggiare leggero: se nuove circostanze dovessero richiedere rapidi spostamenti, e di ripartire da zero, impegni a lungo termine e legami difficili da sciogliere potrebbero rivelarsi uno scomodo fardello, una zavorra da gettare subito in mare. Non esiste, dunque, la scelta migliore. Non si possono avere la botte piena e la moglie ubriaca: ma questa è esattamente l'esigenza posta in modo pressante dall'ambiente in cui si cerca di dare un assetto alla propria vita. Qualsiasi scelta si faccia, i problemi si accumulano.
(.....)
E' in questo mondo che nascono e crescono i figli, e in questo mondo che essi dovranno farsi largo una volta cresciuti. I bambini osservano. E apprendono. Come ha sintetizzato Charles Schwarzbeck, “i nostri figli prendono profondamente a cuore ciò che vedono e ascoltano nella relazione con noi. Contrariamente a ciò che potremmo immaginare, essi non accendono e spengono l'interruttore di continuo. Sono sempre accanto a noi, interagendo o semplicemente assistendo al modo in cui conduciamo la nostra esistenza”. I bambini prendono a cuore ciò che facciamo noi adulti. Dopo tutto, siamo noi l'autorità. E rappresentiamo il mondo.
(.....)
L'infanzia, come afferma Kiku Adatto, si trasforma in un periodo di “preparazione alla vendita di sè”, poiché i bambini vengono addestrati a “vedere tutti i rapporti in termini di mercato” e a considerare gli altri esseri umani, compresi i propri amici e familiari, attraverso il prisma delle percezioni e valutazioni generate dal mercato.»

mercoledì 4 marzo 2009

INVITO ALLA LETTURA E ALLA RIFLESSIONE, 2.

2. “Il corpo che consuma

«Nella società dei consumatori la fitness sta al consumatore come la 'salute' stava al produttore nella società dei produttori. Essa certifica il fatto di “essere in”, l'appartenenza, l'inclusione, il diritto di residenza. La fitness, come la “salute”, fa riferimento alla condizione del corpo, di cui tuttavia le due nozioni evocano aspetti estremamente diversi.
L'ideale della fitness cerca di cogliere le funzioni del corpo innanzitutto, e soprattutto, come ricevitore/trasmettitore di sensazioni. Si riferisce alla sua capacità di assorbimento; al modo in cui il corpo si sintonizza con le delizie che sono, o che potrebbero essere, offerte: a piaceri noti, o anche ignoti, non ancora inventati, nemmeno immaginati, e inimmaginabili allo stato attuale, ma destinati prima o poi a essere escogitati. Come tale, la fitness non ha un limite massimo: essa è anzi definita proprio dall'assenza del limite, o più precisamente dall'inammissibilità del limite. Per quanto fit sia il tuo corpo, potresti renderlo ancora più 'fit'. Per quanto fit possa essere al momento,a tale condizione si mescola sempre, fastidiosamente, una parziale assenza di fitness, che affiora o si intuisce ogni volta che confronti ciò che hai già sperimentato ai piaceri suggeriti dal sentire e dal vedere le gioie altrui che finora non hai potuto provare e che puoi solo immaginare e sognare di vivere in te stesso. Nella ricerca della fitness, diversamente da quella della salute, non esiste un punto in cui si possa dire: ora che sono arrivato fin qui posso fermarmi, per tenermi stretto e godermi ciò che ho. Non esiste una 'norma' di fitness cui tendere fino al momento in cui la si raggiunge. La lotta per la fitness è una pulsione che si trasforma presto in un vizio. In quanto tale, essa non ha mai fine. Ogni dose dev'essere seguita da un'altra maggiore. Ogni obiettivo non è che un passo dall'interno di una lunga sequenza di passi, già fatti o da fare.
A rendere la situazione ancor più ingarbugliata, il problema non consiste solo nell'eccessiva voglia di fitness e/o nell'ignoranza di quale debba essere il 'livello adatto di fitness'. Se così fosse, con i dovuti sforzi sarebbe possibile domare e regolare qualsiasi voglia, acquisire qualsiasi elemento di conoscenza mancante. Se però l'idea di “fitness” si riferisce alle sensazioni del corpo (Erlebnisse, non Erfahrungen!), a conquiste provate e vissute soggettivamente, non è possibile rendersi conto se il corpo ha realmente raggiunto un livello di fitness soddisfacente, in quanto non esiste (né può esistere) uno standard 'oggettivo', stabilito dall'esterno e comunicabile sul piano interpersonale, per misurare quel livello. Lottare per la fitness significa scendere in guerra senza alcuna possibilità di combattere una battaglia decisiva e di ottenere una vittoria definitiva, seguita dall'armistizio, dalla smobilitazione e dai 'dividendi della pace'. Quando l'obiettivo non è stato fissato, evidentemente non c'è modo di sapere quanto se ne è ancora lontani e quanto tempo si dovrà ancora lottare per raggiungerlo. Tale incertezza è ineliminabile. Essa non scomparirà, a meno di voler gettare la spugna abbandonando ogni speranza di vittoria. Forse frequentare i 'fitness-dipendenti anonimi' è l'unica via di scampo...
Lottare per la fitness significa non aver mai pace – o, comunque, non poter mai avere la sensazione di poter riposare con la coscienza tranquilla e senza apprensioni, dato che l'ideale della fitness offre soltanto vaghe e incerte istruzioni pratiche sulle cose da fare e da evitare, e non si può mai avere la certezza che le istruzioni non cambino o non vengano revocate prima di averle potute eseguire completamente. Chi è dedito alla causa della fitness fisica è sempre in movimento. Deve cambiare sempre, e tenersi pronto a cambiare ancora. Lo slogan dei nostri tempi è la 'flessibilità': qualsiasi forma deve essere duttile, qualsiasi situazione temporanea, qualsiasi configurazione suscettibile di riconfigurazione. Ri-formarsi è un'ossesione e una dipendenza, un dovere e una necessità.
Per la società dei consumatori – e per il mercato dei consumi, suo fondamento e volano – si tratta di una circostanza fortunata, anzi, la sua garanzia di sopravvivenza.»

martedì 3 marzo 2009

INVITO ALLA LETTURA E ALLA RIFLESSIONE, 1

Credo che tra gli scopi fondamentali dell'Uomo vi sia quello di “scoprire”, “analizzare” e “riflettere” ciò che ci circonda e, dato che non siamo più Esseri Umani bensì “Consumatori”, ritengo interessante e ricca di spunti l'analisi della nostra moderna società operata da Zygmunt Bauman
La sua indagine ha come filo conduttore la “liquidità” e i tre brani che proporrò (adesso il primo, domani e dopodomani gli altri) sono tratti da “Vita liquida” (Laterza, 2008).

1. “Il consumatore nella società liquido-moderna
«La società dei consumi basa le proprie fortune sulla promessa di soddisfare i desideri umani in un modo impossibile e inimmaginabile per qualsiasi altra società precedente. La promessa di gratificazione è però allettante soltanto finchè il desiderio non è stato soddisfatto, o meglio finchè sussiste il sospetto che il desiderio non sia stato realmente o pienamente soddisfatto. Stabilire obiettivi più modesti, assicurare facile accesso a prodotti in grado di centrare tali obiettivi, convincersi che i desideri 'genuini' e 'realistici' abbiano dei limiti oggettivi, suonerebbe a morto per la società dei consumi e per l'industria e i mercati dei beni di consumo. E' la mancata soddisfazione dei desideri, la convinzione ferma e costante secondo cui ogni atto per soddisfarli lasci ancora molto da desiderare e da migliorare, a far volare l'economia che si rivolge ai consumatori.
La società dei consumi riesce a rendere permanente la non-soddisfazione. Uno dei modi per ottenere tale effetto è denigrare e svalutare i prodotti di consumo poco dopo averli lanciati, con la massima enfasi possibile, nell'universo dei desideri dei consumatori. Ma un altro sistema, ancor più efficace, agisce lontano dalla ribalta, e consiste nel soddisfare ogni necessità/desiderio/bisogno in modo tale da non poter fare altro che dar vita a nuove necessità/desideri/bisogni. Ciò che inizia come necessità deve concludersi come coazione o dipendenza. E accade proprio questo, poiché l'impulso a cercare nei negozi, e solamente lì, la soluzione ai problemi e il sollievo alla sofferenza e all'ansia è un aspetto del comportamento al quale non solamente si consente di consolidarsi in abitudine, ma che anzi si incoraggia fortemente in tal senso»